Fabio Fiorucci
18 Ottobre 2016

L'anatocismo bancario è tematica di perdurante attualità, soprattutto alla luce dei rilevanti interventi legislativi e mutamenti giurisprudenziali che hanno riguardato negli ultimi anni l'argomento, alimentando diffuse incertezze operative. Suscitano, infatti, profili di problematicità le diverse formulazioni dell'art. 120 TUB che si sono susseguite nel tempo, anche per l'assenza di una valida disciplina transitoria di raccordo tra un periodo e l'altro di vigenza delle discordanti e talora oscure disposizioni in materia.
Inquadramento

L'anatocismo bancario – ossia il maturare ed il calcolo degli interessi sugli interessi scaduti e non pagati - è tematica di perdurante attualità, soprattutto alla luce dei rilevanti interventi legislativi e mutamenti giurisprudenziali che hanno riguardato negli ultimi anni l'argomento, alimentando diffuse incertezze operative. Suscitano, infatti, profili di problematicità le diverse formulazioni dell'art. 120 TUB che si sono susseguite nel tempo, anche per l'assenza di una valida disciplina transitoria di raccordo tra un periodo e l'altro di vigenza delle discordanti e talora oscure disposizioni in materia.

Definizione di anatocismo

L'anatocismo è la capitalizzazione degli interessi, ossia la produzione di interessi su un capitale che a loro volta sono produttivi di altri interessi: gli interessi maturati su un capitale dato a prestito si sommano al capitale stesso, che conseguentemente si accresce costituendo la base di calcolo di nuovi interessi, con un rapido incremento della somma dovuta. La “giustificazione” dell'anatocismo è abitualmente ricondotta alla regola della fruttuosità del denaro: la mancata disponibilità, da parte del creditore, degli interessi scaduti è compensata dalla capitalizzazione, che replica la fruttuosità del capitale liquido ed esigibile.

Anatocismo: previsione codicistica (art. 1283 c.c.)

La pratica dell'anatocismo è fortemente limitata dall'art. 1283 c.c., che consente che gli interessi primari scaduti possano produrre nuovi interessi solo a determinate condizioni, ossia in presenza di usi contrari (normativi ex artt. 1 e 8 disp. prel. c.c.) o dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.

In evidenza: Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593


La mancata previsione della possibilità di porre in essere patti contrari (se non nei limiti dalla norma stessa indicati) trova la sua spiegazione nelle finalità che la norma di cui all'art. 1283 c.c. si prefigge. Come è stato ricordato da Cass. n. 2374 del '99: Le finalità della norma sono state identificate, da una parte, nella esigenza di prevenire il pericolo di fenomeni usurari, e dall'altra, nell'intento di consentire al debitore di rendersi conto del rischio dei maggiori costi che comporta il protrarsi dell'inadempimento (onere della domanda giudiziale) e, comunque, di calcolare, al momento di sottoscrivere l'apposita convenzione, l'esatto ammontare del suo debito. Richiedendo che l'apposita convenzione sia successiva alla scadenza degli interessi, il legislatore mira anche ad evitare che l'accettazione della clausola anatocistica possa essere utilizzata come condizione che il debitore deve necessariamente accettare per poter accedere al credito. (…) Pur rimanendo nei limiti del tasso soglia, le conseguenze economiche sono diverse a secondo che sulla somma capitale si applichino gli interessi semplici o quelli composti. È stato, infatti, osservato che, una somma di denaro concessa a mutuo al tasso annuo del cinque per cento si raddoppia in venti anni, mentre con la capitalizzazione degli interessi la stessa somma si raddoppia in circa quattordici anni.

La giurisprudenza di legittimità per lungo tempo ha ravvisato nella condotta delle banche, improntata al calcolo degli interessi sugli interessi scaduti, un uso di rango normativo, derogatorio ex lege alle disposizioni recate dall'art. 1283 c.c.

Con la “rivoluzionaria” sentenza della Corte di Cassazione 16 marzo 1999, n. 2374 (confermata da Cass. n. 3096/1999; Cass. n. 12507/1999; Cass., S.U. n. 21095/2004) è stato operato un drastico cambiamento di rotta, essendo stata affermata la natura negoziale e non normativa dell'uso posto a giustificazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi scaduti, non essendo ravvisabile, secondo la Suprema Corte, l'opinio iuris ac necessitatis nell'adesione degli utenti ai contratti bancari; ne è derivata l'inapplicabilità della clausola anatocistica, poiché contrastante con le previsioni dell'art. 1283 c.c., in quanto derivante da un uso non normativo, convenuto precedentemente alla scadenza degli interessi, comunque dovuti per un periodo inferiore a sei mesi.

La nullità della clausola anatocistica - rilevabile d'ufficio ex art. 1421 c.c. (Cass., S.U., n. 21095/2004, cit.; Cass. n. 19882/2005; Cass. n. 23974/2010; Cass. n. 23656/2011; Cass. n. 9169/2015) - non travolge l'intero contratto intercorso tra le parti, ma determina l'eliminazione dell'effetto anatocistico (interessi sugli interessi scaduti); le somme illegittimamente pagate possono essere recuperate attraverso la tradizionale azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., il cui termine di prescrizione è decennale.

È da escludere che il pagamento di interessi anatocistici sia irripetibile come riconducibile all'adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c. (Cass. 2262/1984; Cass., s.u., 21095/2011).

In evidenza: Trib. Chieti, 16 ottobre 2015

La capitalizzazione degli interessi è l'esito non già di spontaneo adempimento, bensì clausola contrattuale, nulla perché in deroga a norma imperativa di legge. Essa (la capitalizzazione) è il frutto del convincimento del carattere cogente del patto, non di consapevole spontanea acquiescenza all'invalidità.

Anatocismo bancario

Il fondamentale principio di diritto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione è, dunque, che la clausola di un contratto bancario, che preveda la capitalizzazione (trimestrale) degli interessi dovuti dal cliente, deve reputarsi nulla, in quanto basata su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c.) e non su un uso normativo(ex art. 1 ed 8, preleggi al c.c.), come esige l'art. 1283 c.c., laddove prevede che l'anatocismo (salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione successiva alla scadenza degli interessi) non possa ammettersi, “in mancanza di usi contrari”. L'inserimento della clausola nel contratto, in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi, predisposte dall'ABI, non esclude la suddetta nullità, poiché a tali norme deve riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali, non quello di usi normativi.

Il nuovo orientamento della Suprema Corte ha determinato l'intervento del legislatore che ha provveduto, con l'art. 25 D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342 (Modifiche al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385), a modificare parzialmente l'allora vigente art. 120 TUB, riformulandone l'intestazione (“Decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi”), e prevedendo l'inserimento, tra l'altro, di una nuova disposizione riguardante l'attribuzione al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) dei poteri di stabilire modalità e criteri di produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni bancarie.

La Delibera CICR 9 febbraio 2000

In attuazione della potestà normativa attribuitagli dall'art. 120 TUB (pregressa formulazione, vigente fino al 31 dicembre 2013), il CICR, con delibera del 9 febbraio 2000, denominata “Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria e finanziaria” (G.U. 22 febbraio 2000, n. 43), entrata in vigore il 22 aprile 2000, ha regolamentato il fenomeno dell'anatocismo, affermando, in primo luogo, che “nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito poste in essere dalle banche e dagli intermediari finanziari gli interessi possono produrre a loro volta interessi” (art. 1).

Nei successivi articoli sono state poi indicate le modalità della capitalizzazione, che devono risultare da apposite clausole contenute nei contratti relativi ai rapporti di conto corrente (art. 2), alle operazioni di finanziamento con piano di rimborso rateale (art. 3) nonché alle operazioni di raccolta (art. 4). La deliberazione del CICR precisa, altresì, che deve essere garantita una circostanziata informativa delle pattuizioni concernenti l'anatocismo, che devono costituire oggetto di una specifica approvazione scritta (art. 6), dettando altresì disposizioni transitorie per i contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera stessa (art. 7).

Secondo la versione dell'art. 120, comma 2, TUB, vigente fino al 31 dicembre 2013, la "produzione degli interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria" è dunque ammessa nei casi e secondo le modalità disciplinate dalla Delibera CICR del 9 febbraio 2000 e purché sia prevista la stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi derivanti sia dalle operazioni a debito, sia da quelle a credito. Prevede, infatti, l'art. 2 della Delibera CICR in esame, che "1. Nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base di tassi e con periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità. 2. Nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori. 3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica".

Il successivo art. 3, nel disciplinare il computo degli interessi sugli interessi scaduti nei finanziamenti con piano di rimborso rateale, stabilisce che, in caso di inadempimento del debitore, dalla scadenza di ciascuna rata sino al momento del pagamento sull'importo complessivamente dovuto sono dovuti, se contrattualmente pattuito, interessi moratori, su cui non è consentita la capitalizzazione periodica; qualora il mancato pagamento determini la risoluzione per inadempimento del contratto di finanziamento, sulla somma complessivamente dovuta al momento della risoluzione sono dovuti, se contrattualmente stabilito e con espresso divieto di capitalizzazione periodica, interessi moratori dalla data di risoluzione.

A fronte di un generalizzato ricorso, da parte del sistema bancario, alla Gazzetta Ufficiale per l'adeguamento dei contratti in essere alla data di entrata in vigore (22 aprile 2000) della Delibera CICR 9 febbraio 2000 alle nuove condizioni contrattuali (anatocistiche), la giurisprudenza di gran lunga prevalente - ritenendo opportunamente che la introduzione di una clausola anatocistica comportasse un peggioramento delle condizioni contrattuali - ha ritenuto che per i rapporti iniziati prima dell'entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 sia richiesta una specifica pattuizione delle nuove modalità di capitalizzazione, non essendo sufficienti, al riguardo, la comunicazione delle stesse e la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La Delibera CICR, infatti, esclude (art. 7) la necessità di una specifica pattuizione solo per il caso di modifiche migliorative rispetto a quelle previste dalla clausola nulla (Trib. Venezia 22 gennaio 2007; Trib. Torino 5 ottobre 2007; Trib. Padova 27 aprile 2008; Trib. Mondovì 17 febbraio 2009; Trib. Treviso 10 giugno 2013; Trib. Torino 20 giugno 2014 e 11 marzo 2015; Trib. Piacenza 27 ottobre 2014; Trib. Mantova 3 maggio 2014; Trib. Alessandria 21 febbraio 2015; Trib. Torino 2 luglio 2015; Trib. Ascoli Piceno 11 agosto 2015; App. Ascoli 31 marzo 2016).

In evidenza: Trib. Treviso 10 giugno 2013

Una clausola nulla per violazione di legge (quella che prevede la capitalizzazione degli interessi), non può essere sanata unilateralmente, ma, con la entrata in vigore della Delibera CICR 9 febbraio 2000, necessita di una nuova pattuizione (che spesso non è avvenuta, Trib. Treviso 10 giugno 2013)

La legge di stabilità 2014 modifica l'art. 120 TUB

Con la legge di stabilità per il 2014 (L. n. 147/2013), è stato riformulato l'art. 120, comma 2, TUB, in vigore dal 1° gennaio 2014, attribuendo al CICR il compito di stabilire modalità e criteri “per la produzione di interessi” nelle operazioni bancarie, “prevedendo in ogni caso che”:

a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;

b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori, che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.

Nell'agosto 2015 la proposta della Banca d'Italia al CICR per l'attuazione dell'art. 120, comma 2, TUB veniva sottoposta a consultazione: tale proposta (mai perfezionata) confermava la regola del divieto di produzione di interessi anatocistici e introduceva, tra l'altro, la contabilizzazione separata degli interessi rispetto al capitale.

Secondo la prevalente giurisprudenza di merito (App. Genova 17 marzo 2014; Trib. Milano, 25 marzo 2015 e 3 aprile 2015; Trib. Cuneo 29 giugno 2015 e 10 agosto 2015; Trib. Biella 7 luglio 2015; Trib. Milano 1 luglio 2015, 29 luglio 2015, 8 agosto 2015 e 1 ottobre 2015; Trib. Roma 20 ottobre 2015; Trib. Campobasso 3 gennaio 2015; Trib. Pavia 21 aprile 2016) la formulazione dell'art. 120 TUB è immediatamente operativa (a far data dal 1° gennaio 2014); si è, infatti, rilevato che la stessa ha un contenuto precettivo già chiaramente definito, che non necessita di essere ulteriormente specificato dalla mai emanata delibera attuativa del CICR, la quale avrebbe comunque dovuto necessariamente collocarsi all'interno degli invalicabili confini delineati dalla norma primaria, limitandosi a prevedere specifiche tecniche bancarie contabili; a favore di tale condivisibile lettura si pone anche la circostanza che il comma 749 dell'art. 1 della Legge di stabilità 2014 ha stabilito l'entrata in vigore di tutte le disposizioni, compresa dunque la sostituzione del comma 2 dell'art. 120 TUB, a far data dal 1° gennaio 2014. È dunque cessata, a seguito della abrogazione della pregressa formulazione del comma 2 dell'art. 120 TUB (cfr. art. 15 delle preleggi), la possibilità per il CICR di stabilire per il futuro modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni bancarie (eventualità testualmente esclusa dal novellato secondo comma dell'art. 120 TUB).

In altri termini, venuta meno la fonte primaria/norma delegante, che legittimava in via di specialità l'anatocismo bancario in deroga al generale divieto di cui all'art. 1283 c.c., riprende immediato vigore, sia pure con efficacia ex nunc riguardo ai rapporti in corso (ossia non estinti/esauriti al 1° gennaio 2014), la disciplina imperativa dettata dalla norma generale, che sostanzialmente vieta l'anatocismo.

In evidenza: Trib. Milano, 3 aprile 2015

Una volta riconosciuto come l'articolo in esame vieti in toto l'anatocismo bancario, nessuna specificazione tecnica di carattere secondario potrebbe limitare la portata o disciplinare diversamente la decorrenza del divieto, pena diversamente opinando ammettere che una norma primaria possa in tutto o in parte o anche solo temporaneamente essere derogata da una disposizione secondaria ad essa subordinata (Trib. Milano 3 aprile 2015).

L'intento di abolire l'anatocismo bancario, recato dall'art. 120, comma 2, TUB (versione in vigore dal 1 gennaio 2014 al 14 aprile 2016) parrebbe dunque confermato dai lavori preparatori della proposta di legge, dalla soppressione dell'espressione «produzione di interessi sugli interessi maturati», dalla nuova previsione per cui «gli interessi ulteriori ... sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale», dalla circostanza che i regolamenti non possono eludere le disposizioni di legge nonché da un'impropria utilizzazione dell'espressione “capitalizzazione” quale sinonimo di conteggio.

Art. 120 TUB: versione vigente

Nei primi mesi del 2016 il legislatore è nuovamente intervenuto sulla disciplina degli interessi nelle operazioni bancarie: il testo dell'art. 120, comma 2, TUB (in vigore dal 15 aprile 2016) è stato riformulato con il D.L. n. 18/2016, convertito con modificazioni dalla L. n. 49/2016 (art. 17-bis). Resta invariata la parte della norma che assegna al CICR il compito di fissare “modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria”; vengono riformulate, invece, le previsioni che regolano la produzione di interessi nelle operazioni bancarie.

In data 3 agosto 2016 il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) ha approvato una delibera (G.U. 10 settembre 2016, n. 212) che detta le disposizioni applicative dell'attuale comma 2 dell'art. 120 TUB, in sostituzione della precedente Delibera CICR 9 febbraio 2000. È previsto che la Delibera CICR 3 agosto 2016 si applichi, al più tardi, agli interessi maturati a partire dal 1° ottobre 2016.

La nuova Delibera CICR 3 agosto 2016 dà attuazione solo all'ultima versione del secondo comma dell'art. 120 TUB (vigente dal 15 aprile 2016), tralasciando le disposizioni di dettaglio della pregressa formulazione del secondo comma dell'art. 120 TUB (periodo 1 gennaio 2014 – 14 aprile 2016), che verosimilmente non saranno mai emanate, con intuibili deleterie conseguenze in termini di incremento del contenzioso bancario.

Gli aspetti salienti dell'attuale regime degli interessi nelle operazioni bancarie (art. 120 TUB) sono sintetizzabili come segue:

  • la norma disciplina indistintamente modalità e criteri di produzione di tutti gli interessi in relazione a tutte le operazioni di esercizio del credito;
  • il conteggio (al 31 dicembre o al termine del rapporto) degli interessi debitori e creditori è annuale (sono dunque vietate capitalizzazioni infrannuali degli interessi);

In evidenza: il conteggio degli interessi

La liquidazione degli interessi al 31 dicembre di ogni anno e il divieto di contabilizzazione infrannuale, che costituisce una delle maggiori novità della riforma del 2016, comporta tra l'altro che il tasso annuale nominale (TAN) e tasso annuale effettivo (TAE) restino espressi in un unico valore (Tribunale di Pescara, 23 agosto 2018).

  • per quanto riguarda, in particolare, gli interessi debitori, è stabilita la regola generale che “gli interessi debitori maturati (...) non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora”;
  • relativamente alle aperture di credito in conto corrente (ed in conto di pagamento) ed agli sconfinamenti extra fido o in assenza di fido, è prevista la esigibilità degli interessi (conteggiati al 31 dicembre) il 1° marzo dell'anno successivo a quello di maturazione (sono invece immediatamente esigibili gli interessi dovuti in caso di chiusura del rapporto). Previa autorizzazione, anche preventiva (che dovrà essere scritta e che verosimilmente la prassi bancaria prevederà come unica per tutta la durata del rapporto), gli interessi debitori maturati (al 31 dicembre) e divenuti esigibili e pagabili (il 1° marzo dell'anno successivo) possono essere ‘pagati', assimilandosi al capitale, mediante addebito sul conto (che, se incapiente, implica la produzione di interessi sulle somme addebitate in conto). Da rimarcare, per gli effetti concreti che ciò comporta, che è previsto che “la somma addebitata è considerata sorte capitale”, escludendosi “formalmente” qualunque effetto anatocistico delle somme immesse sul conto se incapiente (l'importo originariamente dovuto a titolo di interessi perde dunque ex lege la sua natura di frutto civile del capitale). È altresì stabilito che l'autorizzazione all'addebito in conto sia revocabile dal cliente (prima dell'addebito sul conto): l'esercizio del diritto di revoca naturalmente non legittima la risoluzione o il recesso dal rapporto da parte della banca.

Nel nuovo quadro normativo, il regime (introdotto dal novellato comma 2 dell'art. 120 TUB) relativo agli interessi conteggiati al 31 dicembre e da pagare il successivo 1° marzo, prospetta dunque tre possibilità: a) autorizzazione, anche preventiva, all'addebito in conto degli interessi esigibili (gli interessi addebitati in conto corrente andranno a far parte della quota capitale sulla quale saranno conteggiati nel periodo successivo gli interessi debitori contrattualmente pattuiti); b) pagamento il 1° marzo degli interessi esigibili (stante la inesigibilità degli interessi fino al 1° marzo e il generale divieto di anatocismo, la somma dovuta a titolo di interessi è infruttifera fino a tale data); c) mancata autorizzazione all'addebito in conto e mancato pagamento il 1° marzo degli interessi esigibili: gli interessi saranno registrati su apposito conto accessorio dove potranno essere compensati - in pari data o successiva - con saldi creditori/bonifici.

La Delibera CICR 3 agosto 2016 n. 343

Come già ricordato, il 3 agosto 2016 il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) ha emanato una delibera (G.U. 10 settembre 2016, n. 212) che detta le disposizioni applicative del comma 2 dell'art. 120 TUB, in sostituzione della precedente Delibera CICR 9 febbraio 2000.

Nel dare attuazione al novellato art. 120, comma 2, TUB, la delibera stabilisce, tra l'altro, che:

  • l'imputazione dei pagamenti è regolata in conformità dell'art. 1194 c.c.;
  • agli interessi moratori si applicano le disposizioni del codice civile (significativi riflessi operativi avrà, al riguardo, l'art. 1283 c.c.);
  • in relazione alle aperture di credito regolate in conto corrente e conto di pagamento e agli sconfinamenti: gli interessi debitori maturati sono contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale; al cliente deve essere assicurato un periodo di trenta giorni dal ricevimento delle comunicazioni previste ai sensi dell'artt. 119 o 126-quater, comma 1, lettera b), TUB prima che gli interessi maturati divengano esigibili; il contratto può stabilire che, dal momento in cui gli interessi sono esigibili, i fondi accreditati sul conto dell'intermediario e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento siano impiegati per estinguere il debito da interessi (la banca può dunque compensare il debito da interessi, divenuto esigibile, con altra somma disponibile da accreditare sul c/c del cliente);
  • i contratti in corso sono adeguati con l'introduzione di clausole conformi all'art. 120, comma 2, TUB e alla Delibera, ai sensi degli artt. 118 e 126-sexies TUB. L'adeguamento costituisce giustificato motivo ai sensi dell'art. 118 TUB;
  • la Delibera si applica, al più tardi, agli interessi maturati a partire dal 1° ottobre 2016 (esigibili il 1° marzo 2017).
Le conseguenze della nullità della clausola anatocistica

La nullità della clausola anatocistica - rilevabile d'ufficio ex art. 1421 c.c., rientrando nei compiti del giudice l'indagine in ordine alla sussistenza delle condizioni dell'azione (Cass. n. 23656/2011; Cass. n. 9169/2015; Cass. n. 23278/2017; Cass. n. 16188/2017 e Cass. n. 17150/2017) - non determina la nullità dell'intero contratto di finanziamento, ma soltanto l'eliminazione dell'effetto anatocistico: nessuna capitalizzazione (Cass., Sez. Un., n. 24418/2010;Cass. n. 24153/2017; Cass. 20312/2018, Cass. n. 21875/2018). Le somme anatocistiche illegittimamente addebitate dalla banca potranno essere recuperate attraverso la tradizionale azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., il cui termine di prescrizione è decennale.

La questione dell'anatocismo nei mutui bancari

Nei mutui bancari, il problema dell'anatocismo riguarda gli interessi moratori, cioè gli interessi previsti nel caso di ritardo nel pagamento di ciascuna rata. Poiché ogni rata è composta da una quota capitale e da una quota interessi, è inevitabile che una parte degli interessi di mora, quella calcolata sulla quota interessi (corrispettivi), generi anatocismo. Tanto premesso, configura un meccanismo anatocistico, vietato dall'art. 1283 c.c., con conseguente nullità della relativa pattuizione contrattuale per contrasto con una norma di legge imperativa, la condotta delle banche di conteggiare gli interessi di mora a carico del mutuatario sulla intera rata rimasta insoluta.

Il computo degli interessi di mora sugli interessi corrispettivi scaduti e non pagati che compongono la rata di mutuo è legittimo solo in presenza di esplicite previsioni normative:

a) in materia di credito fondiario (art. 14 d.P.R. n. 7/1976; art. 16 l. n. 175/1991 che, all'art. 27, ha abrogato il d.P.R. n. 7/1976; la l. n. 175/1991 è stata poi anch'essa abrogata dall'art. 161, comma 1, Testo unico bancario con riguardo ai contratti di mutuo stipulati dal 1 gennaio 1994);

b) nel periodo di vigenza dell'art. 3 della Delibera CICR 9 febbraio 2000: "In caso di inadempimento del debitore l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento";

c) attualmente, la formulazione dell'art. 120 TUB stabilisce che: "gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora"; la Delibera CICR 3 agosto 2016 ha ricondotto gli interessi di mora nell'alveo delle previsioni codicistiche, prevedendo che: "Agli interessi moratori si applicano disposizione del c.c.".

Secondo la giurisprudenza pressoché totalitaria, il piano di ammortamento calcolato con il metodo c.d. 'alla francese' utilizza una formula che non ha alcun effetto anatocistico nella determinazione della quota di interessi (della rata del mutuo), calcolata sul solo capitale residuo; deve escludersi che nell'ammortamento con rata costante e rimborso graduale del capitale vi possa essere l'applicazione di interessi anatocistici, in quanto tale fenomeno può sussistere e si avrebbe "interesse composto" soltanto se gli interessi maturati sul debito in un dato periodo si aggiungessero al capitale (ai rapporti tra anatocismo e ammortamento francese sono dedicati alcuni studi di matematica finanziaria, che ravvisano un fenomeno anatocistico nel calcolo della quota di interessi della rata del mutuo).

In evidenza: determinazione della quota interessi

"Se è pur vero che per la determinazione della rata periodica nell'ammortamento con metodo alla francese viene utilizzata la formula di capitalizzazione composta, ciò non ha alcun effetto nella determinazione della quota interessi, calcolata sul debito residuo, quindi sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata" (Trib. Napoli Nord, 26 aprile 2018).

Riferimenti

Normativi

  • Artt. 1194, 1283, 1340, 1421, 2033, 2034 c.c.
  • Artt. 118, 119, 120, 126-quater, 126-sexies TUB
  • Art. 25 D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342
  • L. n. 147/2013
  • L. n. 49/2016

Giurisprudenza

  • Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593
  • Cass., S.U. n. 21095/2004
  • Cass. n. 19882/2005
  • Cass. n. 23974/2010
  • Cass., s.u., 21095/2011
  • Cass. n. 23656/2011
  • Cass. n. 9169/2015
  • Trib. Milano 25 marzo 2015
  • Trib. Milano, 3 aprile 2015
  • Trib. Treviso 10 giugno 2013
  • Trib. Chieti, 16 ottobre 2015

Prassi

  • Delibera CICR 9 febbraio 2000
  • Delibera CICR 3 agosto 2016

Sommario