Donna incinta perde il bambino in un incidente stradale: deve essere risarcito il danno da perdita del potenziale rapporto parentale

Redazione Scientifica
22 Dicembre 2016

Il Tribunale di Milano riconosce ad una donna che perse il bambino al nono mese di gravidanza a seguito di un sinistro stradale, la somma di €100.000,00 come risarcimento del danno da perdita del nascituro.

IL CASO Una donna rumena, incinta al nono mese di gravidanza, rimane coinvolta in un grave sinistro stradale, mentre viaggiava come passeggera sul sedile posteriore. Le ferite riportate dalla donna sono così gravi da causare anche la perdita del bambino che portava in grembo.

La donna si rivolge dunque al Tribunale di Milano per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti.

QUALE LEGGE APPLICABILE Il Tribunale ha anzitutto dovuto individuare quale fosse la legislazione applicabile, poichè la ricorrente era rumena, così come il conducente dell'auto sulla quale viaggiava, automobile che però era stata immatricolata in Spagna ed avente certificato assicurativo olandese.

Chiamato in causa l'UCI, il Tribunale dichiara che al caso di specie è applicabile il disposto di cui all'art. 62 l. 218/1995, comma 1, secondo il quale deve essere applicata la legge di verificazione dell'evento dannoso. Ciò premesso, il Tribunale ritiene fondato il ricorso.

GRAVE INVALIDITÀ PERMANENTE La dinamica dell'incidente risulta chiara e, nonostante la donna non indossasse le cinture di sicurezza, il CTU ritiene che anche il loro corretto utilizzo non avrebbe potuto escludere il verificarsi delle lesioni e dell'interruzione di gravidanza, escludendo dunque qualsiasi ipotesi di concorso di responsabilità della ricorrente ex art. 1227 c.c.

Tenuto conto della natura delle lesioni patite, delle conseguenze anche psicologiche dei traumi e dei gravi postumi permanenti, stimati in una percentuale del 55%, il Tribunale di Milano riconosce alla ricorrente un una somma complessiva di € 730.000,00.

DANNO PER LA PERDITA DEL NASCITURO Il Tribunale chiarisce che il pregiudizio da riconoscere alla donna consiste nella perdita del potenziale rapporto parentale con il nascituro, specificando che l'importo dovrà proporzionalmente diminuire a seconda del momento in cui si è verificata l'interruzione della gravidanza.

Considerando che, nel caso di specie, la gravidanza era ormai giunta a termine, il Tribunale dichiara di non poter ignorare il forte dolore subito dalla donna che «quella nascita aveva ormai ritenuta prossima e certa, di tutte le progettualità conseguenti alla nascita stessa e della drammatica frustrazione conseguente all'aborto colposo».

Per questi motivi, il Tribunale stima equo riconoscere alla ricorrente la somma aggiuntiva di € 100.000,00,liquidato in via equitativa basandosi sulle Tabelle di Milano, quale «parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono (Cass. civ., n. 12408/2011)».

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.