Scontro con un capriolo in A7: difficile per il gestore evitare la condanna al risarcimento
17 Maggio 2017
Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11785/17 depositata il 12 maggio.
Il caso. La Corte d'appello di Milano riformava la sentenza di prime cure e rigettava la domanda proposta da un automobilista per il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa di un sinistro. In particolare, il ricorrente, mentre percorreva l'A7 alla guida del veicolo affidatogli dal proprio datore di lavoro, aveva investito un capriolo che aveva improvvisamente attraversato la carreggiata. La Corte territoriale escludeva la responsabilità della società di gestione dell'autostrada per il fatto che la rete di recinzione esterna era integra al momento dell'incidente, circostanza che, impedendo di conoscere le modalità, i tempi e il luogo d'ingresso dell'animale nella sede autostradale, precludeva l'applicabilità dell'art. 2051 c.c.. Veniva allo stesso modo esclusa una responsabilità della società ai sensi dell'art. 2043 c.c.
Responsabilità dalle cose in custodia. La Corte di legittimità coglie l'occasione per ribadire la natura oggettiva della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., responsabilità che trova fondamento «nell'esigenza che chi trae profitto dalla cosa assume anche il rischio per i danni che la cosa medesima possa arrecare a terzi». L'unico presupposto per l'operatività di tale norma è dunque l'esistenza del nesso eziologico tra l'evento dannoso e la cosa, oltre all'esistenza della relazione di custodia tra quest'ultima ed il responsabile, a prescindere dall'accertamento della colpa. Il responsabile è infatti titolare di un potere di governo della cosa che gli consente di controllarla ed eliminare le situazioni di pericolo: in tale contesto la Corte sottolinea come sia erroneo parlare di «colpa nella custodia», dovendo piuttosto far riferimento al concetto di «rischio da custodia».
Nesso causale e onere della prova. Il Collegio sottolinea inoltre il fatto che il nesso eziologico di cui si discute «prescinde dall'intrinseca pericolosità della cosa e richiede soltanto che il danno derivi da essa costituendo l'esplicazione della sua concreta potenzialità dannosa».
(Fonte: www.dirittoegiustizia.it) |