Il nuovo art. 590-sexies c.p. e le novità in materia di responsabilità penale degli operatori sanitari

19 Aprile 2017

La legge Gelli dovrebbe fornire maggiori garanzie ai sanitari nello svolgimento della propria professione, a fronte del sempre più diffuso problema della medicina difensiva, e al contempo prevedere nuovi meccanismi a garanzia del diritto al risarcimento da parte dei cittadini eventualmente danneggiati da un errore medico. Il settore della responsabilità penale, in particolare, viene modificato dall'art. 6; sull'effettiva portata innovativa della riforma, tuttavia, sorgono alcune perplessità già ad una prima lettura del testo.
Il nuovo articolo 590-sexies c.p.

L'art. 6 della legge Gelli Bianco introduce una nuova norma all'interno del codice penale: l'art. 590-sexies c.p. Si tratta di un'ipotesi di esclusione della punibilità espressamente prevista per gli esercenti la professione sanitaria che nell'esercizio della loro professione, abbiano cagionato la morte o delle lesioni al paziente, quindi uno dei reati previsti dagli artt. 589 o 590 c.p.

I requisiti richiesti perché l'esimente suddetta possa trovare applicazione e quindi il sanitario possa andare esente da responsabilità sono che lo stesso abbia agito per colpa dovuta ad imperizia e si sia attenuto nelle sue scelte professionali al rispetto delle linee guida - oggi accreditate, come si vedrà - o, in assenza, alle buone pratiche sanitare, purché idonee alle specificità del caso concreto.

Come noto, in materia di responsabilità professionale del sanitario era già stata introdotta un'esimente speciale ad opera dell'art. 3 comma 1 del d.l. n. 158/2012 convertito con modifiche nella l. 189/2012. La norma prevedeva l'esclusione della responsabilità per gli esercenti la professione sanitaria che nell'esercizio della propria attività avessero commesso un reato colposo, purché tale comportamento fosse dovuto a colpa lieve. L'ulteriore requisito richiesto dalla norma era che il sanitario avesse agito nel rispetto delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.

Si trattava di una forma di abolitio criminis parziale, poiché comportava la riduzione delle condotte penalmente rilevanti addebitabili agli operatori sanitari a quelle connotate da colpa grave. L'articolo, però, aveva sollevato una serie di problematiche applicative su cui si è espressa, in maniera talvolta oscillante, la stessa giurisprudenza e che hanno influito della stesura del testo definitivo della norma in esame.

Il legislatore della riforma, quindi, ha cercato di superare queste problematiche, spesso facendo proprio l'interpretazione dominante in giurisprudenza. Il testo così licenziato rischia però di sollevare a sua volta ulteriori dubbi interpretativi o, addirittura, di aver una portata applicativa in concreto molto ridotta.

L'esimente della colpa lieve introdotta dalla legge Balduzzi è oggi espressamente abrogata dalla riforma.

L'introduzione della rilevanza del grado della colpa

La recente riforma in materia di responsabilità penale, pertanto, si inserisce nel solco già tracciato dalla c.d. legge Balduzzi. Come anticipato, tale norma aveva creato non pochi problemi applicativi, rispetto ai requisiti richiesti per la sua applicazione. In particolare la giurisprudenza si è pronunciata principalmente su tre questioni, che hanno poi influenzato le scelte del legislatore della riforma.

L'art. 3 della legge Balduzzi aveva introdotto tra i requisiti applicativi dell'esimente l'aver il soggetto agito per colpa lieve, circoscrivendo dunque la rilevanza penale delle sole condotte connotate da colpa grave.

In ambito penale non esiste una definizione normativa di colpa “lieve” o di colpa “grave”; si tratta di una definizione mutuata dall'esperienza civilistica. L'unico riferimento normativo al grado della colpa si trova nell'art. 133 c.p. in relazione ai parametri di riferimento per il giudice nella determinazione della pena.

La giurisprudenza ha dovuto pertanto elaborare dei criteri distintivi, per circoscrivere le ipotesi di colpa lieve, penalmente non più rilevanti. In particolare si è ritenuto che la distinzione dovesse avvenire alla luce di una valutazione complessiva della vicenda, tenendo conto delle peculiari condizioni del caso concreto. Assumerebbero rilievo, quali parametri da considerare, un “profilo oggettivo” dato dalla misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella da attendersi in base alla norma cautelare violata, e uno “soggettivo”, che riguarda l'agente in concreto legato alle specifiche condizioni del soggetto agente, alla sua professionalità, alla motivazione della condotta, alla complessità e alla difficoltà dell'atto medico richiesto (ex plurimis, Cass. pen., sez. IV, n. 47284/2014).

Segue. Il riferimento alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica

La norma, inoltre, aveva anche inserito un riferimento espresso alla linee guida ed alle buone pratiche sanitarie. Anche in questo caso, occorre precisare che ad oggi non esiste una definizione normativa di “linea guida” e fino all'entrata in vigore della legge in commento non vi era nemmeno una fonte univoca e comune a cui far riferimento per individuare le linee guida più accreditate. La nuova riforma, invece, prevede all'art. 5 la creazione di una banca dati nazionale, una raccolta di linee guida scientificamente riconosciute e approvate.

Secondo la giurisprudenza elaborata finora le linee guide rappresenterebbero una codificazione del sapere scientifico e tecnologico volte ad orientare in modo efficiente ed appropriato le decisioni terapeutiche. Sarebbero equiparabili a delle direttive generali, delle istruzioni di massima da applicare in concreto senza automatismi non, invece, a delle vere e proprie norme cautelari (la loro violazione non determinerebbe pertanto un'ipotesi di colpa specifica). Le stesse rappresenterebbero un'indicazione di comportamento per i medici, alle quali per conformare il proprio operato, ma anche allo stesso tempo un parametro di valutazione per i giudici.

Secondo la giurisprudenza consolidata sul punto rimaneva, però, in capo al sanitario il non facile onere probatorio di dimostrare che le linee guida da lui seguite nel caso concreto fossero accreditate dalla comunità scientifica e fossero quelle più adatte all'attività o all'operazione medica svolta.

Inoltre, le pronunce in materia di responsabilità medica si sono orientate nel senso di ritenere opportuno che in ogni caso, il comportamento del medico si conformasse alle specificità del caso concreto senza seguire, se necessario, le indicazioni delle linee guida. Non rientrerebbe pertanto nella colpa lieve la condotta del sanitario che si sia attenuto alle linee guida quando le specificità del quadro clinico del paziente avrebbe imposto un percorso terapeutico diverso (si veda tra le altre Cass. pen., sez. IV, n. 47284/2014).

Segue. L'ambito applicativo rispetto alle diverse ipotesi di colpa dovuta ad imperizia, negligenza o imprudenza

L'ultimo problema applicativo in merito all'esimente introdotta dalla legge Balduzzi riguardava la possibilità di una sua applicazione alle sole ipotesi di colpa dovute ad imperizia o anche ai casi di comportamento colposo per negligenza o imprudenza. Sul punto si confrontano oggi due orientamenti giurisprudenziali. Secondo una lettura più restrittiva, oggi maggioritaria, la norma sarebbe applicabile solo ove il comportamento del medico sia dovuto ad imperizia, muovendo dal rilievo che le linee guida conterrebbero solo regole di perizia (tra le altre Cass. pen., sez. IV, n. 16944/2015). Il secondo orientamento, invece, minoritario, ma più recente, estenderebbe la rilevanza dell'esimente della colpa lieve anche ad addebiti diversi dall'imperizia, evidenziando come la norma non ponga nessuna distinzione e come le linee guida prevedano anche, ad esempio, raccomandazioni rispetto alle quali il parametro valutativo della condotta del soggetto agente sia quello della diligenza (tra le altre Cass. pen., sez. IV, n. 23283/2016).

Con la nuova riforma della responsabilità in ambito sanitario, l'esimente suddetta è stata abrogata e quindi tali problematiche risultano apparentemente superate, ma rappresentano il punto di partenza che ha portato alla riforma oggi in esame, nonché un primo parametro valutativo del nuovo approdo legislativo.

Le nuove disposizioni in materia di responsabilità penale degli operatori sanitari: elementi innovativi e prime riflessioni critiche. Ambito applicativo

La norma di recente approvazione quindi, come anticipato, introducendo l'art. 590-sexies c.p., disciplina una nuova ipotesi di esimente per i soggetti esercenti la professione sanitaria che nell'ambito della propria attività abbiano cagionato per colpa lesioni personali o la morte del paziente (ai sensi degli artt. 589 e 590 c.p.). Il beneficio dell'irresponsabilità penale troverà applicazione alle sole ipotesi di condotta colposa per imperizia, purché il sanitario abbia agito nel rispetto delle linee guida accreditate, o in assenza delle buone pratiche sanitarie, conformi alla specificità del caso concreto.

La norma, quindi, per superare le problematiche già evidenziate emerse in sede di applicazione dell'esimente di cui alla legge Balduzzi, modifica in parte l'ambito applicativo nonché i requisiti richiesti per l'applicabilità dell'esimente stessa. Modifiche che, però, non paiono, ad una prima lettura in attesa dell'interpretazione che verrà data dalla giurisprudenza, risolutive.

L'art. 590-sexies c.p. prevede che la nuova esimente introdotta trovi applicazione solo in riferimento alla commissione dei reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p., espressamente richiamati. La legge Balduzzi aveva invece un ambito applicativo più ampio, poiché era riferibile a tutti i reati colposi commessi dal sanitario nell'esercizio delle sue funzioni.

Seppure sia innegabile che terreno di elezione dell'esimente fossero i reati di lesioni colpose e omicidio colposo di più frequente commissione nell'ambito dell'attività medica a seguito di un errore sanitario, rimanevano alcune ipotesi residuali, come ad esempio il reato di interruzione colposa di gravidanza. Queste ipotesi, che potevano essere scriminate dall'esimente della colpa lieve della legge Balduzzi, non sono invece oggi più ricomprese nel testo della riforma.

Segue. Eliminazione della distinzione del grado della colpa

Tra le novità più significative apportate dalla la norma in esame vi è l'eliminazione della distinzione tra colpa lieve e colpa grave, distinzione che, come detto, in effetti aveva creato non pochi problemi interpretativi.

L'art. 590-sexies richiede l'elemento soggettivo della colpa, genericamente inteso, estendendosi quindi anche alla colpa grave. Ad una prima lettura quindi, si potrebbe ritenere che il testo della riforma sia più favorevole rispetto a quello della l. 189/2012, poiché ricomprende anche le ipotesi di colpa grave, oltre alla colpa lieve. In realtà, da un punto di vista di applicazione concreta, non si può non evidenziare come pare difficile che si possa verificare un caso in cui la condotta del sanitario sia connotata da colpa grave quando il soggetto abbia agito, in maniera perita, nel rispetto delle linee guida.

Segue. Il riferimento alle sole ipotesi di colpa dovuta ad imperizia

L'ambito applicativo della nuova esimente è inoltre stato circoscritto alle sole ipotesi di comportamento colposo dovuto ad imperizia, in tal modo dando seguito all'orientamento giurisprudenziale maggioritario, più restrittivo, elaborato in riferimento alla legge Balduzzi. I comportamenti degli operatori sanitari dovuti a negligenza o imprudenza rimarranno in ogni caso, pertanto, penalmente rilevanti.

In una materia connotata da particolare complessità come quella medica, in realtà, il confine tra una condotta imperita o negligente o imprudente non è sempre così netto ed evidente, posto che l'imperizia rappresenta una forma di imprudenza o negligenza “qualificata” riferibile ad attività che esigono particolari conoscenze tecniche.

Inoltre, si evidenza ancora come susciti perplessità la scelta di prevedere quali requisiti una condotta colposa imperita e allo stesso tempo rispettosa delle linee guida. Requisiti che si pongono di fatto in contrapposizione uno con l'altro. La norma sembrerebbe quasi richiedere una sorta di “imperizia perita”. Non è, infatti, chiaro come possa sussistere un profilo di imperizia – intesa come violazione di regole tecniche - quando il sanitario abbia agito seguendo le indicazioni fornite dalla linee guida o dalle buone pratiche, adattandole al caso concreto.

In realtà – ed è questo l'aspetto meno convincente della legge di riforma – sembrerebbe non residuare nemmeno un profilo di colpa, così come disciplinata dall'art. 43, comma 3 c.p. nella condotta di colui che abbia agito nel rispetto delle linee guida e tenendo conto della specificità del caso concreto, anche eventualmente discostandosi dalle prescrizioni delle guidelines. Quale potrebbe essere, infatti, il profilo di rimproverabilità, in relazione alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento, del soggetto agente che, valutate le condizioni peculiari del paziente, abbia operato in maniera conforme alle indicazioni ricevute dalla comunità scientifica o se ne sia discostato perché richiesto dal caso concreto?

Segue. Il rispetto delle linee guida adeguate alla specificità del caso concreto

La norma si richiama, così come era già indicato della legge Balduzzi, alla corretta applicazione delle linee guida o, in assenza di queste, alle buone pratiche clinico - assistenziali.

La legge 24/2017 introduce, sul punto, un'altra importante novità. L'art. 5 individua una serie di soggetti che possono accreditarsi per l'elaborazione delle linee guida e prevede la creazione di un sistema nazionale per le linee guida reperibile sul sito dell'Istituto Superiore di Sanità.

La previsione della creazione di una banca dati delle linee guida va a colmare una lacuna lamentata rispetto alla legge Balduzzi, rispondendo ad un'esigenza pratica di certezza evidenziata anche dalla giurisprudenza. Tale norma infatti faceva riferimento alle linee guida, ma non specificava quali fossero quelle accreditate dalla comunità scientifica né prevedeva un compendio, una banca dati a cui i sanitari - e il giudice stesso - potessero attingere.

L'introduzione di una banca dati delle linee guida a cui il medico è tenuto ad attenersi nello svolgimento della propria attività rappresenta, quindi, un punto di riferimento importante onde evitare, come spesso accadeva sotto il vigore della legge Balduzzi, che la valutazione dell'operato dei medici fosse rimesso praticamente all'analisi dei consulenti, ma di contro il rischio è quello di irrigidire troppo, di standardizzare in maniera eccessiva una materia strettamente connessa al singolo caso concreto.

Inoltre, il legislatore non precisa quali saranno i criteri che dovranno essere seguiti dalla comunità scientifica per individuare le linee guida da inserire nella banca dati. Infine, alcune perplessità suscita il fatto che non venga fatto alcun richiamo alle linee guida elaborate a livello internazionale. È dubbio, pertanto, se possano continuare ad essere usate come riferimento dai sanitari, come oggi avviene, o se ciò non sarà più possibile per poter andare esenti da responsabilità.

Rimane, infine un problema pratico applicativo non irrilevante, ossia quali saranno le linee guida da prendere come riferimento nelle more della creazione di questo sistema nazionale che dovrà coprire tutte le innumerevoli branche della medicina.

In ogni caso la valutazione in merito alla correttezza dell'operato del medico dovrà essere fatta non solo tenendo conto delle linee guida, ma anche e soprattutto delle peculiarità del caso concreto. In questo caso, la riforma rende esplicito un approdo giurisprudenziale già consolidato in merito alla legge Balduzzi: la necessità di parametrare l'attività medica alla specificità del caso concerto eventualmente discostandosi dalle linee guida.

Il sanitario sarà pertanto tenuto a discostarsi dalle linee guida tutte le volte in cui lo impongano le peculiarità della fattispecie concreta. Non è però chiaro come e quando il sanitario sarà tenuto a discostarsi e quale valutazione critica dovrà effettuare. In assenza di parametri normativi più specifici, sarà pertanto rimessa al giudice l'analisi sull'adeguatezza del comportamento del sanitario.

In conclusione

La legge 24/2017 introduce quindi una riforma in materia di responsabilità degli esercenti le professioni sanitari di più ampio respiro, volta a ridurre il contenzioso in tale materia, a rispondere ad esigenze di maggior tutela ai medici che agiscano nel rispetto delle linee guida e allo stesso tempo creare percorsi più idonei e sicuri per le richieste di risarcimento del danno conseguente a malpractice medica

Da una prima lettura del testo approvato, la nuova formulazione dell'esimente di cui all'art. 6 della legge Gelli-Bianco non pare realmente risolutiva rispetto alle problematiche emerse dalla applicazione della legge Balduzzi. Anzi, sono evidenziate non poche criticità, non solo sull'interpretazione del nuovo articolo introdotto nel codice penale, ma addirittura sulla sua effettiva portata applicativa. Sembra infatti difficile immaginare in concreto un caso in cui sussistano tutti i requisiti richiesti per poter applicare il beneficio dell'irresponsabilità penale: la colpa per imperizia e il rispetto delle linee guida conformi al caso concreto. I presupposti della causazione dell'evento per colpa dovuta ad imperizia, del rispetto delle linee guida e dell'adeguatezza alle specificità del caso concreto delle linee guida sembrerebbero, infatti, escludersi a vicenda. L'agire del sanitario nel rispetto delle linee guida adeguandosi alla specificità del caso concreto non consentirebbe di configurare non solo un'ipotesi di imperizia, ma nemmeno un profilo di colpa.

Occorrerà attendere l'entrata in vigore della norma e l'interpretazione che ne verrà data dalla giurisprudenza per capire quale sarà la sua la sua concreta portata applicativa e quindi se il nuovo testo di legge sia effettivamente innovativo o non si riveli, come parrebbe, invece non risolutivo delle problematiche proprie della professione sanitaria.

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