È vessatoria la clausola che disincentiva il ricorso al carrozziere di fiducia
18 Maggio 2017
IL CASO Una donna adisce il Giudice di Pace di Torino chiedendo una valutazione sulla legittimità della clausola assicurativa “riparazione confort” , denunziando violazione degli obblighi di trasparenza e buona fede ex artt. 1337 c.c. e artt. 131 e 184 cod. ass. ll Giudice di Pace, nel decidere secondo equità, respinge la sua domanda. La donna ricorre dunque in appello, ritenendo che una previsione atta a limitare, se non addirittura ad escludere, l'obbligo indennitario dell'assicuratore, debba quantomeno essere adeguatamente pubblicizzata e accettata dall'assicurato.
LA CAUSA NON POTEVA ESSERE DECISA SECONDO EQUITÀ Il Tribunale anzitutto chiarisce che il Giudice di Pace, ex art. 113, comma 2, c.p.c., decide secondo equità le cause di valore inferiore a millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 c.c. Dal momento che il contratto assicurativo rientra tra quelli conclusi ex art. 1342 c.c., il Tribunale afferma che la causa non poteva essere decisa secondo equità.
CLAUSOLA VESSATORIA? La clausola in questione prevede che «se l'assicurato decide a) di riparare il proprio veicolo presso altra officina o carrozzeria non convenzionata con la Società, per le garanzie.. omissis…, Eventi Socio Politici,… è applicato lo scoperto del 20%c aggiuntivo rispetto a quello pattuito sulla Sxcheda di polizza; se quest'ultimo non è pattuito, è comunque applicato lo scoperto del 20%».
RESTRIZIONE DELLA LIBERTÀ CONTRATTUALE DELL'ASSICURATO Il Tribunale di Torino conferma che tale clausola penalizza di fatto la scelta di fruire di una carrozzeria/officina di fiducia, in quanto stabilisce un aumento della percentuale di scoperto - più del doppio - rispetto al 10% previsto in caso di riparazione tramite convenzionata. Questo comporta una restrizione della libertà contrattuale dell'assicurato, tanto più che non risulta dal prospetto di polizza che tale clausola sia stata oggetto di specifica trattativa individuale né che la stessa sia stata specificatamente richiamata e approvata in calce al contratto. L'assicuratore, dal canto suo, non era riuscito a dimostrare che la donna avesse accettato il contenuto della clausola in questione, limitandosi a declamare «come l'assicurata non potesse non sapere, avendo sottoscritto il contratto di polizza, e di essere a conoscenza che il contratto fosse regolato dalle Condizioni di Assicurazione edizione 1 maggio 2013». Già Cass. civ. n. 26225/2009 e Cass. civ. n. 5733/2008 avevano chiarito che «la sottoscrizione del generico richiamo alle condizioni di assicurazione, perché inidoneo a focalizzare l'attenzione del contraente debole sull'effettiva portata e contenuto delle singole clausole, sia inidonea a dimostrarne l'accettazione da parte dell'assicurato».
Il Tribunale condanna, dunque, la parte convenuta al pagamento dell'importo di 500 euro, pari alla differenza tra il danno patito, la franchigia contrattualmente applicabile e la minore somma corrisposta dalla compagnia assicuratrice. |