Incongruità valutativa medico-legale tra percentuale di IP biologica accertata e automatismo liquidativo della sofferenza media IP correlata

04 Febbraio 2016

Con l'avvento del danno non patrimoniale come sancito dalle Sentenze di Cassazione delle Sezioni Unite del 2008 e sostanzialmente confermato dalla recente Sentenza Corte cost. n. 235/2014, si è venuta ad affermare la necessità di ricomprendere in un'unica voce tutte le componenti del danno alla persona di interesse non patrimoniale, nel rispetto dei principi di unitarietà e di integralità dello stesso.
Il "nuovo" concetto di danno biologico

Con l'avvento del danno non patrimoniale come sancito dalle Sentenze di Cassazione delle Sezioni Unite del 2008 e sostanzialmente confermato dalla recente Sentenza Corte cost. n. 235/2014 (v. in Ri.Da.Re. M. Rodolfi, Legittimità costituzionale dell'art. 139 del Codice delle Assicurazioni, D. Spera, Riverberi sulla tabella milanese della pronuncia costituzionale sull'art. 139 Cod. Ass., A. Barletta, Micropermanenti e delimitazione del risarcimento dopo la pronuncia della Consulta n. 235/2014: regime transitorio e non solo, M. Bona, Corte costituzionale n. 235/2014: cestinatela!, M. Hazan, La Consulta e il danno alla persona nella r.c. auto: cosi è e così pare), si è venuta ad affermare la necessità di ricomprendere in un'unica voce tutte le componenti del danno alla persona di interesse non patrimoniale, nel rispetto dei principi di unitarietà e di integralità dello stesso.

La Giurisprudenza ha autonomamente affrontato ed approfondito numerosi aspetti di tale nuovo concetto di danno unitario alla persona, connessi a varie ipotesi di lesione di diritti costituzionalmente tutelati (che in gran parte esulano dalle specifiche competenze tecniche medico legali), affrontando, tuttavia – in tema di lesioni del diritto alla salute - interpretazioni giuridiche su componenti del danno che, negli ultimi anni, sono divenute di esclusiva pertinenza scientifica medico legale, proprio in relazione alla sopravvenuta necessità di fornire parametri tecnici dettagliati e motivati ai fini di una integrale determinazione del danno biologico quale presupposto base del danno non patrimoniale.

Ripercorrendo brevemente l'evoluzione Giuridica del risarcimento successiva all'emanazione delle citate Sentenze della Cassazione, va ricordato che l'Osservatorio del Tribunale di Milano, onde sopperire nel 2009 alla necessità di un adeguamento “risarcitorio” del neonato danno non patrimoniale, come tale comprensivo sia della IP biologica, sia della sofferenza “intima” o “intrinseca”, sia dell'eventuale quota di personalizzazione, in mancanza di un adeguato supporto interpretativo medico legale, ha elaborato una tabella di liquidazione, tuttora in vigore, che prevede un incremento automatico dei parametri di liquidazione della componente “sofferenza intima”, al variare dell'incremento di IP biologica riconosciuta dal medico legale.

Le Tabelle, pur non avendo incontrato un'unanime condivisione in ambito applicativo giudiziario, dal 2013 sono diventate – a seguito di Ordinanza della Cass. civ., 4 gennaio 2013, n. 134 - riferimento nazionale.

Tuttavia, già dagli stessi anni 2009 – 2010, è iniziata, nell'ambito specialistico Triveneto, una riflessione sul nuovo concetto di “danno biologico”, quale parametro tecnico di base del danno non patrimoniale: ciò in relazione alle problematiche interpretative relative all'effettiva valenza dell'automatismo liquidativo del cosiddetto “danno morale” rispetto ad una determinata invalidità permanente biologica accertata in sede medico legale.

Proprio il nuovo presupposto di “unitarietà” del danno alla persona ha imposto la necessità “tecnica” di distinguere l'aspetto “quantitativo” della componente menomativa rispetto all'apprezzamento “qualitativo” della componente “sofferenza correlata”, essendo basata, quest'ultima, su presupposti valutativi differenti da quelli di sola “disfunzionalità anatomica”, presenti in qualsiasi Baremes medico legale: con ciò superando necessariamente la precedente generica definizione medico legale di danno biologico in quanto, in entrambi i casi, autonome componenti suscettibili di accertamento tecnico medico legale, con esclusione quindi del generico ed imprecisato riferimento ai cosiddetti “aspetti dinamico relazionali”, ascrivibili esclusivamente a componenti di danno alla persona non correlabili direttamente alla lesione e/o alla menomazione, bensì al danneggiato e quindi passibili di differente onere probatorio.

I parametri tecnici che sono stati utilizzati nella fase di lesione e malattia sono rappresentati dal dolore fisico, dall'entità dell'aggressione terapeutica e dall'allontanamento dai comuni piaceri della vita. I parametri tecnici che sono stati utilizzati nella fase di menomazione sono rappresentati dal dolore fisico cronico, dall'interferenza della menomazione sulle condizioni esistenziali quotidiane del danneggiato e dal grado di percezione da parte del danneggiato della modifica peggiorativa della propria integrità psicofisica (al riguardo vedasi i risultati dell'indagine casistica in tema di valutazione della sofferenza psicofisica nel danno alla persona – edizioni Maggioli maggio 2013 – Pedoja/Pravato in collaborazione con la Società Medico Legale del Triveneto). Trattasi infatti di parametri elaborati, condivisi, sperimentati e quindi applicati da tutto l'entourage specialistico triveneto, essendo divenuti elementi “routinari” di indagine tecnica medico legale sia in fase extragiudiziaria, sia in false Giudiziale, in tutto il Veneto ed anche fuori Regione. Dal 2013 richieste di valutazioni analoghe sono state inserite anche nel quesito di CTU del Tribunale di Milano, dopo approfondimento medico giuridico in seno all'Osservatorio di Giustizia del Tribunale di Milano.

La distinzione tra parametro quantitativo e parametro qualitativo presenta tecnicamente un'oggettiva logica valutativa medico legale in quanto serve a distinguere l'effettivo grado di sofferenza intrinseca (o intima) patita dal danneggiato a seguito di un determinato evento lesivo ed a seguito della persistenza di una determinata invalidità permanente biologica (rilievo quest'ultimo di particolare interesse allorché analoga quota di invalidità permanente biologica derivi da esito di lesione unica ovvero risultati il calcolo derivante da esiti lesivi plurimi di minor valenza lesiva).

Per meglio comprendere tali aspetti è necessario considerare alcuni esempi: si consideri il riconoscimento, in un soggetto, adulto, di una invalidità permanente del 10%, sia in caso di esiti di perdita della milza (IP basata esclusivamente su ipotetico riscontro di alterazione della crasi ematica e degli esiti cicatriziali laparotomici) sia in caso di anchilosi post traumatica dell'articolazione tibiotarsica. Nel primo caso, a prescindere dal motivato disagio personale per la perdita dell'organo, non vi è usualmente alcuna limitazione e/o interferenza sul benessere quotidiano del soggetto che, come è noto, può continuare a svolgere qualsiasi attività lavorativa e sportiva. Nel secondo caso (anchilosi della tibiotarsica) appare evidente che la condizione menomativa può determinare difficoltà abbastanza significative in relazione alla persistente rigidità articolare con difficoltà nella vita quotidiana (salire o scendere le scale, camminare su terreno sconnesso, ecc.). In sintesi un disagio soggettivo apprezzabile, da cui ne residua un danno da sofferenza intrinseca – menomazione correlata – chiaramente superiore rispetto al soggetto splenectomizzato, pur risultando l'asettica IP biologica analoga in entrambi i casi. Il divario tra la percentuale invalidante ed effettiva sofferenza soggettiva intrinseca o intima aumenta significativamente ei cosiddetti danni di entità rilevante. Si consideri ad esempio due soggetti di pari giovane età, portatori di postumi invalidanti quantificati in entrambi i casi, secondo Baremes, nella misura del 25% di invalidità permanente biologica, ove in un caso il danno derivi dagli esiti plurimi di una pur importante colecistectomia e nefrectomia (con rene superstite integro), mentre nell'altro la stessa invalidità permanente biologica vada ascritta agli esiti di isterectomia in donna in età fertile e nubile. Nel primo caso, pur dandosi atto delle limitazioni connesse all'alterata funzionalità biliodigestiva ed alle teoriche “cautele” imposte dallo stato di nefrectomia, pare ragionevole poter collocare la condizione di sofferenza intrinseca – menomazione correlata – ad un livello qualitativo sicuramente inferiore a quello di un soggetto di pari età, di sesso femminile, nubile e isterectomizzata, proprio in relazione all'evidente disagio esistenziale della danneggiata connesso al peggioramento della preesistente integrità di donna ed alle mutate prospettive di vita: ciò indipendentemente da intercorrenti autonome ricadute negative connesse a eventuali e peculiari aspetti dinamico relazionali della danneggiata, che prevedono differenti ed autonomi riscontri probatori.

Il problema relativo alla necessità di apportare un criterio valutativo medico legale che conduca ad una maggior equità liquidativa del danno alla persona di natura “non patrimoniale” emerge in particolar modo in caso di valutazione tecnica relativa ad esiti menomativi plurimi coesistenti ove possono sussistere rilevantissime difformità di riscontro tecnico della relativa “sofferenza intrinseca” rispetto ad analoghe percentuali di invalidità permanente biologica riconosciute per esiti menomativi singoli. Per fare un esempio facilmente comprensibile potrebbe verificarsi l'ipotesi dell'accertamento medico legale di una invalidità permanente biologica del 35% conseguente a valutazione complessiva di esiti plurimi coesistenti e determinati dal riscontro di esiti di fratture costali plurime stabilizzatesi anche con modesto deficit ventilatorio coesistenti con esiti di frattura di un arto superiore o inferiore con modesto deficit funzionale, a loro volta coesistenti con esiti di trauma cranio facciale fratturativo con residua sindrome soggettiva fisiogena e residuo deficit del flusso respiratorio nasale, oltre gli esiti di splenectomia con associati reliquati cicatriziali: conseguenze che, anche se degne di apprezzamento, risultano in genere, secondo comune esperienza medico legale, abbastanza compensabili sotto il profilo anatomo funzionale, le quali non interferiscono in genere, se considerate singolarmente, in modo significativo nella quotidianità del danneggiato se non per qualche ricorrente sintomatologia dolorosa e qualche minimo disturbo funzionale, quadro menomativo che globalmente non determina di fatto una qualche sostanziale e grave ricaduta negativa di natura esistenziale sulla “quotidianità” del danneggiato. Viceversa, analoga percentuale di invalidità permanente biologica potrebbe derivare autonomamente dagli esiti di un'amputazione del piede: è intuitivo che detta menomazione ha di per sé intrinsecamente una grave ricaduta sulla vita quotidiana del danneggiato, costringendolo a modificare le proprie abitudini di vita e condizionando oggettivamente un particolare disagio anche sul “sentire” personale del leso per la percezione del grave peggioramento della preesistente integrità fisica connessa alla mutilazione. In sostanza un danno alla persona di gran lunga peggiore, dal punto di vista qualitativo, desumibile dal livello di sofferenza intrinseca menomazione correlata, rispetto al precedente, pur a fronte di un riscontro tecnico preliminare di una invalidità permanente biologica uguale, così come calcolato con la sola applicazione di qualsiasi Baremes medico legale.

Esiste dunque una oggettiva variabilità nel rapporto tra stato menomativo e relativa condizione di correlata sofferenza intrinseca. Questi aspetti sono stati approfonditi in seno alla Società Medico Legale del Triveneto, con un consistente studio casistico relativo alle risultanze di circa 9 mila perizie, raccolte tra il 2010 ed il 2015 tra numerosi iscritti alla Società Scientifica Triveneta, ove i singoli casi sono stati valutati applicando la variabile tecnica del grado di sofferenza intrinseca – lesione/menomazione correlata. I casi sono stati suddivisi in due fasce: la prima (di 7803 casi) relativa a definizioni del danno con invalidità permanente biologica compresa entro il 9%; la seconda (di 1016 casi) relativa a definizioni del danno con invalidità permanente biologica compresa tra il 10 ed il 50%.

Si riportano i grafici dei risultati dell'indagine casistica comprensivi del livello di sofferenza nella fase di malattia, nella fase di menomazione e le percentuali in cui è stata ammessa la compatibilità “tecnica” tra condizione menomativa ed “allegati” aspetti dinamico relazionali peculiari del danneggiato (ricomprendendo quindi accertate ed autonome condizioni di natura relazionale, o di interferenza del danno “non patrimoniale” in ambito occupazionale e/o ludico-ricreativo).

Casistica valutazioni su IP comprese tra 1% e 9%

Da quanto emerge dall'analisi che segue, risulta evidente che nei casi di IP tra 1% e 5%, a fronte di una significativa variabilità della sofferenza intrinseca in fase di malattia, sussiste una componente di sofferenza intrinseca prevalentemente definibile di grado “lieve” (in circa il 90% dei casi), mentre solo nel 10% dei casi sono state riscontrate componenti di sofferenza di entità superiore.

Viceversa nei casi di IP tra il 5% ed il 9%, sussiste una significativa variabilità della componente di sofferenza intrinseca sia nella fase di malattia, sia nella fase di menomazione, tale da condizionare l'effettiva valenza probatoria del concetto di “danno biologico di lieve entità” allorché tecnicamente valutato rispetto al solo accertamento medico legale dell'invalidità permanente biologica. Presupposto che pone oggettive difficoltà interpretative scientifiche sulle indicazioni proposte dalla Sentenza Corte cost., n. 345/2014 circa il limite unico di “personalizzazione” del danno non patrimoniale di lieve entità (entro i parametri dell'art. 139 Cod. Ass.), allorché non si consideri nella valutazione anche la componente di “ sofferenza menomazione correlata “ – che la stessa Corte Costituzionale ha collocato all'interno del danno biologico” – quale variabile tecnica medicolegale “ aggiuntiva” della IP biologica stimata sulla base del solo Bareme di legge , derivandone, di fatto, la relativa inapplicabilità.

L'indagine casistica ha infine consentito di evidenziare che in entrambe le fasce sussistono distinte componenti di “danno”, riconducibili al comma 3 dell'art. 139 Cod. Ass., che afferiscono a differenti elementi di prova ai fini del risarcimento. La definizione di danno da “handicap” è stata utilizzata per sintetizzare tutte le valutazioni espresse in tema di compatibilità tra la “menomazione accertata” e “definiti” (ovvero “specifici”) aspetti dinamico relazionali allegati dal danneggiato.

Casistica valutazioni di IP comprese tra il 10% ed il 50%

Pressoché analoghi risultati sono stati ottenuti dall'esame dei casi di valutazioni di IP comprese tra il 10% ed il 50%. L'esame è stato ripartito tra IP comprese tra il 10% ed il 20% (657 casi) e IP comprese tra il 20% ed il 50% (359 casi).

Si è ritenuto superfluo estendere l'indagine ai casi, peraltro di raro riscontro nella pratica professionale, sopra il 50% trattandosi di condizioni menomative estremamente rilevanti nelle quali il livello di sofferenza intrinseca parametrabile sotto il profilo tecnico medico legale depone quasi sempre per livelli di grado “elevato”, se non superiore, ove spesso possono subentrare componenti di “danno non patrimoniale” (di natura psichica) anche in soggetti differenti dal danneggiato (parenti, conviventi, ecc.), tali da giustificare distinte autonome indagini tecniche sia di carattere medico legale, sia di pertinenza dello psicologo clinico, per la completa ed esaustiva definizione del danno – conseguenza di natura non patrimoniale.

Come emerge dall'esame dei risultati sussiste dunque una estrema variabilità della componente “sofferenza intrinseca” sia nella fase di malattia, sia nella fase di menomazione, risultando impossibile proporre parametri tecnici di standardizzazione di detta componente del danno biologico. Tale presupposto appare ancor più evidente se si prende in considerazione, quale esempio, una limitata fascia di IP biologica.

Rielaborando i dati per i casi compresi tra il 10% ed il 13% di IP (in sostanza parametri di invalidità sostanzialmente analoghi) emerge ancora di più l'estrema variabilità della componente di danno afferente alla sofferenza intrinseca – menomazione correlata, evidenziandosi che in un 10% dei casi questa è stata riconosciuta di grado “lieve” (1/5), in un 60% dei casi di grado “medio - lieve” (3/5)ed in un 30% dei casi di grado “medio” (4/5), a fronte di pressoché analoghe condizioni di invalidità permanente biologica, derivandone la necessità di un più equo assestamento risarcitorio della componente soggettiva relativa al danno morale.

Da segnalare, infine, che i risultati dell'indagine hanno dimostrato la sussistenza di percentuali di riscontri positivi poco difformi, tra micro e macro invalidità, per le valutazioni di compatibilità tra menomazione ed aspetti dinamico – relazionali peculiari del danneggiato (tra il 40% ed il 50% di tutte le IP tra il 5% ed il 50%), che giustificano ulteriormente l'impossibilità di unificare – nel concetto base di danno biologico – la componente di sofferenza intrinseca, ancorata a presupposti di natura valutativa tecnica medico legale, con la componente “dinamico relazionale” che è vincolata a differenti oneri probatori afferenti a particolari condizioni “ esistenziali” del danneggiato.

In conclusione

Si deve ritenere dunque che il concetto di danno biologico, inserito nel contesto unitario del danno non patrimoniale, necessiti di un'approfondita ristrutturazione degli effettivi compiti di intervento professionale risultando inderogabile, a nostro avviso, demandare al medico legale tutti gli aspetti del danno biologico (inabilità/invalidità permanente e sofferenza correlata) idonei ad un inquadramento oggettivo (e quindi suscettibile di contraddittorio tra le parti), della componente base del danno non patrimoniale, onde fornire all'operatore gli elementi tecnici idonei al risarcimento del danno baiologico “ base”, eventualmente integrabile con componenti di personalizzazione derivanti da differenti riscontri probatori e quindi di pertinenza esclusivamente giuridica: con cio' ferma restando la possibile sussistenza o meno di ulteriori componenti di danno “ non patrimoniale” risarcibile conseguenti alla violazione di differenti diritti costituzionalmente tutelati.

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