Responsabilità delle ASL per gli errori dei medici di base: la prima sentenza della Cassazione civile

Redazione Scientifica
17 Aprile 2015

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6243/2015 ha riconosciuto, ai sensi dell'art. 1228 c.c., la responsabilità civile in capo all'ASL, per il fatto illecito posto in essere dal "medico di base", convenzionato con la stessa per l'assistenza medico-generica, commesso in esecuzione della prestazione curativa, quando sia resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N., in base ai limiti stabiliti ex lege.

L'innovativo principio sancito dalla Cassazione. La Suprema Corte, superando le due uniche sentenze di legittimità rese sul punto dalla Cassazione penale (Cass. pen., sez. IV, 16 aprile 2003, n. 34460 e Cass. pen., sez. IV, 23 settembre 2008, n. 36502), ha sancito il seguente principio di diritto: «l'ASL è responsabile civilmente, ai sensi dell'art. 1228 c.c., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l'assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti secondo la legge».

Il caso. Nel 1997 il Sig. B. accusava in mattinata un malore che partiva dal capo e si irradiava alla parte sinistra del corpo. La moglie telefonava al medico di base e, non trovandolo, lasciava un messaggio sulla segreteria telefonica segnalando l'urgenza. Solo a tarda sera il medico chiamava; la moglie del Sig. B. gli riferiva che lo stato di malessere del marito persisteva e, in particolare, che aveva difficoltà a muovere la mano sinistra. Il dottore tranquillizzava la signora e prometteva di passare l'indomani mattina. Tuttavia, soltanto nel pomeriggio del giorno successivo, in seguito ad un ennesimo sollecito, il medico si recava presso l'abitazione del Sig. B. e, misurata la pressione, si limitava a prescrivergli un Tavor sostenendo che il malessere derivava da stress; gli prescriveva, quando si fosse rimesso in forza, una visita neurologica ed analisi del sangue presso ospedale. Durante la medesima notte il Sig. B. perdeva conoscenza e rovinava a terra. Interveniva il 118 che trasportava il paziente presso un ospedale, ove i medici, esperita urgentemente una TAC, diagnosticavano un'ischemia celebrale e somministravano per prima cosa dell'aspirina. Il Sig. B. non riusciva più a riprendersi, passando il resto dei suoi giorni prima in diverse strutture ospedaliere per la riabilitazione e poi in una casa di ricovero ove decedeva nel 2011.

I giudizi di merito. Nel 2001 il Sig. B. e sua moglie evocavano in giudizio il medico di base e la ASL per conseguire il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (biologici, morali esistenziali) tutti ascritti alle predette condotte del dottore. La ASL eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, sostenendo che, non ricorrendo un rapporto di pubblico impiego, non dovesse rispondere dell'operato del medico di base, a tutti gli effetti un libero professionista. Il primo grado si concludeva con la pronuncia del Trib. Torino, sez. dist. Chivasso, 31 marzo 2008, n. 37, G.U. Marino, che, sulla base delle circostanze accertate e delle indicazioni del consulente tecnico d'ufficio, riconosceva la responsabilità del medico di base per avere ritardato il ricovero in ospedale per quasi 2 giorni e, quindi, per avere contribuito ad aggravare il danno del paziente. Il Tribunale riconosceva anche la responsabilità della ASL per l'operato del medico di base in base agli artt. 1218 e 1228 c.c. In sede di appello la Corte adita confermava la responsabilità del medico di base, ma assolveva la ASL (App. Torino, sez. IV, 22 dicembre 2011, n. 1830, Pres. Fuiano, Cons. Rel. La Marca). In particolare, negava la responsabilità della ASL per gli errori dei medici di base adducendo essenzialmente i seguenti argomenti:

  1. la legge n. 833/1978 (istitutiva del S.S.N.) ha natura meramente organizzativa ed amministrativa, ma non fonda obblighi in capo alle ASL verso i cittadini quanto al servizio di medicina generale;
  2. assenza di rapporto diretto tra ASL e paziente, quando questo si rivolge al medico di base;
  3. assenza di rapporto organico tra ASL e medico convenzionato.

Le tesi accolte dalla Cassazione. La moglie ed il figlio del paziente, nel frattempo deceduto, ricorrevano in Cassazione con un unico motivo avente per oggetto l'assoluzione della ASL. La Cassazione, con dovizia di approfondimenti, si è espressa a favore dei ricorrenti essenzialmente sulle seguenti basi:

  • tra gli scopi primari delle ASL rientra ex lege la predisposizione del servizio di medicina generale, prestato dai cd. “medici di base” (o “medici di famiglia” o, più correttamente, “medici di medicina generale”); infatti, la lettera h) del comma 3 dell'art. 14, L. 23 dicembre 1978, n. 833 stabilisce chiaramente che «nell'ambito delle proprie competenze l'unità sanitaria locale provvede in particolare: […] h) all'assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale»;
  • dunque, ciascuna ASL è tenuta a «provvedere» all'assistenza medico-generica ed è ex lege il soggetto debitore (art. 1218 c.c.) verso i propri assistiti per tali prestazioni (obbligazione di fonte legale);
  • la ASL, per la Corte, rimane tale anche allorquando scelga di avvalersi di professionisti convenzionati; al riguardo, la Suprema corte ha evidenziato come questo coinvolgimento di terzi nella predisposizione del servizio di medicina generale corrisponda ad una scelta della ASL, la quale, senza liberarsi dei propri obblighi verso gli assistiti, può decidere - ex art. 25, comma 3, L. n. 833/1978 - se avvalersi di medici dipendenti oppure di professionisti convenzionati: «l'assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino»;
  • in particolare, la Cassazione ha osservato come, allorquando opti per avvalersi di medici convenzionati invece che di propri dipendenti, la ASL rimane pur sempre debitrice dell'assistenza medico generica: nell'assolvere a questo preciso onere la ASL semplicemente «si avvale» (art. 1228 c.c.) di medici convenzionati, cioè di soggetti «terzi» (non dipendenti); ma anche in questo scenario rimane il soggetto debitore delle prestazioni in esame;
  • in breve, la Cassazione ha ravvisato una classica fattispecie di responsabilità ex art. 1228 c.c.;
  • la Suprema corte ha poi ricostruito i rapporti tra ASL e medici di base, rilevando come ricorrano, sempre su basi normative, specifici caratteristiche assimilabili in tutto e per tutto ad un rapporto di lavoro para-subordinato.

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