Il danno parentale nei nuovi lavori dell'Osservatorio di Milano

Sebastiana Ciardo
23 Gennaio 2017

L'evento morte o l'illecito civile, produce, sotto il profilo dei danni che da esso ne possono derivare, effetti negativi e lesivi di molteplici interessi: taluni incidenti direttamente la sfera del soggetto danneggiato il quale perde la vita per effetto di un fatto illecito o rimane gravemente leso, altri pregiudicano la sfera degli affetti dei congiunti, ne ledono la integrità fisica o provocano pregiudizio morale ed esistenziale.Accanto, dunque, alla vittima primaria dell'illecito si collocano le vittime c.d. secondarie, danneggiati “di riflesso o di rimbalzo” poiché subiscono danni dalla morte o dalla grave lesione subita dal congiunto conseguente alla commissione dell'illecito.Il Gruppo 3 dell'Osservatorio di Milano, nel rivedere la nozione e i criteri di liquidazione, pur confermando la validità delle tabelle milanesi, oramai in uso nella gran parte dei Tribunali d'Italia dopo la validazione giurisprudenziale operata dalle sentenza 12408/2011, che ha individuato nelle tabelle milanesi un valido criterio per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, riconoscendone una vocazione nazionale (si veda anche Cass. civ., n. 14402/2011), ha, tuttavia, dato vita ad approfondimenti muovendosi su tre direttrici così sintetizzati: legittimati attivi; criteri di determinazione della oscillazione del valore rispetto alla curva dei risarcimenti; parametrazione del danno da lesione del rapporto parentale da risarcire ai congiunti residenti all'estero.
Nozione

Non solo l'uccisione di una persona, ma anche il grave ferimento è evento plurioffensivo idoneo, in quanto tale, ad estinguere o pregiudicare contemporaneamente il bene vita della vittima primaria ed il vincolo parentale con i congiunti di questa, ledendo in tale modo l'interesse, di rilevanza costituzionale, alla intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà tra i familiari.

Il danno da morte, ovvero il danno da perdita del congiunto o il danno subito per macrolesioni subite dalla vittima primaria, si riflettono per i familiari nella lesione della libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, diritti che trovano riconoscimento e tutela nelle norme di cui agli artt. 2, 29 e 30 Cost. e che si differenziano, sotto il profilo logico, sia dall'interesse alla salute (tutelato attraverso il risarcimento del danno biologico, dall'art. 32 Cost.), sia dall'interesse all'integrità morale, ai sensi dell'art. 2 Cost. (cui si riferisce il danno morale soggettivo).

Criteri di liquidazione

All'indomani della sentenza c.d. Amatucci (Cass. civ., Sez. III, 7 giugno 2011 n. 12408) - che ha riconosciuto valore paranormativo alle tabelle milanesi, in assenza di una tabella unica nazionale non ancora adottata dal legislatore né per il risarcimento del danno alla salute nel caso di macrolesioni, di cui all'art. 138 Cod. Ass., né per il danno da morte - gran parte delle Corti di merito italiane hanno adottato, quale criterio di liquidazione anche del danno parentale, le tabelle milanesi, muovendosi all'interno delle forcelle di valori monetari, previsti per ciascuna categoria di congiunti, al fine di personalizzare i risarcimenti alle peculiarità del caso concreto.

Da tempo oramai la Corte di cassazione ha scongiurato forme liquidatorie:

- ancorate ai parametri previsti per il danno biologico della vittima primaria «Poiché il danno non patrimoniale patito dai prossimi congiunti della vittima di lesioni personali va liquidato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e senza alcun automatismo, è illogico ed erroneo il criterio di liquidazione del danno in esame che quantifichi il pregiudizio in misura pari ad una frazione del danno non patrimoniale patito dalla vittima primaria» (Cass. civ., Sez. III, 13 dicembre 2012, n. 22909);

- prospettanti duplicazioni di risarcimenti: «Il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l'illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili; né tale conclusione contrasta col principio di unitarietà del danno non patrimoniale, sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26972), giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti (in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, in un caso di danno da uccisione del prossimo congiunto, aveva liquidato ai congiunti due doversi danni, definiti l'uno morale e l'altro esistenziale)» (Cass. civ., Sez. III, 20 novembre 2012, n. 20292)

L'Osservatorio ha ritenuto di confermare tali criteri e i valori monetari espressi dalle tabelle attualmente in uso.

1 -

Legittimati attivi

Attesa la lesione all'interesse all'integrità dei vincoli parentali, ne consegue che è necessario selezionare il novero dei congiunti portatori di siffatta tipologia di valori pregiudicati dalla verificazione del fatto.

A riguardo, la legittimazione viene attribuita ai prossimi congiunti in vista della sussistenza in capo a costoro di sofferenze e patemi d'animo, cagionati dalla perdita della persona cara e immediatamente ricollegabili all'illecito (cfr. Cass. civ., Sez. III, 7 maggio 1983 n. 3116). Il problema ulteriore sta nella individuazione, nell'ampia cerchia dei congiunti, dei soggetti ai quali riconoscere la legittimazione a pretendere il ristoro.

Secondo l'orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità: “il risarcimento del danno non patrimoniale, derivante dalla morte ex delicto, va riconosciuto in favore dei prossimi congiunti, iure proprio, cioè indipendentemente dalla loro qualità di eredi, quando il rapporto di stretta parentela con la vittima, le condizioni personali ed ogni altra circostanza del caso concreto evidenzino un grave perturbamento del loro animo e della loro vita familiare, per la perdita di un valido sostegno morale, e, pertanto, a prescindere dall'eventuale pregressa cessazione della situazione di convivenza con la vittima medesima, la quale di per sé non può configurare elemento indiziario idoneo a sorreggere la congettura del venir meno della comunione spirituale fra congiunti, con conseguente riduzione della sofferenza dei superstiti a un livello giuridicamente irrilevante” (Cass. cit.)

L'apertura verso l'individuazione di altri soggetti, comunque legati da vincoli affettivi con il soggetto leso, può registrarsi a partire dalla Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. III, 12 luglio 2006 n. 15760) che ha aperto uno spiraglio nei confronti di pretese risarcitorie avanzate dai conviventi, secondo principi di solidarietà sociale.

In proposito e nel delineare i valori ispiratori della tutela il Supremo collegio testualmente affermava: «Il danno da morte dei congiunti (cd danno parentale) come danno morale interessa la lesione (divenendo perdita non patrimoniale) di due beni della vita, inscindibilmente collegati:

a) il bene della integrità familiare, con riferimento alla vita quotidiana della vittima con i suoi familiari, in relazione agli artt. 2, 3, 29, 30, 31, 36 Cost. (cfr: puntuale il riferimento in C. Cost., n. 132/1985 cit.) ;

b) il bene della solidarietà familiare, sia in relazione alla vita matrimoniale che in relazione al rapporto parentale tra genitori e figli e tra parenti prossimi conviventi, specie quando gli anziani genitori sono assistiti dai figli, e ciò in relazione agli artt. 2, 3 29 e 30 Cost. L'attuale movimento per la estensione della tutela civile ai PACS (patti civili di solidarietà ovvero stabili convivenze di fatto) conduce appunto alla estensione della solidarietà umana a situazioni di vita in comune, e dunque prima o poi anche i “nuovi parenti” vittime di rimbalzo lamenteranno la perdita del proprio caro. Nel caso di specie il danno parentale interessa una societas stabilizzata con vincolo matrimoniale e discendenza legittima, onde i referenti costituzionali sono certi. Questa ricostruzione, costituzionalmente orientata e testata, consente di capire il principio informatore della tutela risarcitoria integrale di questa figura di danno morale, principio che informa regole e criteri sottostanti (Cass. civ., 12 luglio 2006 n. 15760)» .

Dunque la risarcibilità dei danni morali per la morte di un congiunto presuppone, oltre al rapporto di parentela, anche la perdita in concreto di un effettivo e valido sostegno morale, non riscontrabile in mancanza di una situazione di convivenza, ove si tratti di soggetto che, per il tipo di parentela, non abbia diritto di essere assistito anche moralmente dalla vittima (cfr. Cass. civ., Sez. III, 23 giugno 1993, n. 6938).

La selezione degli aventi diritto va, dunque, operata avendo riguardo, in primo luogo, alla famiglia c.d. “nucleare”, che ricomprende oltre al coniuge e ai figli, anche i fratelli e le sorelle, comunque legati da stretti vincoli di parentela, salvo la prova della compromissione del rapporto affettivo con la vittima; quanto agli altri parenti ed affini (nonni, nipoti, zii, cugini, cognati, ecc.), la legittimazione può esser loro riconosciuta soltanto se, oltre all'esistenza del rapporto di parentela o di affinità, concorrano ulteriori circostanze atte a far ritenere che la morte del familiare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale.

Ed ancora, e ciò anche al fine di procedere a quell'opera di “individualizzazione” sempre menzionata dalla giurisprudenza nel riferirsi ai criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, rileveranno: l'intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza, la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei superstiti, che dovranno formare oggetto di allegazione e di prova, allorquando non si possa ricorrere alle presunzioni valide solo, in particolare, per i componenti della famiglia nucleare.

A riguardo l'Osservatorio milanese, dopo avere analizzato le ultime pronunce in materia, in particolare, del Tribunale di Milano, ha ritenuto non opportuno allargare la categoria dei legittimati «che potrebbe dar luogo ad un “effetto trascinamento” pervenendo così ad un eccessivo ampliamento delle figure legittimate a chiedere il risarcimento».

Senonché, il Gruppo ha comunque puntualizzato che la convivenza del congiunto con il de cuius non costituisce più un parametro necessario alfine di ammettere la prova, anche presuntiva, dell'esistenza del pregiudizio e può accordarsi tutela ad altri legittimati purché si faccia ricorso ad altri parametri descrittivi «(si pensi al convivente more uxorio per il quale si potrà richiedere un periodo minimo di comprovata convivenza abitativa, oppure l'esistenza di parametri obbiettivi, quali la condivisione delle spese di vita per un lasso di tempo, di assicurazioni, del mutuo e così via)».

Sul punto possono essere richiamati i principi recentemente affermati dalla Corte di Cassazione proprio in tema di riconoscimento del danno parentale anche prescindendo dal parametro della convivenza, ancorché tale elemento costituisca un chiaro indice della profondità del vincolo affettivo: «Se è pur innegabile la necessità di conciliare il diritto del superstite alla tutela del rapporto parentale con l'esigenza di evitare il pericolo di una dilazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, il dato esterno ed oggettivo della convivenza non è elemento idoneo a bilanciare le evidenziate contrapposte esigenze e ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale. La convivenza può tuttavia assurgere a elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare il quantum debeatur» (Cass. civ., 20 ottobre 2016 n. 21230 dissentendo sul punto da Cass. civ., n. 4253/2014 in ordine al riconoscimento del risarcimento per la morte del nonno).

Questione dei criteri di determinazione della oscillazione del valore rispetto alla curva dei risarcimenti

Come detto, le tabelle milanesi, rispetto alle diverse categorie di congiunti, prevedono parametri liquidatori contenuti entro una forcella di valori, minimi e massimi entro cui il Giudice individua l'entità del risarcimento adeguandola al grado di lesione del rapporto parentale emergente dal caso concreto posto al suo vaglio.

In genere, in conformità agli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità, rileveranno: l'intensità del vincolo familiare, la situazione o meno di convivenza, la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei superstiti, le modalità più o meno cruente del fatto illecito, la durata della sofferenza della vittima primaria, il grado di sconvolgimento dell'esistenza della vittima secondaria.

Nell'ambito di tali parametri, l'Osservatorio ha ritenuto di individuare, in via descrittiva «indici che consentano all'interprete di muoversi verso i margini massimi, medi, o minimi a seconda della rispondenza e della prova fornita in giudizio rispetto a quanti più indicatori possibile che potrebbero essere integrati, a titolo di esemplificazione, da: convivenza, presenza di altri componenti superstiti del nucleo familiare primario, frequentazione, conduzione della vita familiare (il nonno che accompagna il nipoti tutti i giorni a scuola o che lo accudisce al pomeriggio), distanza tra il nucleo familiare leso e altri componenti della famiglia (maggiore è la lontananza minore è la portata consolatoria che normalmente è rimessa ai parenti prossimi) e così via precisando che non esiste un “minimo garantito” e che in ogni caso Per ottenere il massimo del risarcimento nelle singole ipotesi e figure di legittimati, va provato che nel caso in esame si è attuato il massimo delle sconvolgimento della relazione parentale, sia in caso di decesso che in caso di macrolesione».

Condivisibilmente il Gruppo conclude, ribadendo che, nelle motivazioni delle decisioni, non può farsi ricorso, sic et simpliciter, a criteri presuntivi e che all'onere di allegazione, incombente sulle parti corrisponde un «obbligo di motivazione descrittiva di tutti gli aspetti considerati dal Giudice, mentre vanno certamente esclusi automatismi per rendere meno ampia la forbice di liquidazione al fine di non incidere sull'obbligo di motivazione».

D'altra parte, solo un'adeguata motivazione consente di evitare una uniformazione sterile dei risarcimenti che, nell'applicazione dei parametri tabellari di matrice equitativa, non possono mai prescindere da un'opera di adeguata personalizzazione in un'ottica giustamente ristoratoria.

Questione della parametrazione del danno da lesione del rapporto parentale da risarcire ai congiunti residenti all'estero

La materia in esame ha destato particolare interesse nelle Corti di merito che, in qualche caso, hanno tenuto conto del luogo di residenza del congiunto danneggiato ai fini di parametrare le liquidazioni al tenore di vita vissuto in quel paese, al valore di scambio della moneta, alle condizioni economiche in un'ottica tipicamente risarcitoria, volta a riparare il pregiudizio facendo conseguire al danneggiato una somma di denaro effettivamente commisurata alla diminuzione patita, così come valutata secondo valori monetari adeguati a quelli esistenti nel paese di residenza del danneggiato.

Si è, infatti, ritenuto che il risarcimento abbia una funzione surrogante e le soddisfazioni compensative date dal denaro dipendono dal suo valore nel paese in cui lo stesso viene speso, sicché le condizioni socio-economiche dell'area in cui vive il danneggiato possono costituire uno dei parametri da tenere in considerazione nella determinazione dell'obbligazione risarcitoria).

Sul punto, tuttavia, l'analisi deve muovere dagli importanti principi espressi in maniera approfondita per la prima volta dalla sentenza Cass. civ., n. 450/2011 – che possono così sintetizzarsi:

a) viene riaffermato il principio già espresso dalle precedenti pronunzie, sulla piena tutela dei diritti fondamentali della persona, ragionando sul coordinamento tra l'art. 16 prel., che rimane in vigore per i diritti civili e di diritto privato (es. diritto di proprietà, tant'è che il danno alle cose è escluso per gli extracomunitari, non per i cittadini europei che non possono essere discriminati in virtù delle norme del Trattato) e gli artt. 2 e 10 Cost.;

b) viene precisato che, ai fini di assicurare allo straniero pieno risarcimento, deve allo stesso riconoscersi la possibilità di avvalersi dei medesimi strumenti risarcitori apprestati al cittadino e ciò, in particolare, vale per il caso in cui, come nella materia dei sinistri stradali, questi voglia rivolgersi ad un soggetto terzo, rispetto al danneggiante (es. proprietario non conducente, assicuratore e Fondo di Garanzia), dovendosi accordare parità di tutela ai sensi dell'art. 3 Cost., ai fine di garantire l'uguaglianza di trattamento e di protezione, oltre che art. 10 Cost. e art. 14 Convenzione Europea diritti dell'uomo;

c) ciò vale anche per il danno parentale, che, integrando una lesione dell'intangibilità della sfera degli affetti familiari, dotati di copertura costituzionale (art. 2, 29 e 30 Cost.), merita protezione;

d) viene, ancora, chiarito, che non rileva il luogo di residenza del danneggiato, che può anche risiedere all'estero, ma è necessario che il fatto lesivo patito dalla vittima primaria sia accaduto nel territorio italiano;

e) la tutela risarcitoria investe ogni forma di danno - conseguenza, patrimoniale e non patrimoniale, in maniera integrale, direttamente discendente da un fatto lesivo che abbia colpito la vittima primaria, o il danneggiato pregiudicando un suo diritto fondamentale; in altri termini, ai fini di superare la limitazione contenuta nell'art. 16 preleggi è sufficiente che il tipo di lesione arrecato abbia inciso un diritto fondamentale della persona (es. salute), affinché discenda il pieno diritto dello straniero, compreso l'extracomunitario, ad essere integralmente risarcito in ogni componente del danno patrimoniale e non patrimoniale.

I principi sono stati tutti integralmente richiamati dalla più recente giurisprudenza di legittimità che ha, infatti, ribadito: «La realtà socioeconomica nella quale vive il soggetto danneggiato da un fatto illecito ed in cui la somma da liquidare è presumibilmente destinata ad essere spesa è del tutto irrilevante ai fini della liquidazione del danno aquiliano, atteso che si tratta di un elemento estraneo all'ambito dell'illecito e che -ove venisse considerato-determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento ed una lesione del principio di integralità del risarcimento (fattispecie relativa ad un sinistro occorso ad un minore straniero mentre si trovava in Italia) (Cass. civ., 12 giugno 2015 n. 12221)»; «In materia di illecito aquiliano, ai fini della liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, il giudice del merito non deve tenere conto della realtà socio-economica nella quale la somma da liquidare è presumibilmente destinata a essere spesa, poiché tale elemento è estraneo al contenuto dell'illecito e, ove considerato, determinerebbe una irragionevole lesione di un valore della persona umana. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto ininfluente - ai fini della liquidazione del danno conseguente ad un sinistro stradale con esito mortale - la nazionalità straniera della vittima, in Italia per ragioni di lavoro) (Cass. civ., 13 novembre 2014 n. 24201)» .

L'Osservatorio, nel trattare l'argomento dei congiunti di una vittima primaria colpita da un illecito accaduto nel territorio dello Stato, tutti residenti all'estero, ha richiamato una recente pronuncia della Corte di Appello di Milano, di contrario avviso, per la quale: «la liquidazione risarcitoria non potrà avvenire sulla base assoluta dei parametri vigenti nella realtà italiana, bensì dovrà trovare elettivo e primario indice di riferimento nel luogo di abituale ed effettiva residenza dei danneggiati dovendo il danno non patrimoniale, che assume connotazione monetaria, essere ragguagliato alla realtà socio economica in cui vivono i soggetti danneggiati, trattandosi di attribuire una somma di danaro che, secondo accreditati, prevalenti criteri di valutazione, possa per essi rappresentare un congruo compenso della sofferenza indotta)».

Il tema evidentemente oggetto di vivace dibattito all'interno del gruppo di lavoro, non ha consentito di pervenire a soluzioni unitarie, ancorché, come detto, trovi unanime soluzione presso il Giudice di legittimità e, in via conclusiva, l'approdo è stato quello di indicare «il criterio della residenza quale parametro utile al fine di graduare il risarcimento nel senso che, laddove la persona viva in uno Stato in cui il costo della vita è di gran lunga inferiore, il Giudice può tenerne conto».

In conclusione

La ripresa dei temi del danno ai congiunti della vittima primaria dell'illecito ad opera del gruppo di lavoro dell'Osservatorio milanese ha costituito senza dubbio un importante momento di confronto su argomenti che impegnano quotidianamente le corti di merito italiane.

Alcuni approdi del dibattito – si indicano a titolo di esempio la direttrice dei legittimati passivi o della specificazione di taluni indici da vagliare al momento della parametrazione dei risarcimenti – possono costituire validi spunti di riflessione da esportare in un'ottica uniformatrice che da sempre caratterizza la metodologia di lavoro dell'Osservatorio.

Tuttavia devono segnalarsi taluni argomenti, rimasti sullo sfondo della discussione che, di contro, meriterebbero un'analisi approfondita quali, in particolare, i criteri risarcitori per i danni parentali ai congiunti nel caso di macrolesioni.

Sul punto, le tabelle prevedono che il relativo risarcimento debba essere disancorato dal danno biologico della vittima primaria e si debba tener conto dei due parametri dell'intensità del vincolo affettivo e del grado di compromissione della vita familiare; unico limite previsto è quello del tetto massimo indicato per il danno da morte del congiunto, in corrispondenza di ciascun vincolo.

Potrebbero essere adottati i seguenti criteri liquidativi alternativi:

a) si attribuisce una posta equitativa;

b) si prendono in considerazione i parametri delle tabelle milanesi per il danno da morte, corrette in diminuzione seppur motivando con l'indicazione che ad essere risarciti sono valori differenti, comunque ricompresi nell'ambito della medesima categoria del danno parentale.

In linea generale, la tecnica preferibile è quella di attribuire una somma omnicomprensiva, individuata attraverso una forbice che tenga conto degli elementi indicati (intensità del vincolo, convivenza, età della vittima e dei familiari, gravità dell'offesa ed altro) e consenta al giudice di parametrare il risarcimento evitando automatismi.

Ma certamente, potrebbe essere auspicabile l'individuazione di una forcella di valori, minimi e massimi, provenienti dall'Osservatorio milanese, pur nella diversità dettata dalle necessarie personalizzazioni, nell'obiettivo dianzi indicato di una conformazione generale dei risarcimenti nella materia in esame.

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