Danni punitivi: depositata la sentenza delle Sezioni Unite

Redazione Scientifica
06 Luglio 2017

È stata depositata ieri l'attesa sentenza delle Sezioni Unite (n. 16601/2017) in tema di danni punitivi, che li dichiara non ontologicamente incompatibili con l'ordinamento italiano.

IL CASO Tre sentenze straniere avevano accolto la domanda di garanzia presentata dalla Società NOSA Inc., con sede in Florida, in relazione ad un indennizzo da un milione di euro transattivamente corrisposto ad un motociclista che aveva subito danni in un incidente durante una gara di motocross, a causa di un vizio del casco prodotto da AXO, distribuito da HELMET HOUSE e rivenduto da NOSA. Tale società aveva accettato la proposta transattiva del motociclista ma il giudice americano aveva ritenuto che dovesse essere manlevata da AXO. NOSA , ex art. 64 l. 218/1995, ottiene il riconoscimento delle pronunce straniere dalla Corte d'Appello di Venezia (App. Venezia, 3 gennaio 2014). L'AXO propone ricorso in Cassazione, affidandolo a tre motivi, e la causa viene rimessa al Primo Presidente dalla Prima Sezione, che sollecita un ripensamento sul tema della riconoscibilità delle sentenze straniere che comminino danni punitivi.

I PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA Le Sezioni Unite ricordano come i precedenti giurisprudenziali della stessa Corte avessero fin qui negato il riconoscimento dei danni punitivi, istituto di origine anglosassone che prevede il riconoscimento al danneggiato di una somma ulteriore rispetto a quella prevista per la mera compensazione del danno subito nel caso in cui il danneggiante abbia agito con dolo o colpa grave. Nel 2007, con la sentenza n. 1183/2007, infatti, la Corte aveva sancito l'estraneità al risarcimento del danno dell'idea di punizione e di sanzione, ritenendo indifferente la qualificazione della condotta del danneggiante, affermando il carattere monofunzionale della responsabilità civile, «avente la sola funzione di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto leso». Tale posizione, fortemente criticata dalla dottrina, aveva trovato ulteriore conferma nella pronuncia del 2012 (Cass. civ., n. 1781/2012) che aveva testualmente escluso il carattere sanzionatorio della responsabilità civile in riferimento ai limiti della «verifica di compatibilità con l'ordinamento italiano della condanna estera al risarcimento dei danni da responsabilità contrattuale».

ANALISI SUPERATA Le Sezioni Unite ritengono questa analisi superata. Ricorda la Corte come già Cass. civ. n. 9100/2015, in tema di responsabilità degli amministratori, abbia considerato la funzione sanzionatoria del risarcimento non più incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, essendo state introdotte «disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento», a patto che tale connotato sanzionatorio sia stato previsto da qualche norma di legge, «ostandovi il principio desumibile dall'art. 25 Cost. e dall'art. 7 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali», nonostante l'art. 23 Cost. giustifichi un contemporaneo diniego della funzione sanzionatoria e di deterrenza della responsabilità civile, diniego volto a disincentivare sollecitazioni tese ad ampliare la gamma risarcitoria in assenza di previsione normativa (cfr. Cass. civ., Sez. Un., n. 15350/2015). La Suprema Corte ripercorre, quindi, l'evoluzione giurisprudenziale dell'istituto della responsabilità civile, o meglio la modalità mediante cui il nostro ordinamento ha affidato alla responsabilità civile non solo il compito di ripristinare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito un danno, ma anche una funzione di deterrenza e sanzionatoria al responsabile civile.

NOZIONE DI ORDINE PUBBLICO Le Sezioni Unite riconoscono che anche il concetto di ordine pubblico, forte limite all'applicazione della legge straniera, ha subito negli anni una profonda evoluzione, divenendo, da «complesso dei principi fondamentali che caratterizzano la struttura etico sociale in un dato periodo storico» (Cass. civ., n. 1680/1984), «distillato del sistema di tutele approntate a livello sovraordinato rispetto a quello della legislazione primaria, con riferimento alla Costituzione, e dopo il Trattato di Lisbona, alla garanzie approntate alla Carta di Nizza, elevata a livello dei Trattati fondativi dell'Unione Europea dall'art. 6 TUE» (Cass. civ., n. 1302/2013). Quindi, secondo la Corte, il rapporto tra ordine pubblico dell'Unione e quello di fonte nazionale è di autonomia e coesistenza, non di sostituzione. Obiettivo è una maggior permeabilità tra diritto internazionale/comunitario e diritto nazionale, promuovendo valori tutelati dal diritto internazionale senza minare la coerenza interna del nostro ordinamento giuridico.

ANCORAGGIO NORMATIVO NELL'ORDINAMENTO STRANIERO La Cassazione, superato l'ostacolo connesso alla natura della condanna, esamina infine i presupposti che tale condanna deve avere per poter essere importata nel nostro ordinamento, per non confliggere con i valori previsti dagli artt. 23-25 Cost. Dichiara che nell'ordinamento straniero deve necessariamente essere presente un ancoraggio normativo per un'ipotesi di condanna a risarcimenti punitivi, che deve essere riconoscibile, tipico e prevedibile; nel caso di specie, la Florida prevede limiti alla responsabilità multipla.

Le Sezioni Unite precisano poi che la riconoscibilità del risarcimento punitivo è sempre da commisurare agli effetti che la pronuncia del giudice straniero può avere in Italia; necessarie sono le verifiche per il recepimento di istituti che, seppur sconosciuti, non sono da considerare necessariamente incompatibili con il nostro ordinamento.

La sentenza circoscrive gli effetti di una «curvatura deterrente/sanzionatoria» comunque individuabile nella giurisprudenza, anche costituzionale.

PRINCIPIO DI DIRITTO La Corte enuncia infine il seguente principio di diritto: «Nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile.

Non è quindi ontologicamente incompatibile con l'ordinamento italiano l'istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve però corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell'ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell'atto straniero e alla loro compatibilità con l'ordine pubblico»

Le Sezioni Unite rigettano quindi il ricorso, compensano le spese e danno atto della sussistenza dei presupposti per l'ulteriore versamento a titolo di contributo unificato.

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