Diritto all’oblio. Google deve cancellare il link che riporta notizie vecchie e incomplete

Redazione Scientifica
06 Ottobre 2016

Quando la diffusione online di una notizia risulti non pertinente, incompleta e non aggiornata, la persona interessata ha il diritto di chiedere, oltre che ricevere, la dissociazione del proprio nome dal risultato di ricerca, non riscontrandosi alcun interesse pubblico alla diffusione della predetta notizia.

Diffamazione online. Un quotidiano nazionale pubblicava, nell'anno 2010, un articolo dal contenuto manifestatamente diffamatorio e contenente mere opinioni del giornalista che si riferivano ad una docente universitaria e alla sua presunta raccomandazione “politica”.

Dopo un primo ricorso della donna, si concludeva una transazione con il giornalista e il direttore responsabile, con l'eliminazione del predetto articolo dall'archivio on line del quotidiano.

Successivamente, nel 2012, il predetto articolo “ricompariva” su un sito web; il testo pubblicato era indicizzato in modo tale che con il nome e cognome della ricorrente compariva al sesto posto dei risultati di ricerca di Google.

La donna chiedeva la rimozione dell'articolo; richiesta che però veniva rigettata sia dal motore di ricerca sia dal Garante Privacy.

Pertanto la donna ricorreva avanti l'autorità giudiziaria, chiedendo l'annullamento del provvedimento del Garante e la condanna del motore di ricerca a deindicizzare la url che riportava all'articolo dal contenuto diffamatorio, nonché a cancellare le tracce digitali.

Secondo la ricorrente non sussisteva alcun interesse pubblico alla conoscenza della notizia.

Il ricorso ha quindi ad oggetto la tutela del diritto all'identità personale della ricorrente, la quale ha chiesto al giudice di dare prevalenza, nel bilanciamento tra contrapposti diritti (quali quello della donna e quello del motore di ricerca di rendere maggiormente fruibili le informazioni contenute nel blog su cui era ricomparsa la notizia), al proprio diritto all'oblio.

BILANCIAMENTO TRA CONTRAPPOSTI DIRITTI

Diritto del motore di ricerca (artt. 21 e 41 Cost.)

Diritto all'identità personale (artt.

2 Cost., 8 Cedu, art. 1 Dir. 95/46/CE, art. 2, 7 D.Lgs. n. 196/2003)

«I motori di ricerca» - spiega il giudice milanese, alla luce anche di quanto affermato dalla Cgue, grande sezione, sent. 13 maggio 2014, n. 131 - «svolgono un ruolo decisivo nella diffusione globale dei dati (…) di fatto contribuendo a rendere più effettivo il diritto all'informazione ed il diritto alla libertà di espressione ad esso correlato».

Tuttavia, è d'obbligo precisare che «i motori di ricerca forniscono informazioni diverse ed assai più invasive rispetto a quelle fornite dai siti sorgente».

Il Tribunale milanese chiarisce che «il diritto all'oblio costituisce un aspetto del diritto all'identità personale, segnatamente il diritto alla dis-sociazione del proprio nome da un dato risultato di ricerca». D'altronde il ridimensionamento della propria visibilità telematica è un aspetto funzionale del diritto all'identità personale, diverso dal diritto di essere dimenticato , che coinvolge l'interesse dell'individuo a non essere più trovato online e quello del motore di ricerca.

Nel caso in esame il tribunale non ritiene sussistente alcun carattere di pubblico interesse: i dati personali della donna, seppur astrattamente ancora attuali, non erano né aggiornati né pertinenti e nemmeno completi.

Le opinioni riportate nell'articolo – circa la presunta raccomandazione “politica” della donna – rappresentavano idee isolate e ad esse non era seguito alcun accertamento idoneo a corroborare i dubbi sulla regolarità del concorso pubblico cui aveva partecipato la ricorrente.

Sulla base di tali argomenti, il Tribunale di Milano ha condannato Google a provvedere alla deindicizzazione della url ed alla cancellazione delle tracce digitali di tale ricerca.

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