Le Sezioni Unite sulla claims made: nessuna vessatorietà, ma possibilità di nullità
10 Maggio 2016
Il caso. Un uomo chiedeva il risarcimento dei danni patiti per effetto della condotta dei medici di un Ospedale, che lo avevano avuto in cura. In primo grado la domanda attorea veniva accolta, pertanto il Tribunale condannava l'Ospedale al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento, dichiarando tutte le compagnie assicurative chiamate in causa tenuta a manlevare la responsabile-assicurata nei limiti previsti dalle polizze. La Corte d'appello, riformando la pronuncia di prime cure, affermava la piena validità della clausola claims made inserita nella polizza, escludendone pertanto il carattere vessatorio «rilevando che la stessa, lungi dal rappresentate una limitazione della responsabilità della società assicuratrice, estende la copertura ai fatti dannosi verificatisi prima della stipula del contratto».
Giunta la questione avanti la Cassazione, il Primo Presidente ha ritenuto che la controversia presentasse una questione di massima di particolare importanza, disponendone l'assegnazione alle Sezioni Unite. La Suprema Corte ha stabilito che «nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. claims made mista o impura) non è vessatoria; essa in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al d. lgs. n. 206/2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata». |