La Corte si pronuncia sulla legittimità costituzionale deI giudizio di opposizione della Riforma Fornero

Redazione Scientifica
24 Luglio 2014

Il giudice del lavoro solleva la questione di legittimità costituzionale sollevata al fine di chiarire se il giudizio di opposizione introdotto dalla riforma Fornero faccia parte di un procedimento unitario bifasico o se abbia carattere impugnatorio. La Corte Costituzionale dichiara la questione manifestatamente inammissibile.

Il giudice del lavoro solleva la questione di legittimità costituzionale sollevata al fine di chiarire se il giudizio di opposizione introdotto dalla riforma Fornero faccia parte di un procedimento unitario bifasico o se abbia carattere impugnatorio. La Corte Costituzionale dichiara la questione manifestatamente inammissibile.

C. Cost., 16 luglio 2014, n. 205

I fatti. A seguito dell'adozione di un provvedimento di reintegrazione nel posto di lavoro adottato al termine della fase sommaria del giudizio di primo grado, il giudice a quo ha censurato la disciplina del 2012 sollevando con ordinanza la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012 e dell'art. 51, comma 1, numero 4), c.p.c., nella parte in cui la prima disposizione non prevede che il giudizio di opposizione abbia svolgimento davanti al medesimo giudice persona fisica della fase sommaria e la seconda non esclude dalla sua operatività la fattispecie in parola, prospettandone il contrasto con l'art. 3, commi 1 e 2 Cost., art. 24, commi 1 e 2 Cost., con l'art. 25, comma 1 Cost., art. 97 Cost. e art. 111, comma 1 Cost. La Corte dichiara la manifesta inammissibilità della questione.

Rito speciale introdotto dalla riforma Fornero. Con la legge n. 92/ 2012 per le controversie di impugnazione dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dal novellato art. 18 St. Lav. è stato introdotto un rito speciale particolarmente “snello” proprio per l'eliminazione delle formalità non essenziali all'instaurazione di un pieno contraddittorio al fine di garantire una tutela rapida ed efficace. Tale rito, suddiviso nelle due fasi (quella necessaria, di natura urgente, che si conclude con un'ordinanza e quella eventuale, conseguente all'opposizione contro la ordinanza conclusiva della fase sommaria) prevede che l'opposizione deve essere presentata innanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto.

La duplice lettura del giudizio di opposizione. Il tribunale ordinario di Siena (sezione lavoro) ha rilevato che, in assenza di un diritto vivente, il giudizio di opposizione è suscettibile di duplice lettura:

-potrebbe essere ricondotto ad un giudizio di carattere impugnatorio (questa interpretazione implica l'attribuzione a due distinti giudici – persone fisiche delle due differenti fasi, sommaria e di opposizione);

- potrebbe essere inteso come una fase di un unitario procedimento bifasico (e sarebbe quindi consentita l'identità del giudice per entrambe le fasi).

Secondo il giudice del lavoro questa seconda opzione interpretativa sarebbe più idonea a velocizzare il rimedio dell'impugnativa del licenziamento oltre ad evitare la configurazione di inconvenienti pratici nell'organizzazione degli uffici giudiziari; al contrario la prima soluzione prospettata comporterebbe un aggravio del sistema giudiziario “lesivo del criterio di ragionevole proporzionalità e un potenziale rallentamento dell'inerente giudizio”;

Il tribunale di Siena evidenzia l'incostituzionalità della disciplina del rito Fornero nella parte in cui non prevede che il giudice persona fisica sia lo stesso in entrambe le fasi del giudizio.

Inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. La Corte ritiene che la questione di legittimità, per come formulata dal giudice rimettente, sia manifestamente inammissibile, dal momento che la stessa si risolve nell'improprio tentativo di ottenere dalla Corte, “con uso distorto dell'incidente di costituzionalità, l'avallo dell'interpretazione proposta dal rimettente in ordine ad un contesto normativo che egli pur riconosce suscettibile di duplice lettura (cfr., ad es., Corte cost., ord. n. 196/2013)”.

Pertanto, di fronte a più possibili interpretazioni, allorché su nessuna di esse si sia formato un diritto vivente, il giudice ha l'obbligo di scegliere quella conforme a Costituzione laddove un'interpretazione adeguatrice sia possibile, senza sollevare l'eccezione di incostituzionalità.

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