Danno patrimoniale per spese di assistenza risarcibile mediante rendita vitalizia

Redazione Scientifica
09 Maggio 2017

Il Tribunale di Milano ritiene che, ove vengano riconosciute spese di assistenza e danni patrimoniali derivanti dalla perdita di reddito, in applicazione dell'art. 2057 c.c. sia possibile la costituzione di una rendita vitalizia.

IL CASO Un uomo viene sottoposto ad un intervento chirurgico per l'asportazione di una neoformazione espansiva nella regione parafaringea e laterocervicale destra; accertata la presenza di un carcinoma squamoso, viene nuovamente operato nella stessa struttura ed in seguito dimesso in buone condizioni. Presso altra struttura ospedaliera inizia la radioterapia in regime ambulatoriale ma, dopo circa due settimane, comincia ad accusare nausea e anoressia; gli viene praticata una terapia infusionale di supporto senza alcun risultato: la riduzione del suo peso è di oltre 10 kg. L'uomo viene infine ricoverato presso una Casa di cura per la terapia di sostegno, ma anche questa degenza è caratterizzata da disfagia, nausea ed inappetenza; le condizioni peggiorano dopo il rientro a casa. A distanza di ben sei mesi dalla data del primo intervento gli viene diagnosticata una Encefalopatia di Wernicke, a seguito della quale si succedono continui ricoveri presso reparti di psichiatria. La moglie e la figlia dell'uomo convengono in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Milano, le tre strutture sanitarie coinvolte nel decorso clinico della malattia, denunciando l'incongruità delle cure rivolte al marito, così inadeguate da aver consentito lo sviluppo dell'encefalopatia di Wernicke (poi sfociata in una demenza di Korsakoff), e cagionato conseguentemente gravi danni patrimoniali e non patrimoniali. Gli attori chiedono pertanto la condanna dei convenuti, in via solidale, al risarcimento di tutti i danni subiti.

PRINCIPI DI DIRITTO Il Tribunale accoglie le pretese attoree, richiamando il consolidato orientamento della Cassazione, secondo cui «in tema di responsabilità civile nell'attività medico-chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del "più probabile che non", restando a carico dell'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinali da un evento imprevisto e imprevedibile»(Cass. civ., Sez. III, Sent., 16 gennaio 2009 n. 975).

Si ricorda inoltre quanto affermato da Cass. civ. n. 15993/2011, secondo cui «In tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente per danni derivanti dall'esercizio di attività di carattere sanitario, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato il suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno» .

PARI PRESPONSABILITÀ EX ARTT. 1176 e 1223 c.c.: Dall'accurata CTU sono emersi elementi tali da consentire il riconoscimento di una pari responsabilità in capo alle tre strutture convenute, che non hanno adempiuto con la necessaria diligenza e la dovuta prudenza alle proprie obbligazioni: il primo ospedale ha omesso di svolgere gli accertamenti e i provvedimenti terapeutici indicati nel caso in esame, la Casa di cura ha omesso di richiedere l'intervento di uno specialista in neurologia (ed un intervento terapeutico tempestivo e adeguato avrebbe risolto la malattia e migliorato la prognosi a lungo termine), ed infine l'U.O. Psichiatrica ha tardato di una settimana gli accertamenti di una patologia che era già conclamata, oltre ad aver commesso un errore terapeutico che ha ulteriormente aggravato il quadro clinico.

LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE Per la liquidazione del danno non patrimoniale subito dall'uomo, il Giudice applica le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano e ricorda che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale «essendo compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli. Pertanto, in tema di liquidazione del danno per la lesione del diritto alla salute, nei diversi aspetti o voci di cui tale unitaria categoria si compendia, l'applicazione dei criteri di valutazione equitativa, rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, deve consentirne la maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento, anche attraverso la cd. personalizzazione del danno» (Cass. civ., Sez. Un., n. 26972/2008).

SULLA NECESSITA' DI PERSONALIZZAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE Il Tribunale ritiene che l'importo liquidabile in applicazione dei valori monetari, pari a 820.000,00 €, non basti a compensare la sofferenza oggettiva subita dall'uomo: lesioni di gravissima entità, grande demenza, danno motorio e seri disturbi comportamentale hanno reso impossibile persino la frequentazione di un centro diurno, rendendo inevitabile il ricovero presso una struttura di lungodegenza. Inoltre, conclude il Giudice, «le specifiche allegazioni svolte dalla difesa di parte attrice, relative allo stato di residuale coscienza delle gravissime menomazione e alla profonda sofferenza (sofferenza che, contrariamente rispetto a quanto dedotto dalla difesa della Casa di Cura non può ritenersi elisa dall'assenza di memoria a lungo termine) legata alla vergogna, alla rabbia, all'emarginazione ed all'isolamento (persino dai propri familiari) lasciano fondatamente ritenere fornita la prova, per presunzioni, di un danno da intima interiorizzazione della sofferenza».

COSTITUZIONE DI UNA RENDITA VITALIZIA In merito al danno patrimoniale collegato alle spese di assistenza e alla perdita di reddito, il Giudice ritiene di provvedere, ai sensi dell'art. 2057 c.c., alla costituzione di una rendita vitalizia che, tenendo conto della retta mensile della struttura di assistenza in cui è ricoverato e detratto quanto percepito dal danneggiato a titolo di indennità di accompagnamento, deve essere quantificata in 920,00 € mensili, pari a € 11.040,00 annui, da versarsi in via anticipata per tutta la durata della vita del beneficiario, a partire dalla data della pronuncia.

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