Punitive damages sì, punitive damages no? Il possibile intervento delle S.U.

Redazione Scientifica
20 Maggio 2016

È pregiudizialmente contrario ai valori essenziali della comunità internazionale l'istituto di origine nordamericana dei danni non risarcitori aventi carattere punitivo?

Responsabilità da prodotto difettoso. Una società americana rivendeva caschi da motociclista prodotti da un'azienda italiana. Durante una gara motociclista, per un vizio del casco, un concorrente subiva diversi danni. La società americana chiedeva – e otteneva – dal giudice americano la reintegrazione patrimoniale (oltre un milione e mezzo di dollari) da parte del produttore italiano, in relazione all'indennizzo corrisposto al motociclista danneggiato.

La società americana chiedeva, pertanto, che fossero dichiarate efficaci ed esecutive le sentenze che avevano condannato l'azienda italiana alla reintegra patrimoniale.

Possibile riconoscere in Italia una sentenza straniera che condanna a risarcire i danni punitivi? La società italiana deduceva la contrarietà delle sentenze americane all'ordine pubblico per diversi motivi. Ciò che interessa in questa sede, è la denunciata contrarietà della sentenza all'ordine pubblico della «comminatoria di danni punitivi (punitive damages) in ragione della loro inammissibile funzione sanzionatoria della condotta del danneggiante anziché risarcitoria dei danni subiti dal danneggiato».

La risposta dei giudici di merito. La Corte d'Appello, investita della questione, , ha rigettato le eccezioni sollevate dalla società italiana, ritenendo che non fossero stati risarciti danni punitivi, avendo la sentenza americana semplicemente riconosciuto che l'azienda produttrice doveva manlevare il rivenditore americano dell'importo risarcitorio corrisposto in seguito alla transazione da questo raggiunta con il danneggiato, senza specificare di quali danni si trattasse.

La risposta della Cassazione: devono intervenire le Sezioni Unite! Con il terzo motivo di ricorso, la società italiana denuncia la mancata valutazione della Corte veneziana quanto al riconoscimento, da parte della sentenza americana, di un indennizzo a titolo di danni punitivi, per di più senza idonea motivazione: ciò non dovrebbe consentire un riconoscimento della sentenza straniera essendo del tutto contraria al principio di ordine pubblico avendo il rimedio risarcitorio – in Italia - natura esclusivamente compensatoria.

L'esame di tale questione di particolare importanza implica la rimessione al Primo Presidente della Corte di Cassazione perché valuti l'assegnazione alle Sezioni Unite Civili.

Giudizio preventivo e virtuale. Se da un lato un chiaro orientamento di legittimità (Cass. n. 1183/2007) nega la «riconoscibilità delle sentenze straniere di condanna al pagamento di somme a titolo di danni punitivi» per il solo dubbio dell'esistenza di una condanna ai punitive damages (Cass., n. 1781/2012), dall'altro – rileva la Cassazione – il principio di «ordine pubblico» ha compiuto e sta compiendo una progressiva evoluzione interpretativa. Principio che deve tener conto non solo del contesto nazionale ma anche del “nuovo” contesto europeo-internazionale e del processo di globalizzazione degli ordinamenti giuridici cui si sta andando incontro.

«Il giudice della delibazione» - spiegano gli Ermellini - «al quale è affidato il compito di verificare preventivamente la compatibilità della norma straniera con tali valori, desumibili direttamente da norme e principi sovraordinati (costituzionali e internazionali), dovrà negare il contrasto in presenza di una mera incompatibilità (temporanea) della norma straniera con l'assetto normativo interno, quando questo rappresenti una delle diverse modalità di attuazione del programma costituzionale, quale risulti dall'esercizio della discrezionalità del legislatore ordinario in un determinato momento storico (…)».

I dubbi degli Ermellini. La prima sezione della Cassazione civile ha deciso di interpellare il Primo Presidente sulla base delle seguenti controverse questioni:

  • La funzione riparatoria-compensativo del risarcimento è l'unica possibile oppure è compatibile anche una sfumatura punitiva-deterrente?
  • La funzione del rimedio risarcitorio, esclusivamente in termini compensatori, assurge a rango di un valore costituzionale essenziale e imprescindibile rispetto al quale neppure il Legislatore possa derogarvi?

I precedenti. D'altronde, la dinamicità e polifunzionalità del sistema della responsabilità civile, nella prospettiva della globalizzazione degli ordinamenti giuridici in senso transnazionale, invoca la circolazione delle regole giuridiche anziché la loro frammentazione tra i diversi orientamenti nazionali, tant'è vero che lo stesso ordinamento italiano presenta figure di “danni punitivi”:

  • l'art. 12 l., 8 febbraio 1948, n. 47, in materia di diffamazione;
  • l'art. 96, comma 3, c.p.c. in tema di abuso del processo;
  • l'art. 709-ter c.p.c. nelle controversie attinenti la responsabilità genitoriale;
  • l'art. 125, d.lgs. n. 30/2005 in caso di profitti dell'autore del danno;
  • l'art. 187-undecies, d.lgs. n. 58/1998 in tema di intermediazione finanziaria;
  • il d.lgs. n. 7/2016 che, abrogando alcuni reati, ha istituito nuovi illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie;
  • la recente Cass. n. 1126/2015 ha visto nella «gravità dell'offesa» un «requisito d'indubbia rilevanza ai fini della quantificazione del danno non».

Sulla base si tali argomenti il Collegio giudica opportuno un intervento della Sezioni Unite, sul tema della riconoscibilità delle sentenze straniere comminatorie di danni punitivi.

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