Macchia d’olio, sbandata e collisione: da ‘certificare’ la proprietà della strada

16 Maggio 2014

Inutile la richiesta avanzata dall'automobilista, rimasto vittima di un incidente lungo una contrada della città. ‘Salvo' il Comune, che, secondo il Giudice di pace, avrebbe dovuto pagare per i danni alla persona e al veicolo. Fatale, per l'uomo, la mancata dimostrazione della proprietà della strada scenario dell'episodio. Cass. civ., Sez. III, 16 maggio 2014, 10827

Inutile la richiesta avanzata dall'automobilista, rimasto vittima di un incidente lungo una contrada della città. ‘Salvo' il Comune, che, secondo il Giudice di pace, avrebbe dovuto pagare per i danni alla persona e al veicolo. Fatale, per l'uomo, la mancata dimostrazione della proprietà della strada scenario dell'episodio.

Cass. civ., Sez. III, 16 maggio 2014, 10827

I fatti. Un uomo addebita la sbandata compiuta col proprio veicolo, e la relativa collisione con un'altra vettura, al materiale oleoso presente sulla carreggiata lungo una contrada del proprio Comune. E, di conseguenza, sempre secondo l'automobilista, deve essere il Comune a provvedere ad un adeguato risarcimento dei danni da lui subiti.

Ma la richiesta si rivela un ‘buco nell'acqua'... fatale il fatto che l'uomo non ha certificato che il luogo del ‘fattaccio' sia di proprietà comunale. (Cass., sent. n. 10827/2014, Terza Sezione Civile).

Territorio. Eppure, in prima battuta, le pretese dell'automobilista erano state ritenute fondate: per il Giudice di pace, difatti, il Comune doveva provvedere al «risarcimento dei danni alla persona e al veicolo» lamentati dall'uomo.

A stravolgere tale prospettiva, però, hanno provveduto i giudici del Tribunale, rigettando la «domanda di risarcimento», e motivando tale decisione con la considerazione che l'uomo «non aveva provato che la strada» – una contrada della città – «ove avvenne il sinistro fosse di proprietà comunale».

E tale sottolineatura viene condivisa anche dai giudici del ‘Palazzaccio', i quali, difatti, rigettano le ulteriori obiezioni mosse dall'automobilista.

Non vi è dubbio, difatti, che l'uomo «ha formulato una domanda di risarcimento del danno aquiliano», e «presupposto per l'accoglimento di tale domanda è tanto la colpa del convenuto, quanto il nesso di causa tra la condotta del convenuto ed il danno». Quindi, spiegano i giudici, «la circostanza che la strada, ove avvenne il sinistro, fosse nella disponibilità del Comune è elemento che atteneva tanto al primo profilo (in quanto non è in colpa l'amministrazione che non cura la manutenzione di beni che non le appartengono), sia al secondo (in quanto non vi è nesso di causa tra l'omissione di cautele alle quali non si era tenuti e il danno)»: per questo motivo, era «onere» – non adempiuto – della persona danneggiata provare la «proprietà della strada». E, a questo proposito, più in dettaglio, viene evidenziato che «nessuno degli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria dimostrasse, con certezza, se il sinistro fosse avvenuto dentro o fuori il perimetro del centro abitato», e viene anche ricordato che «nessuna delle parti aveva prodotto la deliberazione comunale di perimetrazione del centro abitato».

Tutto ciò, come detto, conduce ad azzerare, in via definitiva, la domanda di risarcimento avanzata dall'automobilista.

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