Incapacità lavorativa specifica e danno da lucro cessante del libero professionista

Redazione Scientifica
06 Giugno 2017

Quando il danno fisico con conseguente incapacità lavorativa specifica può determinare una riduzione delle capacità di guadagno nelle professioni intellettuali, e non costituisce invece solo la necessità di tenerne conto per un'adeguata personalizzazione del danno biologico?

IL CASO Una donna, terza trasportata, rimane coinvolta in un incidente stradale con vettura priva di assicurazione e riporta lesioni alla persona, nello specifico lo scoppio di una vertebra, con esito permanente. La danneggiata, di professione notaio, conviene il giudizio il vettore e la sua compagnia di assicurazione, oltre al conducente dell'altra vettura e l'Assicurazione designata dal Fondo Vittime della Strada. In primo grado la domanda risarcitoria della donna viene accolta solo in parte, poiché il Tribunale rigetta la richiesta di risarcimento del danno da lucro cessante per l'invalidità temporanea e permanente. La Corte d'Appello, successivamente adita, riconosce un ulteriore somma a titolo di risarcimento del lucro cessante per il periodo di invalidità temporanea, confermando il rigetto della domanda in relazione al lucro cessante da invalidità permanente, asserendo che il danno biologico era già stato liquidato nella misura massima dal momento che il CTU aveva determinato una riduzione della capacità lavorativa specifica del 20%, rapportata al maggior affaticamento e alla usura lavorativa del notaio. La Corte territoriale nega però il risarcimento del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica, dichiarando che non era stata fornita alcuna prova circa l'esistenza di un conseguente pregiudizio economico collegato alle conseguenze permanenti dell'incidente. La donna ricorre dunque in Cassazione, lamentando come il giudizio di merito le avesse negato il diritto ad un integrale ristoro del pregiudizio subito, costituito anche da una maggior faticosità nel lavoro, una difficoltà nello stare seduta o eretta e nell'effettuare spostamenti.

LUCRO CESSANTE FUTURO La Suprema Corte chiarisce anzitutto che «il tema è quello dell'apprezzamento del danno permanente riportato da chi esercita una professione intellettuale sotto il profilo della propria capacità di produrre guadagno, e quindi del verificarsi di un lucro cessante futuro».

OBBLIGO DI ALLEGAZIONE E PROVA La Cassazione, pur chiarendo che la censura proposta solleva oggettivi spunti di riflessione in merito alla difficoltà di provare la connessione causale tra la diminuzione dei guadagni e l'invalidità subita da un professionista, afferma però che la Corte d'Appello non ha contraddetto nella sua motivazione i principi riportati dalla ricorrente, muovendosi essenzialmente sul piano della prova. Corretto era stato dunque l'accertamento della presenza di un danno permanente non lieve, stimato dal CTU nella misura del 20% sulla sua capacità lavorativa specifica, ed il conseguente risarcimento, secondo la Corte di legittimità, è da considerarsi bastevole a risarcire la professionista della perdita di qualità della sua vita, sia privata che professionale, conseguente ai postumi permanenti dell'incidente. Prosegue la Corte confermando che la contrazione della capacità di guadagno, essendo l'attività del notaio di tipo intellettuale, deve essere adeguatamente allegata e provata; ma tale prova non risulta essere stata fornita.

La Corte dunque, escludendo che dalle dichiarazioni dei redditi del notaio sia possibile trarre elementi univoci nel senso di decremento progressivo di guadagni negli anni successivi all'incidente collegati causalmente a quest'ultimo piuttosto che alla crisi che ha colpito anche la professione di notaio, rigetta il ricorso e condanna la donna al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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