Così la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 23710/16, depositata il 22 novembre.
Il fatto. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello avevano rigettato la domanda di risarcimento avanzata da una donna nei confronti del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada (FGVS) per la morte del figlio a seguito dell'investimento dello stesso ad opera di una autovettura rimasta sconosciuta.
Secondo la prospettazione attorea il figlio, sbalzato dal proprio ciclomotore a seguito di urto contro un muro sito ai margini della carreggiata e rimbalzato al centro della strada, era stato arrotato da più auto rimaste sconosciute nonché da una il cui conducente era invece stato identificato, successivamente, nell'ambito del processo penale che ne era seguito.
In particolare la Corte territoriale aveva ritenuto accertato il fatto che l'uomo non fosse stato investito da più autovetture, bensì solo dalla vettura nota e, pertanto, aveva escluso che sussistesse una qualsiasi prova della presenza (per non parlare della responsabilità) di uno o più veicoli non identificati.
A seguito di ricorso contenete quattro motivi, si è quindi giunti avanti la Terza Sezione.
Quale onere a carico del danneggiato. Nel decidere la Terza Sezione si sofferma sull'art. 19 l. n. 990/1969, ovvero l'attuale art. 283 d.lgs. n. 209/2005, il cui comma 1, lett. a) prevede che l'impresa designata risarcisca il danno causato dalla circolazione dei veicoli e dei natanti per il quale sussista l'obbligo di assicurazione nel caso in cui «il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato».
Se la Cassazione già nel 2015, con la sentenza n. 374/2015, aveva sancito che «nel caso di sinistro causato da veicolo non identificato l'obbligo risarcitorio sorge allorquando l'identificazione sia stata impossibile per circostanze obiettive, da valutare caso per caso, e non imputabili a negligenza della vittima», questa è stata l'occasione per specificare il concetto.
Il danneggiato che promuova l'azione di risarcimento ha, pacificamente, l'onere di provare la condotta dolosa o colposa del conducente di altro veicolo, e la circostanza che questi sia rimasto sconosciuto. Relativamente a quest'ultimo requisito, ciò che viene richiesto è la denuncia dell'incidente alle competenti autorità di polizia, mentre certo non è previsto un onere di ulteriori indagini articolate o complesse a carico del danneggiato.
Una volta terminato lo spatium deliberandi il danneggiato potrà ovviamente rivolgere le pretese risarcitorie nei confronti dell'impresa designata per conto del FGVS, naturalmente prospettando la non identificabilità del veicolo per causa non dipendente da condotta negligente del danneggiato.
Così facendo, vengono soddisfatti sia il profilo della legitimatio (passiva) ad causam che quello della titolarità passiva sostanziale, nel senso che a carico dell'impresa designata per il FGVS l'obbligazione risarcitoria si stabilizza al momento della proposizione della domanda e «non può venire meno nel caso in cui, nel corso del giudizio, si giunga alla identificazione del responsabile».
La Cassazione è giunta dunque all'identificazione del seguente principio di diritto: «Nel caso di sinistro cagionato da veicolo non identificato, il danneggiato, esaurito lo spatium deliberandi previsto dalla legge, potrà agire nei confronti dell'impresa designata per conto del FGVS allegando e provando, oltre al fatto che il sinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo, che quest'ultimo non era identificabile in forza di circostanze obiettive, non dipendenti da sua negligenza; la legittimazione passiva, processuale e sostanziale, dell'impresa designata rispetto a tale sinistro rimarrà stabilizzata per tutto il corso del giudizio, anche nel caso in cui si accerti successivamente l'identità del responsabile, nei cui confronti la stessa impresa designata, adempiuta la sentenza di condanna al risarcimento del danno, potrà agire in via di regresso».
A sostegno di tale interpretazione la Terza Sezione ricorda il fatto che l'azione di regresso, per come è stata configurata (cfr. art. 292, comma 1, d.lgs. n. 209/2005) presupponga indefettibilmente, quanto all'ipotesi del veicolo rimasto sconosciuto, che un responsabile sia poi stato identificato.
Inoltre, il principio oramai consolidato, e ciò anche in ambito europeo, secondo cui la complessiva disciplina dell'assicurazione della r.c.a è orientata al fine di apprestare la maggior tutela possibile alle vittime della strada, porta necessariamente alla medesima conclusione, laddove l'interpretazione seguita dal Tribunale e dalla Corte d'Appello, evidentemente, porta a ridurre l'ambito della tutela prestata al danneggiato.
Pertanto ora spetterà nuovamente alla Corte d'appello la decisione, alla luce del principio sopra ricordato.
(Tratto da: www.dirittoegiustizia.it)