Le clausole contrattuali polisenso si interpretano contro il predisponente assicuratore
08 Febbraio 2016
Lo scoppio: eccesso di pressione... In uno stabilimento di produzione di calcestruzzo scoppiava un'autoclave che oltre a danni devastanti provocava anche la morte di una persona. In forza del contratto di coassicurazione contro i danni, la società richiedeva il pagamento dell'indennizzo. Il contratto, difatti, prevedeva una clausola che copriva i danni derivanti da scoppio causato da «eccesso di pressione».
… o cedimento strutturale? I coassicuratori sostenevano la non indennizzabilità dei danni, in quanto provocati da un evento non compreso tra quelli previsti dalla polizza. A fondamento della domanda di accertamento negativo del proprio obbligo indennitario deducevano che «il contratto di assicurazione copriva i danni derivati da scoppio causato da “eccesso di pressione”, mentre nel caso concreto lo scoppio fu causato (…) da un “cedimento strutturale” del meccanismo di chiusura dell'autoclave scoppiata».
Le diverse interpretazioni di merito. Mentre il Tribunale dichiarava che il sinistro fosse indennizzabile secondo i termini di polizza, la Corte d'appello rigettava la domanda dell'assicurato, ritenendo, in iure, «che il lemma “scoppio” usato nella descrizione del rischio assicurato dovesse intendersi secondo il senso comune come “rottura fragorosa dovuta ad un eccesso di pressione dall'interno”; e che il contratto andasse interpretato nel senso che per pressione “eccessiva” del macchinario dovesse intendersi soltanto quella superiore alle capacità di resistenza de macchinario sottoposto a pressione, secondo quanto previsto dal progetto». Il giudice territoriale riteneva che «nel caso di specie al momento dello scoppio la pressione all'interno dell'autoclave era inferiore a quella massima consentita; e che verosimilmente la causa dello scoppio fu un deficit strutturale del meccanismo di chiusura dell'autoclave, non una pressione superiore a quella massima tollerata dal macchinario».
La questione è poi giunta a Palazzo Cavour, dove è stata messa chiaramente in evidenza l'ambiguità della clausola in contestazione, la cui espressione «scoppio causato da eccesso pressione interna» non specifica se l'eccesso di pressione è riferibile al valore massimo tollerabile dal macchinario in condizioni normali di esercizio piuttosto che alla pressione idonea a dirompere anche in ipotesi di macchinario difettoso (come il caso di specie). Seguiva, quindi, il seguente principio di diritto: «il contratto di assicurazione deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile. Ne consegue che, al cospetto di clausole polisenso , è inibito al giudice attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss c.c., ed in particolare quello dell'interpretazione contro il predisponente, di cui all'art. 1370 c.c.»
La Cassazione rinvia la causa alla Corte d'appello in diversa composizione.
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