La richiesta di liquidazione del danno morale terminale iure hereditatis deve essere espressa

Redazione Scientifica
14 Maggio 2014

Con la pronuncia n. 10524, depositata il 14 maggio 2014, la Terza Sezione della Corte di Cassazione (Cass. civ. sez. III, 14 maggio 2014, n. 10524) si è pronunciata su ricorso promosso avverso la decisione della Corte di Appello in funzione di giudice del rinvio. La vicenda appare d'interesse giacché affronta la questione della domanda di liquidazione del danno morale iure hereditatis. I Giudici di legittimità hanno ribadito l'autonomia del danno morale che costituisce autonoma ipotesi di danno non patrimoniale risarcibile in forma indipendente rispetto al danno biologico, tale che la specifica richiesta di quest'ultimo non può essere interpretata come riferibile anche al primo. Appare utile ricordare che il danno morale può essere risarcito in via autonoma e contestuale alla voce del danno biologico, ciò in quanto la valutazione della voce del danno morale è dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all'integrità morale, quale massima espressione della dignità umana desumibile dall'art. 2 Cost.

Con la pronuncia n. 10524, depositata il 14 maggio 2014, la Terza Sezione della Corte di Cassazione (Cass. civ. sez. III, 14 maggio 2014, n. 10524) si è pronunciata su ricorso promosso avverso la decisione della Corte di Appello in funzione di giudice del rinvio. La vicenda appare d'interesse giacché affronta la questione della domanda di liquidazione del danno morale iure hereditatis. I Giudici di legittimità hanno ribadito l'autonomia del danno morale che costituisce autonoma ipotesi di danno non patrimoniale risarcibile in forma indipendente rispetto al danno biologico, tale che la specifica richiesta di quest'ultimo non può essere interpretata come riferibile anche al primo. Appare utile ricordare che il danno morale può essere risarcito in via autonoma e contestuale alla voce del danno biologico, ciò in quanto la valutazione della voce del danno morale è dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all'integrità morale, quale massima espressione della dignità umana desumibile dall'art. 2 Cost.

Cass. civ., Sez. III 14 maggio 2014, n. 10524

Il fatto. I genitori e la sorella di un giovane deceduto a seguito delle lesioni riportate a causa di un sinistro stradale, citavano in giudizio il conducente dell'altro veicolo coinvolto nonché la compagnia di assicurazioni chiedendo il risarcimento dei danni morale, patrimoniali, biologico e materiale. In primo grado il Giudice ripartiva la responsabilità, ponendole in misura prevalente a carico del convenuto, con condanna della compagnia al risarcimento del danno, senza tuttavia riconoscere l'esistenza del danno il danno biologico iure proprio, sofferto dai parenti della vittima, nonché quello biologico trasmettibile iure hereditatis.

La sentenza veniva appellata dai parenti della vittima. La Corte di Appello adita confermava sia il mancato raggiungimento della prova in ordine al danno biologico iure proprio, da parte dei parenti della vittima, sia l'inconfigurabilità del danno biologico trasmissibile iure hereditatis, considerato il brevissimo lasso di tempo intercorrente tra l'evento lesivo ed il decesso.

Per la cassazione della pronuncia di appello proponevano ricorso i parenti della vittima; gli Ermellini accoglievano il solo motivo attinente alla domanda di risarcimento del danno biologico iure hereditatis riconoscendo che, tra l'incidente stradale e l'evento morte vi era stato un lasso di tempo di ventinove giorni apprezzabile ai fini del riconoscimento di un danno biologico trasmissibile iure hereditatis, per la cui quantificazione la pronuncia era rinviata al altra sezione della Corte di Appello.

Successivamente il Giudice del rinvio liquidava il danno biologico iure hereditatis. Non soddisfatti della decisione i parenti della vittima impugnavano nuovamente la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, affidando le proprie ragioni a diversi motivi di doglianza, tutti ritenuti infondati dall'organo di legittimità.

La liquidazione del danno morale “iure hereditatis”. Tra i diversi motivi di cassazione formulati dai ricorrenti, particolare interesse riveste quello relativo al rigetto, da parte della Corte di Appello, della domanda di liquidazione del danno morale sofferto dalla vittima trasmissibile iure hereditatis. La Corte di Appello aveva ritenuto di non accogliere la richiesta sostenendo che la stessa non fossa mai stata avanzata nei precedenti gradi di giudizio, essendo stata formulata dagli appellanti per la prima volta in sede di rinvio. I ricorrenti erano di diverso avviso nella misura in cui ritenevano di aver espresso la richiesta già nel primo grado di giudizio, essendo quest'ultima associata alla domanda di danno biologico terminale, quale quota accessoria dello stesso. Per questa ragione, essendoci stato accoglimento sul predetto punto del ricorso per Cassazione, tale situazione avrebbe impedito la formazione di un giudicato anche in merito alla voce del danno morale.

L'autonomia ontologica del danno morale. A tale proposito il Giudice di nomofilachia ha chiarito l'autonomia ontologica del danno morale rispetto a quello biologico, tale che la richiesta di risarcimento di quest'ultimo non può essere interpretata come riferibile anche al primo (in tal senso Cass. Civ. n. 15358/2006).

Il carattere chiuso del giudizio di rinvio. È stato inoltre ricordato che il giudizio di rinvio è per sua natura a carattere chiuso non essendo possibile per le parti formulare delle conclusioni differenti da quelle precedenti o che comunque non siano derivanti dal giudizio di cassazione; così specificandosi che tale valore preclusivo copre non soltanto le questioni dedotte in modo espresso ma anche le questioni di diritto deducibili ove tendano a porre nel nulla o a limitare gli effetti della decisione finale (in tal senso Cass. Civ. n. 327/2010).

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