Lavoratore folgorato da scarica elettrica: responsabili proprietario e conduttore per l'assenza del “salva vita” nell'appartamento

Redazione Scientifica
07 Maggio 2015

Della morte del lavoratore, dovuta a una scarica elettrica proveniente dallo scaldabagno che l'uomo stava aggiustando, rispondono solidalmente il proprietario dell'immobile e il conduttore, non essendo presente nell'appartamento alcun dispositivo di sicurezza (cd. “salva vita”) in grado di neutralizzare la scarica.

Infortunio mortale. Un lavoratore, marito e padre di famiglia, si accingeva a sistemare lo scaldabagno difettoso di un appartamento, quando rimase folgorato da una scarica elettrica.

La parola ai giudici di merito. Il Tribunale, prima, la Corte d'appello, dopo, accertata la responsabilità del proprietario dell'immobile e del conduttore, condannavano questi al risarcimento dei danni a favore della moglie del defunto, che aveva agito in proprio e quale genitore esercente la potestà esclusiva sui figli. Nel dettaglio, i giudici di merito ritenevano che il decesso fosse dipeso dalla scarica elettrica provocata da un difetto dello scaldabagno, non neutralizzata da alcun dispositivo di sicurezza, essendone sprovvisto l'impianto elettrico. Dell'incidente dovevano quindi risponderne sia il proprietario sia il conduttore, «in relazione alla rispettiva custodia dell'impianto elettrico e dello scaldabagno, escludendo altresì che risultasse integrato il caso fortuito nel comportamento imprudente della stessa vittima».

La conferma della condanna da parte degli Ermellini. La Suprema Corte ha confermato la condanna al risarcimento ex art. 2051 c.c., dal momento che «l'assenza di un impianto di messa a terra o di salvavita generale (ossia di un dispositivo di sicurezza conglobato nell'immobile) ha concorso a provocare l'infortunio, giacché se fosse stato presente avrebbe neutralizzato il pericolo derivato dallo scaldabagno».

La Corte, inoltre, ha chiarito come «la responsabilità da cose in custodia prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e prescinde altresì dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa … richiedendosi esclusivamente un nesso di causalità fra la cosa e l'evento dannoso, che è escluso dal fortuito, ossia da un fatto idoneo ad interrompere del tutto il nesso eziologico fra la cosa e l'evento».

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