Danno parentale riconosciuto anche ai familiari non conviventi

25 Ottobre 2016

La Corte di Cassazione ha affermato che perché possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale (per morte del congiunto) subita da soggetti estranei al ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) non è necessario che sussista una situazione di convivenza.

Il caso. A causa di un incidente stradale una donna che viaggiava in qualità di trasportata a bordo del veicolo condotto dal marito perdeva la vita.

Le tre nipoti ex filio agivano in giudizio nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo ospitante per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa del decesso della nonna.

Il Tribunale capitolino rigettava la domanda ritenendo che nel caso esaminato non era emerso alcun elemento volto a far ritenere l'effettiva sussistenza di una frequentazione assidua con la defunta nonna, né tanto meno che tra le nipoti-attrici e la nonna esistesse una relazione nell'ambito del contesto familiare o, quanto meno un concreto valido e reale supporto morale, non convivendo, peraltro, le nipoti con la propria congiunta.

La Corte di Appello di Roma adita dalle nipoti della vittima primaria rigettava l'appello.

La Corte capitolina da una parte si uniformava al principio di diritto affermato da Cass. civ., 16 marzo 2012, n. 4253 - secondo cui perché possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale (per morte del congiunto) subita da soggetti estranei al ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero o la nuora) è necessario che sussista una situazione di convivenza - e, dall'altro lato, faceva proprie le argomentazioni poste dal primo giudicante a sostegno del rigetto della domanda.

Le nipoti della vittima primaria ricorrevano in Cassazione censurando la sentenza impugnata per aver la Corte capitolina ritenuto necessario - ai fini della fondatezza della loro domanda di risarcimento del danno per la perdita della congiunta - che sussistesse una situazione di convivenza con la vittima primaria.

Non è necessario che sussista una situazione di convivenza. La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso.

Il giudice di legittimità:

  • ha ritenuto di non condividere il suo precedente orientamento restrittivo difforme (Cass. civ., 16 marzo 2012 n. 4253) in quanto seppur occorre conciliare il diritto del superstite alla tutela del rapporto parentale con l'esigenza di evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, tuttavia il dato esterno ed oggettivo della convivenza non può essere elemento idoneo a bilanciare le evidenziate contrapposte esigenze;
  • ha affermato che le sentenze gemelle del 2003 (Cass. civ., 31 maggio 2003 nn. 8827 e a 8828) hanno ridefinito, rispetto alle opinioni tradizionali, presupposti e contenuti del risarcimento del danno non patrimoniale ed hanno fornito una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c.;
  • ha affermato che tale lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. è stata successivamente non solo condivisa e fatta propria ma addirittura completata dalle Sezioni Unite che con le sentenze gemelle di San Martino (Cass. civ., Sez. Un. 11 novembre 2008 n. 26972 e succ. conformi), in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, hanno esteso la tutela ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione e, per effetto di tale estensione, hanno ricondotto nell'ambito dell'art. 2059 c.c., anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.), precisando che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato, neppure potendo condividersi la tesi che trattasi di danno in re ipsa, sicché dovrà al riguardo farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva;
  • ha ritenuto che in tale contesto risulta non condivisibile limitare la società naturale della famiglia cui fa riferimento l'art. 29 Cost. all'ambito ristretto della sola c.detta “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli;
  • ha affermato che il nostro ordinamento non solo include i discendenti in linea retta tra i parenti (art. 75 c.c.) e riconosce tra nonni e nipoti uno stretto vincolo di parentela (v. art. 76 c.c., quanto al computo dei gradi) ma prevede nei confronti dei discendenti e viceversa una serie di diritti, doveri e facoltà (art. 317-bis c.c.) da cui risulta l'innegabile rilevanza anche giuridica, oltre che affettiva e morale, di tale rapporto;
  • ha affermato, pertanto, che perché possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale (per morte del congiunto) subita da soggetti estranei al ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) non è necessario che sussista una situazione di convivenza.

Tale decisione - per le motivazioni addotte e la puntuale e per certi versi feroce critica mossa al suo precedente difforme (Cass. civ., 16 marzo 2012 n. 4253) - porta a ritenere che ci si trovi dinanzi non ad un contrasto di giurisprudenza, ma ad un autentico e definitivo revirement della Cassazione.