Cade dallo scivolo in piscina: qual è il regime di responsabilità che si può configurare?

Redazione Scientifica
16 Luglio 2015

Nei parchi acquatici, per gli eventuali danni agli utenti che usufruiscono degli scivoli della struttura, non si configura, in capo al gestore, responsabilità ex art. 2050, non essendo quella posta in essere da tali società un'«attività pericolosa», soprattutto perché le stesse strutture si rivolgono anche ai bambini. Non è nemmeno configurabile la responsabilità della società ex art. 2051 c.c., a meno che l'infortunato dimostri: che il sinistro si sia verificato sullo scivolo secondo le modalità allegate in atto di citazione; che si sia verificato il malfunzionamento dell'erogazione dell'acqua; infine, che sussista un nesso di causa tra tale malfunzionamento e l'evento.

La “scivolosa” vicenda. Un donna adiva il Tribunale di Cremona per ottenere il risarcimento dei danni subiti all'interno di un parco acquatico. Nel dettaglio, sosteneva che, scendendo da un scivolo, a causa dell'interruzione dell'erogazione del flusso d'acqua, si sarebbe bloccata nel mezzo dello scivolo stesso, per poi essere sospinta contro il bordo a causa della ripresa improvvisa e violenta del flusso.

La donna, inoltre, sosteneva che il titolo della responsabilità configurabile nei suoi confronti discendesse dall'art. 2050 c.c., in subordine dall'art. 2051 c.c. ed in ogni caso dalla generale norma di cui all'art. 2043 c.c..

La società che gestiva il parco acquatico e l'assicurazione della stessa contestavano l'applicabilità del regime di responsabilità ex artt. 2050 e 20151 c.c., mancando la prova della sussistenza del nesso causale tra l'attività e l'evento dannoso.

Il regime di responsabilità applicabile. Il Giudice adito, nell'affrontare la questione in esame, è chiamato a determinare quale sia il titolo di responsabilità eventualmente configurabile, essendoci rilevanti differenze in relazione all'onere della prova.

Non è applicabile al caso sub specie l'art. 2050 c.c., dal momento che l'attività contestata non può essere definita come «pericolosa». Infatti l'attività di gestione di scivoli all'interno dei parchi acquatici non è qualificata dalla legge in questi termini né si può sostenere che tale attività comporti una «rilevante possibilità del verificarsi di un danno per la loro spiccata potenzialità offensiva» come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 20357/2005), trattandosi di scivolo destinato anche all'uso di bambini.

Non è nemmeno configurabile il secondo titolo di responsabilità allegato dalla difesa dell'attrice (art. 2051 c.c.). In tema di responsabilità del custode, come esplicitato dalla giurisprudenza, in capo al danneggiato grava la duplice prova dell'effettiva verificazione del fatto generativo del danno, così come descritto in atto di citazione, nonché della sussistenza del nesso causale tra il bene generatore del danno e l'evento dannoso. Nel caso di specie, tale prova manca, pertanto anche se si volesse riconoscere la sussistenza della responsabilità del custode in capo al gestore del parco acquatico, la domanda andrebbe comunque rigettata nell'an. Anche perché le testimonianze rese in giudizio non permettono di affermare con certezza l'esistenza del nesso di causa tra difettosità dello scivolo e evento dannoso, né che l'evento stesso sia avvenuto come allegato nell'atto di citazione. Le stesse risultano essere anche discordanti tra loro.

Concludendo. Il giudice ha rilevato la mancata prova:

  1. che il sinistro si sia verificato sullo scivolo secondo le modalità allegate in atto di citazione dalla donna;
  2. che si sia verificato il malfunzionamento dell'erogazione dell'acqua;
  3. che sussista un nesso di causa tra tale malfunzionamento e l'evento.

Sulla base di tali argomenti il Tribunale di Cremona rigetta la domanda attorea e condanna l'attrice a rifondere le spese di giudizio in favore della società convenuta e della assicurazione.

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