Non tutte le spese veterinarie sono risarcibili quando l’animale d’affezione è vittima di reato

Redazione Scientifica
02 Luglio 2014

Il tetto massimo del danno patrimoniale risarcibile per le spese veterinarie, necessarie e congrue, sostenute al fine di curare e conservare il rapporto affettivo con l'animale, viene riconosciuto nell'equivalente monetario del danno non patrimoniale da perdita dell'animale d'affezione.

Il tetto massimo del danno patrimoniale risarcibile per le spese veterinarie, necessarie e congrue, sostenute al fine di curare e conservare il rapporto affettivo con l'animale, viene riconosciuto nell'equivalente monetario del danno non patrimoniale da perdita dell'animale d'affezione.

Trib. Milano, 1 luglio 2014, n. 8698

I fatti. Le signore MM e VC convengono in giudizio il sig. SB per il ferimento di due gattine e la successiva morte di una delle due, chiedendo il risarcimento patrimoniale e non patrimoniale di tutti i danni subiti (pari a circa complessivi Euro 15.000,00).

Risarcimento del danno non patrimoniale e patrimoniale. In merito alla prima richiesta risarcitoria, questa viene pacificamente riconosciuta in considerazione della certa rilevanza penale della condotta del convenuto (così come stabilito dalla Cassazione con le sentenze di San Martino, Cass. S.U., n. 26972/2008). In merito alla seconda richiesta risarcitoria, a fronte delle prestazioni veterinarie necessarie per le cure dei gattini e ai costi, agli interessi ed agli esborsi sostenuti dalle parti attici (per circa complessivi Euro 11.000,00), il convenuto eccepisce l'eccessività di dette spese.

Il tetto massimo del danno patrimoniale risarcibile. Nel caso di specie, per l'individuazione del limite massimo del danno patrimoniale risarcibile, il "valore antesinistro" non può essere considerato un parametro di riferimento in quanto l'animale di affezione non è parificato a qualsiasi res o bene della vita; non può quindi costituire un limite al risarcimento di spese veterinarie il valore dell'animale, atteso che quest'ultimo (nella fattispecie concreta e come generalmente accade ) è pressoché privo di valore economico.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cass., n.12439/1991 e, da ultimo, Cass., n. 26639/2013) il limite al risarcimento del danno patrimoniale non si ravvisa solo nei danni che costituiscono "conseguenza immediata e diretta” del fatto (art. 1223 c.c.) ma anche nei danni che potevano essere evitati dal creditore "usando l'ordinaria diligenza" (ex art. 1227 cpv. c.c.).

Nell'ipotesi di danno alla persona, si escludono quindi agevolmente dalla risarcibilità quei danni che siano stati cagionati da una condotta non diligente del danneggiato, così come ad esempio si escludono le spese di cura prestate da una costosissima clinica privata perché anche esse evitabili con l'uso "dell'ordinaria diligenza". È invece indubbia la risarcibilità di tutte le altre spese ritenute necessarie e congrue per la tutela del bene salute (ex art. 32 Cost.).

Per le spese veterinarie, invece, il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Damiano Spera - ravvisando nelle cure prestate dal proprietario la finalità di conservare e “ripristinare" il rapporto affettivo con l'animale - fissa il limite del danno patrimoniale risarcibile negli esborsi per cure pari all'equivalente monetario del danno non patrimoniale da perdita dell'animale d'affezione.

Pertanto il suddetto tribunale individua la massima risarcibilità del danno patrimoniale in una somma pari a

euro 2.000,00 per ciascuna attrice essendo stata tale somma liquidata a titolo di danno non patrimoniale.

In definitiva, a ciascuna attrice vengono liquidate le somme di Euro 2.000,00 a titolo di danno non patrimoniale e di Euro 2.000,00 a titolo di danno patrimoniale.

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