Solo lo Stato è legittimato all’azione risarcitoria in forma specifica per la riparazione del danno ambientale

Redazione Scientifica
08 Giugno 2016

La Consulta ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'art. 311, comma 1, d.lgs. 152/2006 (T.U. Ambiente), nella parte in cui attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione, concorrente o sostitutiva, della Regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno.

La Consulta ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'art. 311, comma 1, d.lgs. 152/2006 (T.U. Ambiente), nella parte in cui attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione, concorrente o sostitutiva, della Regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno.

La questione è stata sollevata dal tribunale ordinario di Lanusei nel procedimento, promosso a carico di diversi soggetti, per il reato di cui all'art. 437, commi 1 e 2, c.p. (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) per aver omesso l'adozione di precauzioni e cautele nell'esercizio delle attività militari, tra cui anche la collocazione di segnali di pericolo di esposizione di uomini ed animali a sostanze tossiche e radioattive presenti nelle aree ad alta intensità militare, cagionando così un persistente e grave disastro ambientale, con enorme pericolo chimico e radioattivo per la salute del personale civile e militare del poligono, dei cittadini dei centri abitati circostanti, dei pastori insediati in quel territorio e dei loro animali da allevamento.

Tra le persone offese indicate nel decreto di rinvio a giudizio figuravano lo Stato, la Regione autonoma Sardegna, le Province di Cagliari e d'Ogliastra, nonché i Comuni il cui territorio era stato esposto alle sostanze contaminanti.

A parere del giudice rimettente l'accentramento della legittimazione ad agire in capo ad un solo soggetto non garantirebbe un sufficiente livello di tutela della collettività e della comunità e la deroga alla disciplina della responsabilità civile determina un trattamento deteriore del diritto ad un ambiente salubre, diritto primario ed assoluto, rispetto ai restanti diritti costituzionali di pari valore, i quali, con riguardo alla sfera di tutela di responsabilità civile, non subiscono alcuna limitazione nella titolarità dell'azione ad agire.

I giudici delle leggi indicano quale sia la corretta lettura della disciplina contenuta nel d.lgs. n. 152/2006 in materia di risarcimento del danno ambientale. Per la Corte, il T.U. Ambiente, recependo la dir. 21 aprile 2004 n. 2004/35/Ce, ha posto il profilo risarcitorio in posizione accessoria rispetto al riparazione del danno ambientale.

Ciò significa che il risarcimento pecuniario per equivalente potrà aversi nella sola ipotesi in cui le misure per la riparazione del danno dell'ambiente siano risultate in tutto o in parte omesse ovvero sia stata attuata in modo incompleto o difforme rispetto a quelle prescritte o esse risultino impossibili o eccessivamente onerose.

L'art. 311, d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che l'adozione delle misure necessarie al ripristino del danno ambientale è in prima battuta a carico del responsabile del danno, tuttavia, il comma 2 del medesimo articolo prevede che, quando le misure risultino in tutto o in parte omesse, o comunque realizzate in modo incompleto o difforme dai termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procede direttamente agli interventi necessari, determinando i costi delle attività occorrenti per conseguire la completa e corretta attuazione e agendo nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti. Tale disciplina, tra l'altro non esclude, che sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi subiti.

Ne discende che la normativa speciale sul danno ambientale si affianca – non sussistendo alcuna antinomia reale, come erroneamente affermato dal giudice rimettente – alla disciplina generale del danno stabilita dal codice civile, non essendo in alcun modo dubbia la legittimazione degli enti territoriali a costituirsi parte civile iure proprio, nel processo per reati che abbiano cagionato pregiudizi all'ambiente, per il risarcimento non del danno all'ambiente come interesse pubblico, bensì (al pari di ogni persona singola od associata) dei danni direttamente subiti.

Inoltre, concludono i giudici delle leggi, l'interesse degli altri soggetti è preso in considerazione dall'art. 309, d.lgs. n. 152/2006, il quale prevede esplicitamente che «Regioni, Province autonome ed enti locali possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente».

(Fonte: www.ilpenalista.it)