Si applica sempre la legge dello Stato in cui è avvenuto il sinistro per liquidare il danno?
04 Marzo 2016
In caso di sinistro avvenuto in Croazia, con responsabile soggetto di nazionalità slovena ed in cui un cittadino italiano, residente da sempre in Italia è deceduto ed una cittadina italiana, anch'ella residente il Italia, ha subito lesioni personali gravissime, si applica, come sancito dalla Cgue, sez. IV, sent., 10 dicembre 2015, C-350, il diritto dello stato in cui è avvenuto il sinistro? Ovvero, si dovrebbe applicare il diritto croato (luogo del sinistro) con conseguente riduzione di "poste" risarcitorie per i danneggiati residenti in Italia?
Il punto di vista dell'avvocato. Il principio espresso dalla Corte di Giustizia (Cgue, sez. IV, sent., 10 dicembre 2015, C-350, per un maggior approfondimento v. F. Martini, Il risarcimento del danno da sinistro stradale con elementi di transnazionalità: la parola definitiva alla Cgue; M. Rodolfi, Sinistri con profili di transnazionalità: si applica la legge del paese ove si è verificato il danno diretto, in Ri.Da.Re.) rileva per le controversie relative ai sinistri occorsi a partire dall'11 gennaio 2009 (per quelli precedenti, invece, non si applica «Roma II» e, dunque, operano, in applicazione dell'art. 62, l. n. 218/1995, i criteri sviluppati dalla nostra giurisprudenza in sede di interpretazione del luogo di verificazione dell'evento dannoso, criteri tali da comportare il rinvio al diritto italiano senz'altro per i danni richiesti iure proprio dai congiunti). Va altresì osservato come il principio sancito dalla Corte di Giustizia non sia tale da risolvere la fattispecie del decesso della vittima primaria occorso in uno Stato membro diverso dal paese in cui è avvenuto il sinistro. Infatti, appare arduo qualificare la morte alla stregua di una mera «conseguenza indiretta» di un sinistro. Tuttavia, nel caso oggetto del quesito non si pone alcuna questione al riguardo, essendo la vittima primaria deceduta ove si è verificato il sinistro. Ciò premesso, va nondimeno osservato quanto segue. In primis, la sentenza del Tribunale rimane corretta laddove ha affrontato e risolto le questioni relative alla legittimazione passiva dell'assicurazione straniera convenuta in giudizio ed alla proponibilità della domanda nei suoi confronti: la pronuncia, infatti, fondatamente ha applicato gli artt. 151 e 153 Cod. Ass.. Semmai risulta critica in relazione alla posizione assunta in ordine alla legittimazione passiva dell'assicuratore italiano: la decisione di primo grado, difatti, risulta porsi in contrasto con il principio statuito da Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2015, n. 10124 in merito all'interpretazione dell'art. 152 («In materia di sinistri stradali occorsi all'estero ed azione diretta esercitata in Italia dal danneggiato ivi residente il “mandatario per la liquidazione del sinistri” di cui all'art. 152 Cod. Ass. è un mandatario con rappresentanza ex lege dell'assicuratore del responsabile. Il mandatario, di conseguenza, può agire ed essere convenuto in giudizio in nome e per conto del mandante, nel rispetto delle regole sulla giurisdizione e sulla competenza, per ottenere una sentenza eseguibile nei confronti del mandante»).
Su entrambi i predetti i profili rinvio amplius ai seguenti contributi: M. BONA, Sinistri mortali occorsi in Italia e congiunti-attori residenti all'estero: quali risarcimenti con «Roma II»?, in Responsabilità civile e previdenza, 2015, n. 1, 198-241, e M. BONA, «Roma II» e sinistri mortali: il paese di residenza delle vittime secondarie non determina la legge applicabile, in pubblicazione su Responsabilità civile e previdenza. In conclusione, nonostante il principio sancito dalla Corte di Giustizia operi senz'altro nella controversia di cui al quesito, la questione del diritto applicabile è lungi dall'essere risolta. Infatti, una volta ritenuta (sulla base di tale principio) l'applicazione teorica del diritto croato (ciò in riforma parziale della sentenza di primo grado), andrà comunque operato il vaglio ulteriore comportato dai predetti articoli, con la conseguenza che i risarcimenti ottenuti in primo grado potrebbero comunque trovare conferma, ancorché sulla scorta di una diversa giustificazione. Avv. Marco Bona
Il punto di vista del Professore universitario. Il principio enunciato dalla Corte di Giustizia nella decisione Lazar c. Allianz S.p.A. (10 dicembre 2015, C-350/14) è senz'altro riferibile alla fattispecie su cui si è pronunciato il Tribunale, nella sentenza del 2014, trasmessa unitamente al quesito, la quale ha applicato il diritto croato in relazione alla domanda proposta iure hereditatis dai prossimi congiunti residenti in Italia in relazione ad un sinistro occorso in Croazia, mentre ha applicato il diritto italiano in relazione al diritto risarcitorio fatto valere iure proprio. L'individuazione della legge applicabile operata dal Tribunale triestino contrasta effettivamente con il dictum della Corte di Giustizia, secondo cui «l'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (‘Roma II'), deve essere interpretato nel senso che, al fine di determinare la legge applicabile ad un'obbligazione extracontrattuale derivante da un incidente stradale, i danni connessi al decesso di una persona in un incidente siffatto avvenuto nello Stato membro del foro, e subiti dai suoi congiunti residenti in un altro Stato membro, devono essere qualificati come ‘conseguenze indirette' di tale incidente, ai sensi della citata disposizione». Difatti, in applicazione del principio appena menzionato la legge croata è a tutta prima applicabile anche ai danni azionati iure proprio. Occorre, tuttavia, rammentare che la Corte di Giustizia si è pronunciata in relazione ad un'azione esercitata avanti il giudice italiano dall'attore residente in Romania per danni causati in un sinistro occorso in Italia, comportando l'applicazione della legge italiana, con ricadute (in concreto) favorevoli al danneggiato in ordine alla decisione su esistenza, risarcibilità e quantificazione, poiché – come ricordano i giudici europei – i danni ricevuti iure proprio dai prossimi congiunti “in altri ordinamenti europei … non sarebbe[ro] riconosciut[i] allo stesso modo” (Lazar c. Allianz, cit., § 17). Il lettore pone una questione d'indubbio rilievo e cioè se il medesimo principio sia applicabile “indistintamente” a tutte le fattispecie che il giudice italiano si trovi a poter decidere, ossia anche quando ciò comporti una limitazione sulla risarcibilità o addirittura un'esclusione della possibilità di accertare l'esistenza del danno, rispetto al quanto è previsto dalla legge italiana. A parere di chi scrive ciò che rende problematica l'applicazione “meccanica” del principio enunciato dai giudici europei è (soprattutto) la natura non patrimoniale dei danni iure proprio: in considerazione del fatto che nell'ordinamento italiano il risarcimento del danno non patrimoniale sottende la violazione di diritti fondamentali della persona. In realtà, però, in relazione a tale ipotesi s'impone l'applicazione della legge italiana, quale lex fori del giudice, ai sensi dell'art. 16 reg. n. 864/2007, perché – proprio in virtù del rango costituzionale dei beni tutelati – le norme in tema di risarcibilità del danno non patrimoniale risultano ex ante di “applicazione necessaria”. A ben vedere, peraltro, il problema si ripropone – allo stesso modo – per i danni fatti valere iure hereditatis ed ogni qualvolta la lex loci damni comporterebbe l'esclusione dell'applicabilità della legge italiana al danno non patrimoniale. Mentre sotto il profilo della quantificazione riterremmo di declinare l'applicazione della lex loci danni, là dove la legge italiana prevede il ricorso all'equità integrativa, che deve essere comunque consentito, o comunque disposizioni funzionali all'attuazione di una tutela effettiva. Prof. Antonino Barletta |