La lex loci damni al vaglio della Corte europea di giustizia nella sentenza C350/14
08 Aprile 2016
Il caso concreto e le questioni in discussione
Come si desume dall'ordinanza di rimessione pregiudiziale (cfr. per riferimenti, infra, la Guida all'approfondimento), la fattispecie concreta, che ha dato vita alla controversia di cui si è occupata, nella pronunzia in esame, la Corte di giustizia dell'Unione europea, è lineare ed emblematica. Si tratta di un grave incidente stradale – provocato da un «pirata della strada», mai identificato e, quindi, rimasto del tutto sconosciuto – in cui trovò la morte la figlia (cittadina rumena residente in Italia) del signor F. L. (pure cittadino rumeno, ma residente in Romania), che ha promosso azione risarcitoria, dinanzi al Tribunale di Trieste, nei confronti di Allianz S.p.a. (nella sua qualità di impresa assicurativa designata dal «Fondo di garanzia per le vittime della strada», ai sensi degli artt. 283-285, d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, Codice delle assicurazioni private). Nel medesimo giudizio sono intervenute la madre e la nonna della vittima, pure residenti in Italia, al fine di far valere i loro personali diritti risarcitori. Le questioni interpretative, individuate dal Tribunale di Trieste nella predetta ordinanza, riguardano l'art. 4, comma 1, del Reg. CE n. 864/2007 dell'11 luglio 2007 (c.d. Regolamento «Roma II»), in forza del quale «salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto». Le predette questioni, poste dal giudice italiano alla Corte europea, sono fondamentalmente due : a) quale sia il significato da attribuirsi, nel cit. art. 4, comma 1, alla locuzione «luogo in cui il danno si verifica» ; b) se i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, nel paese di loro residenza, dai congiunti di un soggetto defunto in un incidente stradale avvenuto nello Stato del foro, configurino, in base alla stessa norma, un «danno» oppure una «conseguenza indiretta».
(CGUE, sent., 10 dicembre 2015, C350/145, in Ri.Da.Re: Redazione scientifica, Cgue: si applica la legge italiana per liquidare il danno subito dal padre residente in Romania per la morte della figlia in Italia; F. Martini, Il risarcimento del danno da sinistro stradale con elementi di transnazionalità: la parola definitiva alla Cgue; M. Rodolfi, Sinistri con profili di transnazionalità: si applica la legge del paese ove si è verificato il danno diretto) Il quadro normativo generale
Per comprendere meglio i termini delle predette questioni, occorre premettere un breve excursus normativo, alla ricerca dei necessari «precedenti» storici, che hanno caratterizzato, nelle legislazioni di diritto internazionale privato di questi ultimi decenni, il transito progressivo dalla lex loci commissi delicti all'attuale lex loci damni. Come è noto, ab origine il nostro c.c. del 1942, nell'art. 25, comma 2, delle c.d. «Preleggi», optava sostanzialmente per il principio sotteso alla prima locuzione, disponendo che le obbligazioni non contrattuali dovessero, in generale, essere «regolate dalla legge del luogo ove è avvenuto il fatto dal quale esse derivano». Ma – nel corso di un'evoluzione del diritto internazionale, che ha interessato le legislazioni europee a partire dalla seconda metà del secolo XX – l'art. 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ratificata in Italia con l. 21 giugno 1971, n. 804, già prevedeva, fra le «competenze speciali», che il convenuto domiciliato in uno Stato contraente potesse essere «citato» in un altro Stato contraente, in materia di «delitti» o «quasi-delitti», dinanzi al giudice del «luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto». In una prospettiva più avanzata, con l'abrogazione delle previgenti «Preleggi», si è poi inserita, nel nostro ordinamento, la l. 31 maggio 1995, n. 218, riformatrice del sistema italiano di diritto internazionale privato, la quale, con riguardo alle obbligazioni non contrattuali, in materia di «responsabilità per fatto illecito», dispone tuttora che quest'ultima sia «regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l'evento», lasciando tuttavia al soggetto danneggiato la possibilità di chiedere, in alternativa, l'applicazione della legge dello Stato «in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno» (comma 1, secondo inciso). Nell'attuale panorama europeo, va inoltre ricordato, sull'esecuzione delle decisioni giurisdizionali in materia civile e commerciale, il Reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000. Fra le «competenze speciali», l'art. 5, n. 3, prevedeva che la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro dell'Unione potesse essere convenuta in un altro Stato membro, «in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire». In base a questa norma, dunque, il criterio di collegamento, per la radicazione della competenza giurisdizionale dinanzi ai giudici di un determinato Stato membro, doveva essere individuato, di volta in volta, mediante il richiamo specifico del luogo di accadimento dell'«evento dannoso» come tale (espressione che trovava, nelle più conosciute versioni linguistiche del Regolamento stesso, un riscontro pressoché equivalente: «harmful event», «fait dommageable», «schädigende Ereignis», «hecho dañoso», «facto danoso»). Non diverse – sia sul piano letterale, sia su quello contenutistico – sono oggi, con efficacia decorrente dal 1° gennaio 2015, l'impostazione del problema e la sua soluzione positiva, nell'art. 7, n. 2, del successivo Reg. UE n. 1215/2012 in data 20 dicembre 2012, cui fa esplicito cenno (in motivazione, sub § 8) la stessa decisione della Corte di giustizia, qui commentata. Tutto ciò premesso e chiarito, si può ora sottoporre ad un'analisi più approfondita l'art. 4, Reg. CE n. 864/2007, che, nel caso in esame, assume un rilievo centrale (cfr., supra, Il caso concreto e le questioni in discussione). Non va dimenticato, anzitutto, che – nell'alveo tracciato dalle fonti normative suesposte ed, in particolare, dal Reg. CE n. 44/2001 – il Reg. n. 864/2007 ha dato impulso ad un iter legislativo europeo di norme uniformi, culminato poi, in materia di obbligazioni contrattuali, nel successivo Reg. CE n. 593/2008 del 17 giugno 2008 (denominato «Roma I»). Occorre poi sottolineare, sul piano sistematico, quanto in appresso. La previsione del cit. art. 4 costituisce nel suo insieme, in materia di «illeciti» (ossia di : «torts/delicts», «faits dommageables», «unerlaubte Handlungen», «hechos dañosos»), una vera e propria «norma generale» di conflitto (o, come correttamente si esprime la versione tedesca, un'«allgemeine Kollisionsnorm»). In essa, il comma 1 enuncia la «regola», rendendo applicabile alle obbligazioni extracontrattuali da fatto illecito «la legge del paese in cui il danno si verifica», indipendentemente dal paese in cui sia «avvenuto il fatto che ha dato origine al danno» e a prescindere dal paese (o dai paesi) in cui «si verificano le conseguenze indirette di tale fatto». I commi 2-3 configurano, poi, alcune limitate «eccezioni» a tale «regola», laddove i soggetti coinvolti (presunto responsabile e parte lesa) risiedano abitualmente nel medesimo paese, e nel momento in cui il danno si verifica, oppure laddove «dal complesso delle risultanze del caso» risulti «chiaramente» che il fatto illecito presenta «collegamenti manifestamente più stretti» (ad es., di natura contrattuale fra le parti) con un paese diverso da quelli suindicati. L'ambito normativo della legge, resa applicabile agli «illeciti», in base alle disposizioni precedenti, comprende non soltanto la «base» e la «portata» della responsabilità, unitamente alla determinazione dei soggetti responsabili e degli eventuali «motivi di esonero», ma anche «l'esistenza, la natura e la valutazione del danno o dell'indennizzo richiesto», nonché soprattutto l'individuazione dei «soggetti aventi diritto al risarcimento del danno personalmente subito» (art. 15, lett. a-h). Ora, lasciando da parte le suindicate «eccezioni» (che, nel caso nostro, non ricorrono), è agevole assicurarsi che – nella dichiarata opzione per la lex loci damni, secondo le diverse versioni linguistiche – i concetti-base siano sostanzialmente identici, senza esporsi al rischio (non certo voluto) di sottili sfumature differenziali. Per quanto concerne l'individuazione del «paese in cui il danno si verifica», le corrispondenti locuzioni delle altre lingue appaiono equivalenti («country in which the damage occurs», «pays où le dommage survient», «Staat in dem der Schaden eintritt», «país donde se produce el daño», «país onde ocorre o dano»). Ma nemmeno parrebbero prestarsi ad equivoci le diverse locuzioni, con le quali, da un lato, si designa il luogo (ed il paese) in cui sia avvenuto il «fatto che ha dato origine al danno» («the event giving raise to the damage», «le fait générateur du dommage», «das schadensbegründende Ereignis», «el hecho generador del daño», «o facto que deu origem ao dano») e, dall'altro, si indicano le «conseguenze indirette» di quel medesimo fatto (declinate, appunto, come «indirect consequences», «conséquences indirectes», «indirekte Schadensfolgen», «consecuencias indirectas» o «consequências indirectas», e così via). Al di là del mero raffronto esegetico, tutto ciò che cosa comporta, in termini pratici ? Sono due, fondamentalmente, le ricadute più significative:
La lex loci damni e la sua ratio giustificativa
È lo stesso Regolamento «Roma II» ad offrirci – dell'opzione per la lex loci damni – la giustificazione giuridico-politica più plausibile. Vanno esaminati, al riguardo, i «considerando» nn. 15-16-17, che pure la Corte europea di giustizia si preoccupa di menzionare, nella decisione qui commentata. Se è vero che il tradizionale criterio di collegamento, dato dalla lex loci commissi delicti, è ben conosciuto in quasi tutti gli Stati membri dell'Unione, è altrettanto vero che esso, riferendosi al luogo in cui avvenga il fatto illecito produttivo del danno, si può tradurre in un'eventuale fonte di incertezza nella determinazione della legge applicabile, ogni qual volta vi sia una concreta «dispersione» (fra Stati diversi) degli elementi, oggettivi e/o soggettivi, che integrano la fattispecie risarcitoria. Quindi, poiché la codificazione di «regole uniformi» dovrebbe tendenzialmente rafforzare la «prevedibilità» delle decisioni giurisdizionali in materia, garantendo un «ragionevole» (e «giusto») equilibrio fra gli interessi del presunto responsabile e quelli della parte lesa, si afferma chiaramente che tale equilibrio non può prescindere dall'applicazione primaria della legge dello Stato nel cui territorio si sia verificato il danno diretto («direct damage», «dommage direct», «der Schaden selbst», «daño directo» o «dano directo» che dir si voglia). Ciò – si sottolinea nello stesso Regolamento – sarebbe in piena sintonia con i moderni sistemi giuridici di responsabilità civile da fatto illecito, nonché (si badi) con l'evoluzione dei sistemi di «responsabilità oggettiva» (altrimenti definita, con un significato sostanzialmente analogo, come «strict liability», come «responsabilité objective» oppure come «Gefährdungshaftung»). La lex loci damni, così individuata, prescinde del tutto da qualsiasi teorico riferimento alle leggi dello Stato (o degli Stati) in cui si potrebbero verificare (o si siano verificate) le «conseguenze indirette» del fatto genetico della responsabilità aquiliana. Sicché – così testualmente si ipotizza (nel «considerando» n. 17) – quando si tratti di lesione personale o di danno arrecato al patrimonio, si dovrebbe applicare la legge dello Stato in cui si verifica il «danno diretto», e cioè, in altre parole, la legge dello Stato nel cui territorio la lesione sia stata «subita» o il pregiudizio patrimoniale si sia concretamente «verificato». Se ne ha conferma piena, al di là di talune lievi variazioni, anche nelle altre versioni linguistiche europee, qui prese a confronto (quando, ad es., per identificare il locus damni, si parla di «injury sustained» e di «property damaged», di «blessures subies» o di «biens endommagés», di «Personen- oder Sachschaden tatsächlich eingetreten», di «lesión sufrida» o di «dano infligido»). In conclusione
La Corte europea di giustizia, nella pronunzia qui commentata, si dimostra ben consapevole dei principi, intorno ai quali la legge italiana (lex fori, nel caso nostro) configura la responsabilità per fatto illecito, ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c. Essa, dunque, ne dà atto, riconoscendo in particolare che, per un verso, ai familiari del soggetto defunto spettano diritti risarcitori jure proprio, di natura patrimoniale e non patrimoniale, e che, per altro verso, i danni non patrimoniali comprendono sia il danno biologico (come «danno medicalmente accertato»), sia il danno morale (inteso come «dolore interiore»), sia il danno alla vita di relazione (inteso quale «alterazione significativa della vita quotidiana»). Si dà pure per scontato il fatto che – secondo l'ordinamento italiano, a differenza di altri ordinamenti europei – il danno risarcibile, derivante dal decesso della persona congiunta, si possa configurare come «danno direttamente subito» dai suoi familiari, i quali risulterebbero lesi in una delle più vitali espressioni del loro diritto di personalità. Né sfugge alla Corte il fatto che i quesiti posti dal giudice italiano del rinvio pregiudiziale tendano, in definitiva, ad accertare se, nel caso nostro, i danni dedotti dal padre della vittima, residente in Romania, e dagli altri familiari, residenti in Italia, costituiscano – alla stregua del cit. art. 4, comma 1, del Regolamento «Roma II» – un «danno» diretto ovvero una «conseguenza indiretta» del fatto lesivo. Ebbene, la Corte – sottoponendo ad un'accurata analisi le stesse fonti normative, dianzi esaminate nei §§ precedenti, onde pervenire ad un'interpretazione «uniforme» dell'art. 4, in relazione all'art. 15, del cit. Regolamento – non ha dubbio alcuno nel sancire che :
Il che – nella logica della ratio sottesa al cit. art. 4 – parrebbe del tutto ineccepibile. D'altronde, nei confronti dei familiari o dei congiunti della vittima, la stessa nozione di «conseguenza indiretta» non è certo estranea alle tradizioni del nostro ordinamento, assimilandosi sostanzialmente a quella del c.d. «danno indiretto» (derivante «di riflesso» dal fatto illecito, in base ad un nesso di «regolarità causale»), sulla cui concreta risarcibilità incidono però, di volta in volta, condizioni di «normalità» e di «doverosità» dettate dalla «coscienza sociale» e dal «costume». In ultima analisi, non va tuttavia dimenticato come – sul piano pratico – la lex loci damni possa poi condurre a risultati risarcitori sensibilmente variabili, nella misura in cui il giudice adito debba tener conto dei diversi parametri di valutazione, indicati con cura, per le vittime di incidenti stradali, dai «considerando» 33) e 34) del cit. Regolamento.
Per quanto riguarda la rimessione pregiudiziale alla Corte europea:
Per utili riferimenti, sull'art. 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles del 1968, a proposito della nozione «luogo in cui l'evento dannoso é avvenuto», cfr., ad es.:
Sulla nozione di «danno indiretto», cfr., ad es., ex multis, Cass. civ., 20 maggio 1986, n. 3353, in Rep. Foro it., 1986, voce “Danni civili”, n. 65 ; Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2011, n. 10528, ivi, 2012, voce cit., n. 247, e in Giust. civ., 2012, I, 769.
In generale, sul Regolamento «Roma II» e sulle prospettive di una sua futura revisione, cfr.:
A livello monografico, si possono infine consultare, a commento del Reg. CE n. 864/2007 («Roma II») :
Per ulteriori informazioni e rilievi di raffronto, sul Reg. n. 593/2008 («Roma I»), cfr., ad es., M. McPARLAND, The Rome I Regulation on the Law Applicable to Contractual Obligations, Oxford University Press, Oxford, 2015, pp. 976, passim. |