Incastrata tra i vagoni della metro: spetta ad ATM la prova di aver cercato di evitare il danno
19 Gennaio 2017
IL CASO Una donna, nel tentativo di scendere da un vagone della metropolitana di Milano, rimane incastrata tra i battenti delle porte in chiusura, attribuendo le lesioni personali subite al cattivo funzionamento delle porte del treno. Avanza quindi domanda di risarcimento danni nei confronti della ATM S.p.a.; sia il Tribunale che la Corte d'appello rigettano però la sua richiesta. I giudici di merito, infatti, avevano considerato che la negligenza della donna nell'aver ignorato i segnali acustici ed il divieto di interporre ostacoli alla chiusura delle porte, fosse tale da liberare ATM S.p.a. dalla presunzione di colpevolezza da cui era gravata ex art. 1681 c.c.
OBBLIGO DI PROVARE DI AVER ADOTTATO OGNI MISURA PER SUPERARE IL DANNO La donna ricorre ora in Cassazione, certa che un suo eventuale concorso di colpa non potesse escludere la responsabilità del vettore. Censura dunque la Corte D'Appello per aver ritenuto la sua condotta colposa bastevole ad escludere, in capo ad ATM, l'obbligo di provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Tali misure consistono nei dispositivi antischiacciamento, che consentono la riapertura automatica delle porte in caso di ostacoli che impediscano la loro chiusura completa, e nell'obbligo del macchinista di verificare l'avvenuta chiusura di tutte le porte prima della riapartenza del convoglio. La ricorrente sostiene che i primi erano evidentemente malfunzionanti, invero non presenti, e che il macchinista era altresì ripartito, per poi fermarsi solo in un secondo momento.
IL CONCORSO DI COLPA NON DETERMINA IL SUPERAMENTO DELLA PRESUNZIONE La Cassazione afferma che il motivo di ricorso è fondato e, pur valutando la negligenza della donna, non considera la sua condotta tale da determinare «ex se il superamento della presunzione». La donna avrebbe dovuto sì prestare attenzione alla segnaletica acustica e all'obbligo di non porre ostacoli alla chiusura delle porte, ma queste non si sarebbero dovute chiudere ed il macchinista avrebbe dovuto comunque verificarne la corretta chiusura prima di far ripartire il convoglio. A parere della Suprema Corte, i giudici di merito non avevano accertato che l'ATM avesse adottato «tutte le misure idonee ad evitare il danno».
La Cassazione ricorda infine il seguente principio di diritto: «nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l'onere di provare, oltre all'esistenza e all'entità del danno, il nesso esistente fra il trasporto e l'evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall'art. 1681, comma 1, c.c., la prova che l'evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando l'ordinaria diligenza, ferma restando la possibilità che l'eventuale condotta colposa del danneggiato assuma rilievo ai sensi della previsione dell'art. 1227 c.c. (cfr. Cass. civ., n. 11194/2003)».
La Corte accoglie dunque il ricorso e rinvia gli atti alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione. |