Da reato a illecito civile: il giudice della impugnazione deve revocare le statuizioni civili

Redazione Scientifica
17 Novembre 2016

In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile, ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice della impugnazione nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

IL CASO Tizio e Caia ricorrono in Cassazione impugnando la sentenza con cui il Tribunale di Iglesias aveva rigettato l'appello contro la sentenza del Giudice di Pace che li aveva dichiarati responsabili del reato di danneggiamento continuato. Condannati al pagamento della multa e in solido al risarcimento dei danni da liquidare in separato giudizio, al pagamento della provvisionale provvisoriamente esecutiva di 100 euro e alla rifusione delle spese processuali alla parte civile, presentano ricorso in Cassazione denunciando, tra l'altro, la sopravvenuta abolizione del reato di contestazione. Ex d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 7 infatti era stata infatti prevista, per la fattispecie dell'art. 635, comma 1, c.p., la sola sanzione pecuniaria civile.

In base alla norma transitoria, tale disposizione si applicherebbe anche ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, salvo che il procedimento sia stato definito con sentenza o con decreti divenuti irrevocabili. L'abrogazione del reato è inoltre destinata a far decadere le statuizioni civili, non rilevando le pronunce di condanna del giudice di merito già intervenute.

Essendo sorto un contrasto giurisprudenziale tra la Sezione Seconda (ex multis: Cass. civ., 23 marzo 2016 n. 14529) e la Sezione Quinta (ex multis: Cass. civ., 1 gennaio 2016 n. 26862) della stessa Cassazione, in via subordinata viene richiesto l'intervento delle Sezioni Unite.

I INDIRIZZO: EFFETTI CIVILI INSENSIBILI ALL'ABOLITIO Secondo un primo indirizzo, il Giudice dell'impugnazione conserverebbe il potere di decidere sul ricorso ed in particolare sulle questioni inerenti gli effetti civili della sentenza. Dal momento che la norma penalistica che riconosce, dopo l'abrogazione di un reato, la cessazione degli effetti penali, nulla dice invece su quelli civili, questi ultimi sembrerebbero essere insensibili all'abolitio. Richiamando il noto principio stabilito nelle preleggi, secondo il quale la legge non dispone che per l'avvenire, questo orientamento conferma l'irretroattività ed il conseguente mantenimento dei diritti acquisiti dal danneggiato costituito parte civile, anche nel caso di sentenza non definitiva.

II INDIRIZZO: EFFETTI CIVILI ABROGATI Un secondo orientamento adottato dalla stessa Corte, partendo dal testo della medesima norma, sostiene che la cessazione degli effetti penali della sentenza in conseguenza dell'abolitio criminis si riferisca solo alle sentenze ormai non impugnabili, e non anche a quelle non definitive. La Corte ricorda inoltre che i due decreti che hanno ridotto le fattispecie penali contengono diverse soluzioni: nel caso di illeciti penali trasformati in fattispecie amministrative è previsto espressamente che le statuizioni civili rimangano ferme. Nel caso di reati che divengano illeciti civili non è espressamente previsto alcunchè in merito alla tutela degli interessi risarcitori. La Corte sottolinea, inoltre, che l'eventuale attribuzione al giudice dell'impugnazione di decidere in merito a statuizioni civili potrebbe portare la Cassazione a decidere anche nel merito.

La Suprema Corte appoggia il secondo orientamento, affermando che il testo normativo non consente al giudice dell'impugnazione di decidere sui capi risarcitori nel caso di reati abrogati e trasformati in illeciti civili.« In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile, ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice della impugnazione nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Il giudice della esecuzione, viceversa, revoca, con la stessa formula, la sentenza di condanna o il decreto irrevocabili, lasciando ferme le disposizioni e i capi che concernono gli illeciti civili».

C. COST. N. 12/2016 Esaminando un eventuale contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza ex art. 3 Cost. e di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., la Suprema Corte afferma la piena compatibilità costituzionale «di precetti in rito che determinino limitazioni o pesi per la parte civile costituita nel processo penale». Infatti i Giudici delle Leggi si sono già occupati, come ricordano le Sezioni Unite, con sentenza n. 12 del 2016, della questione dei rapporti fra l'azione civile incardinata nel processo penale. Richiamando numerose pronunce (ex pluribus n. 217/2009), la Corte aveva osservato che «nel sistema vigente l'inserimento dell'azione civile nel processo penale da vita ad una situazione processuale sostanzialmente diversa da quella determinata dall'esercizio dell'azione civile nella sede civile. E ciò in quanto quella azione assume carattere accessorio e subordinato rispetto all'azione penale ed è perciò destinata a subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale, cioè dalle esigenze, di interesse pubblico, connesse all'accertamento dei reati e alla rapida definizione dei processi».

Le Sezioni Unite annullano senza rinvio la sentenza impugnata di condanna per il reato di danneggiamento non aggravato, poiché tale fatto non è più previsto come reato. Conseguentemente, vengono revocati anche i capi della sentenza relativi agli interessi della parte civile.

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