Gruppo Quattro: danno terminale (biologico e catastrafole) e danno tanatologico
11 Luglio 2016
L'Osservatorio sulla Giustizia del Tribunale di Milano ha promosso la costituzione, al suo interno, di alcuni gruppi di lavoro volti ad approfondire i criteri di liquidazione di alcune poste di danno (non patrimoniale) ad oggi non tabellate e ciò nondimeno di notevole impatto nella prassi risarcitoria delle Corti. Tra queste assume indiscussa rilevanza quella dei così detti “danni terminali”, di fonte giurisprudenziale e cristallizzati dalla Suprema Corte (Cass., Sez. Un.,. sent. n. 15350/2015, v. in Ri.Da.Re. F.Rosada, Perdita della vita e diritto al conseguente risarcimento del danno: questione chiusa; M. Hazan, Game over! Il danno da perdita della vita non è risarcibile; D. Spera, La sentenza Cass. S.U. n. 15350/2015: pietra tombale sul danno tanatologico e crisi della funzione nomofilattica della Cassazione; M.Bona, S.U. 2015: prosegue la saga sul danno non patrimoniale; P.Ziviz, Il danno da perdita della vita: ritorno al passato) come le sole poste di danno liquidabili iure proprio alla vittima di lesioni mortali, a condizione che il decesso non sia immediato ma avvenga dopo un apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni. Tale categoria di danno ha conosciuto più di un'incertezza sul piano definitorio, venendo talvolta inquadrata come danno biologico terminale o come danno catastrofale a matrice morale, senza che, secondo quanto osservato dalle Sezioni Unite, a tali categorizzazioni corrispondessero autentiche differenze sostanziali o «differenze rilevanti sul piano concreto della liquidazione dei danni». In realtà, il vero punto critico, è stato ravvisato, anche da autorevole dottrina, nella assoluta anarchia liquidativa che - registrata nelle corti di merito – ha condotto a risarcimenti inaccettabilmente disomogenei, pur a fronte di situazioni analoghe sul piano fattuale. Di qui l'opportunità caldeggiata dall'Osservatorio di indagare il tema e di verificare se sia possibile elaborare un metodo tabellare e convenzionale che, allineandosi agli obiettivi ed alla ratio della Tabella milanese, possa fungere da criterio guida al quale ispirare le future liquidazioni, in ossequio ad un principio di ragionevole omogeneità. In questo contesto è stato istituito un apposito Gruppo di lavoro il quale, a seguito di diverse riunioni cui hanno partecipato magistrati del Tribunale di Milano, medici legali e numerosi avvocati, ha ritenuto di poter elaborare una proposta di tabellazione del danno terminale, imbastita sui principi/criteri che vengono qui di seguito illustrati:
A)Principio di unitarietà ed omnicomprensività: tenendo conto dell'insegnamento delle Sezioni Unite (sentenze gemelle Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972-3-4-5, oltre alla citata n. 15350/2015) si è ritenuto di proporre una definizione omnicomprensiva del “danno terminale”, tale da ricomprendere al suo interno ogni aspetto biologico e sofferenziale connesso alla percezione della morte imminente. Onde evitare il pericolo di duplicazione di medesime poste di pregiudizio, la categoria del danno terminale deve intendersi dunque comprensiva dei pregiudizi altrove definiti come danno biologico terminale, da lucida agonia o morale catastrofale. Non solo: la liquidazione del danno terminale, proprio in quanto comprensiva di ogni voce di pregiudizio non patrimoniale patita in quel lasso di tempo, esclude la separata liquidazione del danno biologico temporaneo “ordinario”, da intendersi quindi assorbita.
B)Durata limitata: la stessa definizione (terminale) esclude che il danno possa protrarsi per un tempo esteso. Pur nella difficoltà di tipizzazione delle possibili variabili, si suggerisce l'individuazione di un numero massimo di giorni (allo stato individuato, convenzionalmente, in 100) al di là del quale il danno terminale non può prolungarsi, tornando ad esser risarcibile il solo danno biologico temporaneo ordinario. Tale indicazione non pare sconveniente, anche in considerazione del fatto che nella maggior parte dei casi trattati dalle Corti i danni risulterebbero contenuti in pochi giorni. Posto il limite massimo, si osserva come di danno terminale non possa parlarsi, secondo gli insegnamenti della Cassazione, se la morte sia stata immediata o sia avvenuta a brevissima distanza di tempo. Occorre dunque che tra lesioni e decesso intercorra comunque un lasso temporale minimo – non convenzionalmente individuabile – ma comunque apprezzabile e tale da consentire la prova di una sofferenza psicologica (non istantanea né immediatamente consumatasi). Esperti medici legali hanno del resto sostenuto la necessaria sussistenza di un minimo decorso di tempo apprezzabile affinché la coscienza elabori e rappresenti il rischio di morte.
C)Coscienza: in nessun caso si tratta di danno in re ipsa, occorrendo la comprovata percezione della fine imminente. La consapevolezza della fine vita da parte della vittima è, dunque, un presupposto necessario affinché possa esservi il risarcimento del danno terminale, che non potrà dirsi esistente, ad esempio, nel caso in cui nel tempo intercorso prima del decesso la vittima stessa abbia versato in stato di incoscienza.
D)Intensità decrescente e metodo tabellare: pur nella ribadita difficoltà di individuare una “regola” che valga per tutte le variegate fenomenologie di danno terminale, si è ritenuto di porre quale criterio di base la regola, sostenuta dall'esperienza medico legale, secondo la quale il danno tende a decrescere col passare del tempo, dal momento che la massima sofferenza è percepita nel periodo immediatamente successivo all'evento lesivo per poi scemare nella fase successiva (lasciando spazio ad una sorta di “adattamento” se non, addirittura, alla speranza di sopravvivere). Si propone dunque un metodo tabellare che assegni a ciascun giorno di sofferenza, nei limiti del tetto di cento giorni complessivi, un valore progressivamente – e convenzionalmente – decrescente, sino ad agganciarsi, al centesimo giorno, alla valutazione del danno biologico temporaneo ordinario. Ferma la necessità di rigorosa prova del danno ludicamente patito in stato di coscienza. Nulla impedisce, naturalmente, che a fronte di un decorso particolarmente lungo, la percezione della fine intervenga in un momento successivo, e solo dal quel momento, dunque, potrà sorgere il danno terminale (con relativa decorrenza della tabella giornaliera di seguito proposta). L'Osservatorio propone inoltre l'introduzione di un correttivo volto a consentire un'adeguata valorizzazione delle situazioni di eccezionale gravità, correlate dallo straordinario sconvolgimento emotivo che sarebbe derivato dall'evento dannoso (come, ad esempio, nei casi in cui lo stesso presenti condizioni di particolare crudezza). Tali situazioni accadono, normalmente, nell'immediatezza dell'evento (o, comunque, subito dopo la prima – scioccante - percezione del pericolo di vita). Per tale motivo si è ritenuto di prevedere che nei primi tre giorni di danno terminale il Giudice possa liquidare il danno muovendosi liberamente secondo la propria valutazione personalizzata ed equitativa, ma nel rispetto di un tetto massimo convenzionalmente stabilito in 30.000 euro non ulteriormente personalizzabile.
E)Personalizzazione: a partire dal quarto giorno, la valutazione giornaliera del danno sarà comunque personalizzabile, in relazione alle circostanze del caso concreto e del particolare sconvolgimento che risulti di volta in volta provato. Si propone che tale personalizzazione non superi il limite del 50%, da riconoscersi quale maggiorazione dei valori puntualmente espressi dall'applicazione della tabella di base.
F)Valori convenzionali: nell'individuazione del valore (come detto: decrescente) del danno subìto dal quarto al centesimo giorno della tabella l'Osservatorio ha anche tenuto conto:
Nota di attenzione ed esempio: i valori espressi nella Tabella e corrispondenti all'ammontare del risarcimento base liquidabile in funzione del numero di giorni (da quattro a cento) della sofferenza terminale, sono da intendersi come aggiuntivi rispetto a quanto riconosciuto (entro il tetto massimo di 30.000 euro) in via di equità per i primi tre giorni di danno.
Così, a titolo di esempio, a fronte di un (comprovato) danno terminale protrattosi per 10 giorni, il Giudice potrà anzitutto valorizzare equitativamente i primi tre giorni di sofferenza liquidando una somma determinata entro il tetto massimo di euro 30.000 (non ulteriormente personalizzabile). A tale valore, liberamente determinato entro quel limite, sarà da aggiungere l'importo indicato in tabella in corrispondenza del decimo giorno di sofferenza terminale, pari ad Euro 6.803. Importo, tale ultimo, aumentabile del 50% in via di personalizzazione (qualora allegati e provati i fatti che la sostengono) . E quindi:
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