Il foro del consumatore e la responsabilità del medico e della struttura sanitaria
04 Novembre 2014
Tizio viene visitato dal Dott. Caio presso il suo studio privato e gli propone un intervento chirurgico presso l'ospedale di Canicattì dove presta servizio come primario. Tizio effettua l'operazione che non viene però effettuata correttamente. Tizio, residente a Genova, decide di convenire il Dott. Caio e l'ospedale per malpractice sanitaria. Può Tizio convenire entrambi presso il foro di sua residenza invocando come norma di riferimento il foro dell'attore/consumatore che, come noto, è utilizzabile nei confronti del medico, ma non della struttura pubblica? E può comunque essere utilizzato il foro dell'attore nel momento in cui il medico che lo ha visitato sì presso il suo studio privato ha poi effettuato l' intervento in veste di primario in ambito ospedaliero pubblico?
Prima di affrontare il tema dell'applicabilità del c.d. foro del consumatore di cui all'art. 33, comma 2, lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005 (codice del consumo), ossia il giudice territorialmente competente in relazione al luogo della residenza o del domicilio elettivo del consumatore, occorre premettere qualche cenno in ordine ai profili di responsabilità che si possono configurare tra paziente, medico e struttura sanitaria pubblica. Come noto, allorché il medico svolga la propria attività nell'ambito del rapporto di lavoro con la struttura sanitaria oltre a quest'ultima può rispondere anche lo stesso medico per inadempimento di un obbligo di protezione sorto in conseguenza ad un c.d. contatto sociale, nonché ai sensi dell'art. 2043 c.c., richiamato dall'art. 3, comma 1, del c.d. decreto Balduzzi (d.l. 13 settembre 2012, n. 158, conv. con modificazioni dalla l. 8 novembre 2012, n. 189), rubricato “responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie”. Al primario ospedaliero, peraltro, si applica anche la responsabilità per culpa in vigilando in relazione alle situazioni cliniche di tutti i degenti della divisione ospedaliera da quest'ultimo diretta, di cui è tenuto ad acquisire una puntuale conoscenza. Tuttavia, in relazione a tali ipotesi non si applica il suddetto foro del consumatore, poiché alla base dei menzionati obblighi di protezione non vi sono veri e propri rapporti contrattuali cui riferire le qualificazioni di cui agli artt. 2 e 3 codice del consumo (cfr., anche per ulteriori riferimenti, S. Nardi, Il foro competente per la lite tra struttura sanitaria pubblica e paziente, in Resp. civ., 2009, 919 ss.). Viceversa, l'art. 101, comma 1, del codice del consumo non sottrae in linea di principio il fruitore del servizio pubblico all'applicazione delle norme sul codice del consumo, demandando, tuttavia, allo Stato e alle Regioni competenti di “dettare le norme che applichino i principi stabiliti dal codice tenendo conto delle peculiarità della disciplina del singolo servizio pubblico e delle modalità in cui avviene il suo espletamento” (così Cass., sez. III, 2 aprile 2009, n. 8093, in Foro it., 2009, I, 2683). Pertanto, se l'utente sceglie di avvalersi del servizio sanitario nazionale al di fuori delle articolazioni territoriali in cui tale servizio viene erogato, non può poi avvalersi della speciale disciplina prevista per la competenza territoriale in tema di azioni del consumatore (in tal senso Cass., sez. III, 2 aprile 2009, n. 8093, cit.). Il riferimento all'attività professionale svolta privatamente dal medico prima dell'intervento chirurgico non consente di addivenire ad una diversa soluzione. In base a quanto esposto nel quesito, infatti, non sembra sussistere ictu oculi un nesso di causalità tra la visita effettuata dal primario nel proprio studio professionale e l'evento causativo del danno; sicché non sembra giustificata l'applicazione dell'art. 33 c.p.c., il quale – come noto – richiede la connessione per l'oggetto o per il titolo delle domande proposte nei confronti della pluralità dei convenuti. Inoltre, pur ipotizzando che la domanda risarcitoria nei confronti del primario possa riferirsi ad un rapporto di consumo, la modificazione della competenza per ragione di connessione, consentita da tale disposizione, è solo quella volta all'applicazione del foro generale delle persone (artt. 18 e 19 c.p.c.) e non è riferibile a fori alternativi o speciali (cfr., tra le più recenti, Cass., sez. lav., 10 agosto 2012, n. 14386, in Giust. civ. Mass., 2012), “salvo che le cause non siano connesse o collegate da una relazione di evidente subordinazione” (così Cass., 12 marzo 2014, n. 5705, in Giust. civ. Mass., 2014, la quale solo per quest'ultima ragione ha ritenuto prevalente il foro del consumatore, applicandolo nei confronti di più convenuti, anche se non tutte le pretese erano direttamente riferibili a rapporti di consumo; nello stesso senso Cass., sez. lav., 10. agosto 2012, n. 14386, cit.). Il punto è che, a tutto voler concedere, nel caso prospettato è assente tale nesso di subordinazione (i.e. il rapporto condizionale) tra le domande giudiziali proponibili verso la pluralità dei convenuti: il che ancora una volta esclude la possibilità di estendere alla struttura sanitaria il foro del consumatore. Diverso (e tuttavia estraneo a quanto riferito nel quesito) è il caso della responsabilità applicabile in relazione all'attività medica libero-professionale c.d. intramoenia, oggi regolata ai sensi dall'art. 2 del decreto Balduzzi, svolta individualmente o in equipe da personale medico della struttura sanitaria fuori dall'orario di lavoro anche se all'interno delle strutture ospedaliere su richiesta dello stesso paziente, il quale è tenuto a corrispondere un compenso a fronte della prestazione dei medici, anche a copertura dei costi relativi alla prestazione del personale sanitario di supporto e alle strutture pubbliche ospitanti. In tal caso, infatti, non mi sembra possa revocarsi in dubbio l'applicabilità del foro del consumatore nei confronti dei medici, del personale ausiliario e della struttura sanitaria |