Spese legali stragiudiziali: quando sono dovute?

Redazione Scientifica
01 Marzo 2016

È sempre irrisarcibile la spesa per compensi all'avvocato quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivanti erano modestissimi, e l'assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato.

Assistenza legale e spese in fase stragiudiziale. Un uomo conveniva in giudizio la compagnia assicurativa per ottenere il rimborso delle spese corrisposte al proprio legale per l'assistenza prestata nella procedura di risarcimento diretto relativa ad un sinistro. Nel dettaglio la procedura si era conclusa con l'accettazione della somma offerta dall'assicuratore a tacitazione dei danni riportati dall'auto dell'attore.

L'assicurazione sosteneva invece di non essere tenuta al ristoro delle spese legali dal momento che il sinistro era stato definito in fase stragiudiziale.

Nessun rimborso. Il Giudice di Pace qualificava la domanda come azione di regresso ai sensi dell'art. 68 L. professionale forense e pertanto la rigettava non essendoci stata alcuna transazione.

Il Tribunale, in sede di gravame, rigettava la pretesa dell'appellante ritenendo che «al sinistro» dovesse «applicarsi la disciplina dell'art. 149 D.Lgs. n. 209/2005 sulla procedura di risarcimento diretto e che, a norma dell'art. 9 reg. emanato con D.P.R. n. 254/2006, non sono indennizzabili (con la sola eccezione delle perizie relative a danni alla persona) le spese sostenute dal danneggiato per l'ausilio di professionisti nella fase stragiudiziale, qualora sia stata accettata l'offerta dell'assicuratore».

L'uomo ricorreva allora in Cassazione, deducendo :

  • violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2056 c.c., dal momento che anche le spese relative all'assistenza legale nella fase stragiudiziale della gestione del sinistro costituiscono danno consequenziale al sinistro.
  • violazione e falsa applicazione degli artt. 148, comma 11 e 122 D. Lgs. n. 209/2005, dell'art. 4 disp. sulla legge in generale e dell'art. 134 Cost.

I presupposti del rimborso. La Suprema Corte ha di recente affermato che «in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, l'art. 9, comma 2, del d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, emanato in attuazione dell'art. 150, comma 1, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il quale, per l'ipotesi di accettazione della somma offerta dall'impresa di assicurazione, esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quello medico-legali per i danni alla persona, si interpretano nel senso che sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenuta dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa del proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l'art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell'erogazione di spese legali effettivamente necessarie» (Cass., n. 11154/2015).

Per contro «sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi all'avvocato quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivanti erano modestissimi, e l'assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato» e dunque «il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di causalità, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità».

Alla luce di questi principi, la Cassazione ritiene che il giudice d'appello aveva errato nell'affermare che la disposizione di cui all'art. 9 d.p.r. n. 254/2006 escluderebbe in ogni caso la ripetibilità delle spese di assistenza legale sostenute nella fase stragiudiziale per aver volontariamente scelto di farsi assistere da un avvocato.

Sulla base di tali argomenti la Cassazione ha accolto ricorso e cassato con rinvio al giudice del merito.

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