Responsabilità medica: il chirurgo deve vigilare l’operato dei suoi collaboratori nella riabilitazione del paziente
11 Novembre 2015
L'odissea clinica. La vicenda giudiziaria prendeva il via da un “routinario” intervento chirurgico di protesi totale all'anca, eseguito da un medico libero professionista presso la struttura di una casa di cura. Sopravvenivano, però, complicanze post operatorie, per cui la paziente era costretta a subire diversi interventi chirurgici di revisione dell'artroprotesi. Il calvario medico durò circa sei mesi e l'esito, per la degente, fu il seguente: algie e deficit funzionali dell'anca pluri-operata, notevoli difficoltà deambulatorie, nonché disturbi di natura psichica, con conseguenti limitazioni delle normali attività lavorative, di casalinga e della vita di relazione.
Il danno iatrogeno. La donna chiedeva, pertanto, il risarcimento dei danni patiti, sostenendo la responsabilità professionale del medico che l'aveva operata. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda attorea, condannando solidalmente il professionista e la casa di cura. In particolare il ctu riconosceva un danno iatrogeno, dipeso dagli impropri interventi terapeutici, stimato nella percentuale del 14% come permanente. Il medico soccombente ricorreva avverso la sentenza di condanna, sostenendo che la culpa in vigilando nel post-operatorio ravvisata a suo carico dovesse ritenersi insussistente nonché smentita dalle risultanze documentali, che dimostravano la continua assistenza prestata dal dottore alla paziente per tutto l'iter riabilitativo.
Il mancato controllo della riabilitazione. Il ctu effettivamente – spiega la Corte d'appello – aveva dichiarato che «per quanto concerne scelta ed esecuzione degli interventi chirurgici, il medico operante è esente da censure mentre deve essere stigmatizzata la condotta del personale sanitario non chirurgico che ebbe in cura l'attrice sin dall'immediato post-operatorio». Tuttavia, era il chirurgo che doveva vigilare sulle manovre riabilitative adottate a partire dal primo intervento. Quindi, così facendo, il medico «è venuto meno all'obbligo di attenzione e diligenza nel sovraintendere durante tutto il periodo di trattamento della paziente» dopo l'operazione, e per questo è da ritenersi «responsabile per l'operato incongruo dei propri collaboratori».
La condotta negligente. L'assenza di controlli del medico e la sua conseguente condotta del tutto priva della diligenza richiesta ai sensi dell'art. 1176 c.c., fa sorgere una responsabilità in capo al medico ex art. 1218 c.c.. Sulla base di tali argomenti, la Corte d'appello condanna il medico «per la mancata attenzione da lui prestata ai trattamenti riabilitativi che sono parte integrante, assieme alla esecuzione degli interventi, della sua attività professionale da svolgere in favore della paziente». |