Diagnosi di recidiva tumorale inesistente: va risarcita la conseguente sindrome ansiosa

Redazione Scientifica
23 Marzo 2016

In tema di responsabilità medica, deve essere risarcita la forte sindrome ansiosa generata da a una errata diagnosi di recidiva tumorale. Lo ha stabilito, in una recente pronuncia, il Tribunale di Palermo.

Il caso. Ad una giovane donna, già sottoposta a quadrantectomia, viene diagnosticata a seguito di ecografia bilaterale un'altra formazione neoplastica di grande dimensioni, con recidiva. Il chirurgo oncologo le consiglia un altro intervento di quadrantectomia o una mastectomia radicale. La paziente si rifiuta e, dopo essersi sottoposta ad accertamenti diagnostici più approfonditi presso altra struttura sanitaria, ottiene un referto oncologicamente negativo. La donna agisce ora in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni emotivi sofferti a causa dell'errata diagnosi, citando la struttura sanitaria ed il medico responsabile della diagnosi errata.

I convenuti contestano l'addebito, ritenendo di aver agito con la prudenza e la diligenza loro richiesta.

Danno da sindrome ansiosa. Il Tribunale riconosce che l'avere temuto una recidiva per un lasso di tempo ancorché breve provoca un turbamento emotivo di natura ansiosa non indifferente, tanto più se si considera la giovane età della paziente e la comune consapevolezza che una recidiva provoca necessariamente effetti gravi e devastanti

Inoltre, una diagnosi errata comporta la veicolazione di una informazione sbagliata produttiva di un profondo stato di preoccupazione, annullando o fortemente condizionando la possibilità di scelta

Il turbamento psichico ed emotivo sofferto dall'attrice, certificato da cure e terapie, viene pertanto considerato meritevole di risarcimento. La responsabilità viene riconosciuta in capo alla struttura sanitaria ed al medico, in virtù dell'ormai consolidato principio che esista una responsabilità di natura contrattuale nei confronti del paziente in capo all'ente (Cass. civ., Sez. Un, 11 gennaio 2008, n. 577), e che l'obbligazione del medico dipendente dell'ASL, pur discendendo da una contatto sociale, abbia del pari la medesima natura (Cass. civ., 21 giugno 2004, n. 11488).

In merito alla quantificazione del danno, il Tribunale tiene conto della limitata durata temporale del turbamento in ragione della tempestiva corretta diagnosi formulata da altro medico, che certamente ha diminuito le conseguenze in termini di sofferenza psicologica, così riconoscendo un danno biologico pari al 2%,

Il Tribunale condanna dunque Asl e medico, in solido tra loro, al risarcimento del danno ed al rimborso delle spese del giudizio all'attrice.

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