Buca stradale e caduta rovinosa di un pedone: onere della prova su nesso di causa e pericolosità della cosa in custodia
09 Settembre 2016
Manto stradale sconnesso. A causa di una buca, un donna cadeva a terra e riportava diversi danni. La Corte d'appello rigettava la domanda di risarcimento proposta contro il Comune. La donna ricorreva allora in Cassazione, sostenendo che il giudice territoriale avesse violato gli artt. 2051 e 2697 c.c., dal momento che aveva gravato la vittima dell'onere della prova che lo stato dei luoghi fosse pericoloso e che la cosa fosse potenzialmente pericolosa.
Come indicato nella relazione depositata dal consigliere relatore, la Corte d'appello dopo aver ritenuto dimostrata la sussistenza del nesso di causa tra la cosa e il danno, ha rigettato la domanda, «mutando dalla ritenuta non pericolosità della cosa non la prova dell'assenza di nesso di causa, ma quella dell'assenza di colpa del custode». La Corte d'Appello avrebbe dovuto, invece, fare corretta applicazione dei principi di diritto elaborati dalla Cassazione in tema di onere della prova ex art. 2051 c.c.: quando il danno è causato da cose dotate di un intrinseco dinamismo, l'attore ha solo l'onere di provare il nesso di causa tra la cosa ed il danno, mentre non è necessaria la dimostrazione della pericolosità della cosa; quando invece il danno è causato da cose inerti e visibili (marciapiedi, scale, strade, pavimenti, e simili), il danneggiato può provare il nesso di causa tra cosa e danno dimostrandone la pericolosità. E dunque la pericolosità della cosa costituisce semplicemente un indizio dal quale desumere, ex art. 2727 c.c., la sussistenza d'un valido nesso di causa tra la cosa inerte e il danno: dal fatto noto che quella cosa fosse pericolosa il giudice può risalire al fatto ignorato dell'esistenza del nesso di causa; mentre dal fatto noto che non lo fosse potrà risalire al fatto ignorato che sia stata la distrazione della vittima a provocare il danno. La stessa relazione, prospettando l'accoglimento del ricorso, indica il principio a cui la Corte d'appello in sede di rinvio dovrebbe attenersi: «Una volta accertata l'esistenza d'un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno, è onere del custode – per sottrarsi alla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. – provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiante (che può desumersi anche dalla agevole evitabilità del pericolo), mentre deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa».
La prova del nesso di causa e l'assenza di colpa. Il collegio condivide le osservazioni nella relazione e ritiene che la Corte d'appello sia caduta in errore confondendo la prova del nesso di causa con quella della assenza di colpa. La non pericolosità di una cosa inerte – spiega la Cassazione – può escludere il nesso di causa, ma non la colpa del custode; se quel nesso è dimostrato, la pericolosità della cosa diventa giuridicamente irrilevante. Nel caso di specie, l'esistenza del nesso di causa è stata positivamente accertata dalla Corte d'appello. Provato tale nesso spettava al Comune dimostrare la propria assenza di colpa. E' su tal punto che il giudice territoriale è caduto in errore: «dovendo stabilire se il Comune avesse superato la presunzione di colpa, ha evocato il concetto di pericolosità della cosa», giungendo alla conclusione che, non essendo la cosa pericolosa fosse automaticamente esclusa la colpa del Comune. Conclusione del tutto sbagliata dal momento che anche il proprietario (rectius: custode) di cose non pericolose risponde ex art. 2051 c.c. una volta provato il nesso di causa tra cosa e danno.
Sulla base di tali argomenti la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso con rinvio alla Corte d'appello.
|