Quali sono i criteri di liquidazione del danno da morte non immediata?

23 Giugno 2016

Quanto ai criteri di liquidazione, si è chiarito che, in caso di decesso non immediato della vittima, il danno biologico terminale consiste in un danno biologico da invalidità totale temporanea (sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso).

Quali sono i criteri di liquidazione del danno da morte non immediata?

Quanto ai criteri di liquidazione, si è chiarito che, in caso di decesso non immediato della vittima, il danno biologico terminale consiste in un danno biologico da invalidità totale temporanea (sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso).

In tal caso, la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea o, come sostenuto dalle Sezioni Unite nel 2015, anche di una valutazione equitativa.

Va escluso il riferimento dalla invalidità totale permanente (Cass., 10 ottobre 2014, n. 22228).

A tale posta può sommarsi il danno catastrofico, vale a dire una componente di sofferenza psichica; qui la natura peculiare del pregiudizio comporta la necessità di affidarsi ad un criterio equitativo puro, che tenga conto della "enormità" del pregiudizio, giacché tale danno, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte (cfr. ex multis Cass. 31 ottobre 2014,n. 23183; nella specie la Suprema Corte ha respinto il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva liquidato in via equitativa, quale danno biologico terminale patito dalla vittima, rimasta in vita 7 giorni, la somma di euro 2.500,00 pro die).

Nel far proprio tale orientamento, la sentenza n. 15350/2015 (v. F. Rosada, Perdita della vita e diritto al conseguente risarcimento del danno: questione chiusa; M. Hazan, Game over! Il danno da perdita della vita non è risarcibile; D. Spera, La sentenza Cass. S.U. n. 15350/2015: pietra tombale sul danno tanatologico e crisi della funzione nomofilattica della Cassazione; M. Bona, S.U. 2015: prosegue la saga sul danno non patrimoniale) pone l'accento sulla necessità della massima «personalizzazione in considerazione della entità e intensità del danno».

Come condivisibilmente rilevato (L. D'Acunto, Le Sezioni Unite riaffermano l'irrisarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita, in Nuova Giur. Civ., 2015, 11, 11008) si ribadisce l'idea secondo cui il danno biologico terminale, avendo ad oggetto lesioni destinate non a stabilizzarsi ma a condurre all'esito più infausto, presenti delle caratteristiche peculiari rispetto al danno biologico da lesioni non mortali, con riguardo al quale le tabelle in parola vengono predisposte.

Tuttavia, come emerge anche dalle cifre sopra indicate (ritenute congrue dalla Cassazione), non vi è chi non veda che si tratta di valori non paragonabili, pur con la massima personalizzazione, a quelli che andrebbero attribuiti ove si riconoscesse la risarcibilità del danno tanatologico.

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