Danno terminale: accolte le proposte di Liquidazione dell’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano
20 Giugno 2017
IL CASO Un uomo viene ricoverato per accertamenti, all'esito dei quali gli viene diagnosticata una neoformazione del sigma. Sottoposto ad una consulenza cardiologica, viene evidenziata la persistenza di rischio di natura cardiologica. Il paziente viene sottoposto ad intervento chirurgico di resezione intestinale, ma dal giorno successivo le sue condizioni cliniche peggiorano; nonostante ulteriori controlli, di cui non vi è traccia nella cartella clinica, decede tre giorni dopo per shock settico post operatorio. La moglie, la figlia ed il figlio dell'uomo agiscono ora in giudizio contro la struttura sanitaria per ottenere il risarcimento dei danni.
CONTRATTO DI SPEDALITÀ e CONTATTO SOCIALE Il Tribunale dichiara comprovati gli elementi forniti dagli eredi attinenti sia ai ricoveri che all'intervento chirurgico. Si è in presenza del contratto di spedalità, contratto atipico a prestazioni corrispettive, che si conclude con «l'accettazione del paziente presso la struttura e che fa sorgere in capo all'Azienda Sanitaria obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico, nonché di apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicanze o emergenze» (ex multis, Cass. civ. n. 13593/2017). Con i medici, ricorda il giudice di merito, sorge invece il cd. contatto sociale, che consiste in quel «rapporto tipico tra le parti che, pur in assenza di un contratto, è in grado di ingenerare l'affidamento dei soggetti sull'adempimento di obblighi diretti e specifici di lealtà, collaborazione e salvaguardia dell'altrui sfera giuridica».
PERDITA DI CONCRETE POSSIBILITÀ DI SOPRAVVIVENZA Il Tribunale considera ampliamente accertati il nesso causale tra la condotta del sanitario e l'evento lesivo, la colpa della condotta omissiva dei medici, la contrarietà della loro condotta alle leges artis. Accerta infatti la CTU una «non condivisibile assistenza postoperatoria che venne ad assumere una notevole, rilevante incidenza causale nel determinismo del decesso del paziente, laddove invece una più attiva ed efficiente attività diagnostico-terapeutica ed organizzativa avrebbe offerto al paziente concrete possibilità di sopravvivenza».
LIQUIDAZIONE DEL DANNO Nella liquidazione del danno, il giudice di merito dichiara di «condividere l'orientamento emerso nel Tribunale di Milano in ordine ad una valutazione del danno per perdita del coniuge o di un genitore in una forbice che va da un minimo di €163.990,00 ad un massimo di €327.990,00». Decide dunque di operare una liquidazione in misura superiore a quella minima pari a €200.000,00 per la moglie ed il figlio e a €180.000,00 per la figlia, comprensive di interessi compensativi a titolo di danno non patrimoniale.
ACCOLTE LE NUOVE PROPOSTE TABELLARI MILANESI Dalla documentazione clinica si evince che il de cuius ha avuto effettiva percezione delle conseguenze ineluttabili dell'evento ed ha provato sofferenza per la consapevolezza dell'avvicinarsi della fine della sua vita, il giudice ritiene applicabile il diverso criterio dell'intensità della sofferenza provata (ex multis, Cass. civ., n. 15491/2014). Dunque riconosce come danno biologico terminale del defunto «l'ulteriore importo complessivo di €30.000,00, così come proposto di recente nel documento denominato “criteri orientativi per la liquidazione del danno terminale” predisposto dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano» (per un maggior approfondimento, vedi D.SPERA, Verso la definitiva approvazione delle Tabelle milanesi, in Ridare.it).
CLAIMS MADE: NESSUN RITORNO AL PASSATO Il giudice di merito considera, infine, privo di rilevanza , ai fini della fattispecie in esame, il recente arresto della giurisprudenza di legittimità secondo cui «la clausola cd. claims made, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un'azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall'assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell'assicurazione, è un patto atipico, immeritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322, comma 2, c.c., in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell'assicuratore, e pone l'assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione» (Cass. civ., n. 10506/2017).
L'estensore della sentenza osserva come il caso di specie sia diverso a quello trattato nella sentenza richiamata. La struttura sanitaria pubblica convenuta, infatti, nella conclusione della polizza con la società assicuratrice chiamata in causa, non ha agito in veste di consumatore. E' da escludersi, inoltre, la sussistenza della possibilità di un sindacato negativo in termini di meritevolezza, atteso che la clausola era, con tutta evidenza, destinata ad operare anche con riferimento alle richieste risarcitorie avanzate, nel corso del periodo di validità della stessa, a fronte di comportamenti dell'assicurato antecedenti alla stipulazione. |