Fatto illecito mortale commesso da più corresponsabili
20 Aprile 2017
Un pedone, a seguito di investimento subito da un veicolo, viene proiettato al suolo e subisce gravissime lesioni molto probabilmente mortali. Il pedone è ancora vivo allorché viene travolto da un altro veicolo e muore sul colpo. Chi dei due conducenti è tenuto a risarcire gli eredi del pedone per il danno da morte del congiunto?
Il problema nel diritto romano classico Il problema è dibattuto fin dai tempi del diritto romano classico. Il caso era quello di uno schiavo da taluno ferito mortalmente e dopo qualche tempo finito da un altro. Celso sosteneva che dei due che hanno inferto ferite mortali allo schiavo:
Giuliano, che polemizzava con Celso per la sottigliezza della sua mente analitica, sosteneva invece che entrambi rispondono per l'uccisione in base all'analogia con l'omicidio causato da più feritori, imputato ad essi dall'auctoritas veterum. Giuliano, a sostegno della sua tesi, affermava «che se taluno troverà assurda questa soluzione, pensi a quanto più assurdo sarebbe scagionare entrambi i feritori o tenerne responsabile uno più dell'altro, quando occorre da un canto che i delitti non restino impuniti, e dall'altro non sia facile stabilire chi dei due abbia la responsabilità più grave secondo la Lex Aquilia».
Il problema nel diritto vigente Il problema del concorso tra più agenti, nel diritto vigente, si risolve agevolmente attraverso una corretta applicazione della normativa di cui all'art. 2055 c.c. Tale norma detta tre regole previste rispettivamente dai tre commi che la compongono.
Ne consegue che, in perfetta applicazione di tali principi, a fronte di un fatto illecito plurisoggettivo (come quello del quesito) che abbia prodotto un danno nei confronti di un soggetto, tutti quelli che vi hanno preso parte, sia che abbiano avuto all'interno dell'episodio un ruolo di primo piano o soltanto un ruolo secondario, non soltanto sono responsabili del danno, ma sono solidalmente responsabili sia per rafforzare la garanzia patrimoniale del danneggiato, che potrà rivolgersi alternativamente o cumulativamente verso uno solo o più persone per chiedere il risarcimento dell'intero danno subito, sia per alleggerire la sua situazione processuale, non essendo egli onerato di dover provare la misura delle rispettive responsabilità, che rimane un dato eventuale, di rilevanza meramente interna, finalizzato allo scopo dell'esercizio, attuale o anche successivo, dell'azione di regresso.
La soluzione Gli eredi ed i congiunti del danneggiato, nel caso in esame, sulla scorta della suddetta norma (art. 2055 c.c.) e dei principi su indicati, costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ben potranno rivolgere le proprie richieste ad uno solo dei condebitori solidali (ed alla sua impresa di assicurazione della R.C.A. obbligatoria) ovvero ad entrambi (ed alle rispettive imprese di assicurazione della R.C.A. obbligatoria) - anche se questa seconda opzione appare la preferibile e la più prudente per attenuare i rischi comunque connessi al raggiungimento della prova in ambito processuale della condotta illecita, dell'evento di danno e del nesso causale tra condotta ed evento - in quanto l'obbligazione solidale non fa sorgere un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo a litisconsorzio necessario nemmeno in sede di impugnazione. È fatto salvo, comunque, il diritto dei condebitori solidali di esercitare, nello stesso o in altro giudizio, il diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori anche se non evocati dal danneggiato per ottenere l'eventuale graduazione delle colpe ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento e, solo in tale caso, il giudice adito è tenuto a graduare le diverse responsabilità (Cass. civ., 25 settembre 2014 n. 20192; conf. Cass. civ., 16 febbraio 2012 n. 2211; Cass. civ., 30 settembre 2009 n. 20966; Cass. civ., 1 febbraio 2011 n. 2334; Cass. civ., 17 dicembre 2007 n. 26537; Cass. civ., 21 settembre 2007 n. 1949). |