Fallo di gioco durante partita di basket: nessun risarcimento

Redazione Scientifica
19 Aprile 2017

Il comune fallo nel gioco è previsto nel regolamento e considerato come evento attendibile e regolato qualora non sia del tutto avulso dal contesto di gioco, sempre che sia attuato con modalità proporzionate rispetto al risultato e non configuri un intervento oggettivamente pericoloso per l'incolumità altrui.

IL CASO Un giocatore di pallacanestro minore di anni sedici, durante una partita d'allenamento, viene colpito con un pugno sul volto da un compagno, e riporta una frattura ossea. Il giudice di merito accoglie la richiesta di risarcimento avanzata dai genitori del minore mentre la Corte d'appello di Milano riforma la decisione di primo grado e rigetta il ricorso. Il danneggiato ricorre ora in Cassazione deducendo l'omessa prova da parte dell'associazione della predisposizione di tutte le misure idonee ad evitare il fatto e riproponendo l'argomento posto a base della decisione di prime cure secondo cui «non è sufficiente la prova negativa della mancanza di colpa, occorrendo la prova positiva di aver adottato tutte le cautela e precauzioni necessarie perché il fatto non si verifichi».

RESPONSABILITÀ OGGETTIVA La Cassazione ricorda che l'ipotesi di responsabilità oggettiva prefigurata dal ricorrente non trova alcun riscontro normativo nell'art. 1218 c.c. né tantomeno nell'art. 2948, commi 2 e 3 c.c. come interpretato dalla stessa Corte secondo cui la presunzione di responsabilità ex art. 2048 c.c. non è assoluta, bensì configura una responsabilità soggettiva aggravata in ragione dell'onere incombente all'insegnante o al precettore di fornire la prova liberatoria, «onere che risulta assolto in relazione all'esercizio, da accertarsi in concreto, di una vigilanza adeguata all'età e al normale grado di comportamento dei minori loro affidati» (Cass. civ., sez. III, 23 luglio 2003 n. 11453).

IL FALLO DI GIOCO, EVENTO ATTENDIBILE Secondo i Giudici di legittimità, la Corte territoriale aveva correttamente fondato la propria ricostruzione su quanto emerso dagli atti processuali, evidenziando altresì come lo stesso danneggiato avesse escluso una volontà lesiva nel comportamento dell'altro giocatore. L'incidente si era verificato infatti durante una partita d'allenamento ed era seguito ad un'azione di gioco, supervisionata dai due istruttori, tra giocatori appartenenti alla medesima associazione sportiva e minori di anni sedici. È dunque corretto che sia stato ritenuto assolto l'onere della prova liberatoria della non imputabilità dell'evento lesivo a difetto di vigilanza sia sotto il profilo dell'idoneità delle misure preventive e della situazione ambientale, sia della repentinità e non prevedibilità dell'evento. Il comune fallo nel gioco è previsto nel regolamento e considerato come evento attendibile e regolato qualora non sia del tutto avulso dal contesto di gioco, non sia, pur inserito nel contesto, attuato con modalità sproporzionate rispetto al risultato o qualora non configuri invece un intervento oggettivamente pericoloso per l'incolumità altrui.

PRINCIPIO DI DIRITTO La Corte, ricorda infine il principio di diritto in materia di responsabilità per il danno cagionato nello svolgimento di attività sportiva dal soggetto sottoposto a vigilanza dell'insegnante o precettore, secondo cui : «il criterio per individuare in quali ipotesi il comportamento che ha provocato il danno sia esente da responsabilità civile sta nello stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo, collegamento che va escluso se l'atto sia stato compiuto allo scopo di ledere, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco, con la conseguenza che sussiste in ogni caso la responsabilità dell'agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell'attività svolta; la responsabilità non sussiste invece se le lesioni siano la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell'attività, e non sussiste neppure se, pur in presenza di violazione delle regole proprie dell'attività sportiva specificamente svolta, l'atto sia a questa funzionalmente connesso. In entrambi i casi, tuttavia il nesso funzionale con l'attività sportiva non è idoneo ad escludere la responsabilità tutte le volte che venga impiegato un grado di violenza o irruenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato, ovvero col contesto ambientale nel quale l'attività sportiva si svolge in concreto, o con la qualità delle persone che vi partecipano» (Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2002 n. 12012).