Lesione del diritto all’autodeterminazione: il risarcimento si riconosce se il danno supera la soglia minima di tollerabilità
24 Settembre 2014
Per errata diagnosi una paziente viene sottoposta a un intervento chirurgico non eseguito correttamente, riportando dei danni chiede il risarcimento anche per mancanza di informazioni da parte dei medici propedeutiche al consenso all'operazione, ma non ci sono gli estremi per questo autonomo profilo risarcitorio.
Trib. Napoli 22 luglio 2014, n.11044
I fatti. La signora Monica D. in seguito a una diagnosi di nodulo alla tiroide effettuata presso l'Azienda ospedaliera US di Napoli dal dottor Umberto P., viene sottoposta a intervento chirurgico di tiroidectomia operata dal medico Domenico P. presso la casa di cura SDL . La paziente in fase post operatoria lamenta uno stato di ipotiroidismo e una patologia di ipoparatiroidismo che attribuisce all'intervento a suo giudizio non solo eseguito non correttamente, ma anche inutile in quanto avrebbe potuto essere evitato se si fossero compiute ulteriori indagini. Monica D. conviene in giudizio i due medici e le due strutture sanitarie e le rispettive imprese di assicurazione.La paziente chiede il risarcimento dei danni patrimoniali (lucro cessante da inabilità permanente/temporanea) e non patrimoniali (biologico da invalidità permanente e temporanea, alla vita di relazione e tra gli altri quello per lesione al diritto ad una compiuta informativa). I convenuti respingono le domande della parte attrice sostenendo la correttezza del proprio operato. Il giudice, disposta una consulenza tecnica, accoglie in parte le richieste risarcitorie della paziente.
Responsabilità per condotta negligente. La perizia del CTU accerta la presenza delle patologie lamentate dalla vittima e il nesso causale tra queste e l'intervento subito per indicazione chirurgica non corretta e del danno iatrogeno da lesione delle paratiroidi. Il consulente, inoltre, definisce l'intervento non necessario in quanto se i sanitari avessero proceduto, secondo regole di prudenza e diligenza, ad un nuovo esame avrebbero escluso la necessità dell'operazione. Il giudice a fronte dalla condotta negligente di entrambi i medici li condanna in solido alle strutture sanitarie convenute al risarcimento del danno biologico per la permanente lesione della integrità psicofisica sia quella inabilità temporanea e del danno morale per “l'apprezzabile sofferenza soggettiva scaturita dalla complessiva vicenda”. Il tribunale considerando l'età dell'istante, le invalidità temporanee e permanenti definite dal CTU e una adeguata personalizzazione condanna i convenuti per i danni non patrimoniali subiti dalla vittima al risarcimento di € 173.852,9.
Diritto alla salute e diritto all'autodeterminazione. Il giudice non riscontra gli estremi per un risarcimento autonomo (come richiesto da parte attrice) del danno derivante da mancato consenso informato. Nel caso in questione l'errore medico si individua innanzitutto nella errata diagnosi pertanto non è attinente il riferimento a violazione dell'obbligo di informazioni a carico del medico in quanto l'autorizzazione all'operazione sussisteva sulla base della diagnosi (erroneamente effettuata) di pericolo di patologia neoplastica. Se si riconoscesse autonoma rilevanza, sul piano del rapporto di causalità, alla inadeguata informazione ricevuta si finirebbe per duplicare la tutela risarcitoria. E qualsivoglia aspetto di responsabilità risarcitoria è in ogni caso assorbito dalla riconducibilità della lesione alla salute subita dall'attrice dall'intervento chirurgico rivelatosi non necessario (a fronte delle superficiali indagini diagnostiche). In merito alla lesione del diritto costituzionale ad una autonoma e libera determinazione circa la scelta di sottoporsi all'intervento il giudice nega la sussistenza di una autonoma voce di danno nel caso specifico. Il consenso informato, quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura come diritto della persona tutelato dagli art. 13 e 32 costituzione, che sanciscono rispettivamente il diritto dell'autodeterminazione, e il diritto alla salute, ovvero al diritto a essere curato e di ricevere le informazioni sulla natura e possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché su eventuali terapie alternative. Tale diritto va sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza, o condizioni tali da porre in gravissimo pericolo la persona. Per ottenere il risarcimento la parte deve fornire la prova di un danno che superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale (ossia non consistente in futili disagi), ma nel caso di specie la paziente non ha allegato elementi probatori della offesa alla libertà di determinazione.
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