Vittime di reati violenti fanno causa alla Presidenza del consiglio per mancata attuazione di direttiva europea
19 Settembre 2014
In caso di inadempimento dello Stato italiano al disposto del legislatore comunitario per la mancata e/o non corretta e/o parziale attuazione di una direttiva che preveda una tutela individuale dei cittadini, se sussiste il nesso causale, consegue il diritto di questi ultimi a chiedere il risarcimento danni alla Presidenza del Consiglio.
Trib. Milano, 26 agosto 2014, n.10441
I fatti. Le signore NC e BN vittime di violenza sessuale e lesioni personali commessi il 6 marzo 2007 da sei persone di nazionalità rumena convengono in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ne chiedono la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti per la mancata e/o non corretta e/o non integrale attuazione (…) della Direttiva 2004/80/CE, che dal 1 luglio 2005 obbliga gli Stati membri dell'Unione Europea a garantire “adeguato” ed “equo” ristoro alle vittime di reati violenti ed intenzionali impossibilitate a conseguire dai loro offensori il risarcimento integrale dei danni . La Presidenza del Consiglio dei Ministri respinge le domande eccependo non solo che la Direttiva 2004/80/CE ha trovato piena attuazione con il D.lgs. n.204/2007, ma che tale direttiva disciplina l'accesso all'indennizzo delle vittime di reati violenti nelle situazioni c.d. transfrontaliere, posizione diversa da quella delle attrici (residenti in Italia e vittime di reati commessi in Italia); la parte convenuta evidenzia inoltre l'assenza dei presupposti per configurare la responsabilità di uno Stato membro poiché la direttiva non attribuisce in via diretta ai singoli un diritto e non vi è un nesso causale tra il mancato recepimento ed il danno lamentato. Il tribunale accoglie le richieste delle parti attoree.
La direttiva europea 2004/80/CE. Il tribunale innanzitutto chiarisce la finalità della direttiva, quella di disciplinare e facilitare l'accesso all'indennizzo delle vittime di reati violenti nelle c.d. situazioni transfrontaliere (reato commesso in uno Stato membro diverso da quello di residenza del richiedente l'indennizzo), come affermato dalla convenuta Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tuttavia l'art. 12 del provvedimento europeo stabilisce che: “Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato alle vittime.” (art.12 par.2); e il par.1 dell'art.18 specifica i termini: “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 2006, fatta eccezione per l'articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1° luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.” Pertanto il giudice specifica che affinché vi fosse una piena ed effettiva attuazione della direttiva in questione da parte di ogni Stato membro sarebbe stata necessaria anche l'istituzione di un sistema di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori (art.12 par.2) con normativa nazionale (anche da parte di quegli Stati che non vi avessero già provveduto). Alla luce di quanto esposto il giudice chiarisce che con il D.lgs. 9 novembre 2007 n.204 benché emanato in attuazione della Direttiva 2004/80/CE, lo stato non definisce tale sistema, ma si limita a disciplinare il procedimento per la richiesta di indennizzo.
Responsabilità dello Stato italiano. Il tribunale individua la sussistenza nella Direttiva di un obiettivo di tutela individuale dei cittadini , quindi, di un diritto in capo ai soggetti vittime di reati violenti intenzionali e qualifica come grave e manifesta la violazione dello stato italiano a fronte della mancata previsione di un sistema di tutela delle vittime di tali reati; diversamente da quanto sostenuto dalla convenuta, ravvisa l'esistenza del nesso di causa tra l'omessa attuazione della direttiva ed il danno lamentato dalle attrici in quanto se l'Italia avesse pienamente adempiuto agli obblighi imposti dalla Direttiva, le vittime avrebbero potuto richiedere l'indennizzo all'organo individuato dalle norme di adeguamento. Pertanto, configurandosi tutti i presupposti indicati dalla Corte di Giustizia (sentenza Francovich) per la responsabilità statale da mancata attuazione di direttiva, il giudice accoglie le richieste risarcitorie delle parti attrici.
Liquidazione dei danni. Il giudice individua quindi la responsabilità dello stato per non avere previsto un sistema che garantisca “un indennizzo equo ed adeguato” come imposto dalla Direttiva. Quanto al risarcimento del danno considerata la gravità dei delitti, le efferate modalità con cui sono stati commessi, le compromissioni fisiche e psicologiche da essi derivate, e tenuto conto che l'indennizzo è posto a carico di un soggetto estraneo ai fatti criminosi, condanna la parte convenuta a risarcire le attrici una somma pari a € 70.000,00 per BN. E pari a € 150.000,00 per NC (vittima di violenza sessuale).
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