Il mancato riposo del lavoratore fa scattare il risarcimento del danno da usura psico-fisica

Redazione Scientifica
11 Agosto 2015

Al lavoratore deve essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale e biologico in caso di mancato riposo infrasettimanale in relazione ad attività usurante.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16665/2015, depositata il 10 agosto 2015, ha affermato che il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale e biologico in caso di mancato riposo infrasettimanale in relazione ad attività usurante.

Il tema è stato affrontato dalla Suprema Corte in ragione del ricorso presentato da una società di trasporti pubblici avverso la sentenza della Corte d'Appello che, confermando la pronuncia di primo grado, l'aveva condannata al risarcimento dei danni nei confronti di alcuni dipendenti per mancati riposi stabiliti dal Reg. CEE n. 3820/1985, richiamato oggi dall'art. 174 del nuovo Codice della Strada.

  • In punto “an” del danno, la Corte, richiamando precedenti pronunce, ha ribadito come il danno da stress, o usura psicofisica, sia ascrivibile alla categoria unitaria del danno non patrimoniale derivante da inadempimento contrattuale, la cui risarcibilità presuppone un pregiudizio concreto subito dal danneggiato (sul quale grava l'onere della relativa allegazione e prova). Ed inoltre, con riferimento al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, la Corte compie un'ulteriore distinzione tra il danno da “usura psico-fisica” (derivante dalla mancata fruizione del riposo) e il danno alla salute o danno biologico, che si concretizza in una “infermità” del lavoratore, affermando poi che per il primo tipo di danno l'”an” deve ritenersi presunto, anche in relazione all'interesse del lavoratore costituzionalmente garantito dall'art. 36 Cost. Laddove risulti provata la violazione della disciplina dei riposi giornalieri e settimanali, deve dunque essere riconosciuto il danno da “usura psico-fisica”.
  • In punto “quantum” del danno da risarcire, la pronuncia in esame ha ritenuto corretta la valutazione della Corte territoriale, che ha provveduto ad una quantificazione in via equitativa utilizzando come parametro la retribuzione relativa al lavoro straordinario. Ha infatti ritenuto la Suprema Corte (pur evidenziando i limiti di sindacabilità della liquidazione in via equitativa in sede di giudizio di legittimità) corretto il riferimento operato alla maggior penosità della prestazione lavorativa non accompagnata dai prescritti riposi giornalieri e settimanali, e dunque al maggior valore economico della prestazione eccedente i limiti di legge, richiamando il compenso previsto dalla contrattazione per l'ipotesi dello straordinario.

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