Danno non patrimoniale da perdita o compromissione del rapporto parentale: possibili ritocchi alla tabella milanese?

27 Gennaio 2017

Con la perdita o grave compromissione del rapporto parentale, si lede l'interesse all'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia.
I legittimati attivi

Con la perdita o grave compromissione del rapporto parentale, si lede l'interesse all'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia. Essendo violata la piena e libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, si può affermare che ci sia dunque lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.).

Trattandosi di interesse direttamente tutelato dalla Costituzione e privo di natura economica, la tutela risarcitoria si fonda sull'art. 2059 c.c.

È un interesse giuridico diverso dal bene salute, tutelato ex art. 32 Cost. col risarcimento del danno biologico nei casi in cui ad essere intaccata sia l'integrità psicofisica.

Ed è diverso anche dall'interesse all'integrità morale, la cui tutela (ricollegabile all'art. 2 Cost.) si traduce nel risarcimento del danno morale da sofferenza soggettiva (per tutte, Cass. civ., sez. III, 3 febbraio 2011, n. 2557).

La tabella milanese individua esplicitamente alcuni legittimati attivi al risarcimento, basandosi, com'è nella sua logica, su un numero di precedenti giurisprudenziali tale da giustificarne l'indicazione. Nei rapporti espressamente considerati sul piano della tutela familiare, la frequenza statistica si correla naturalmente alla profondità del legame affettivo sottostante, e che viene spezzato con la morte o grave lesione della vittima primaria. Vengono considerati, su un piano di tutela simmetrica, i rapporti tra genitori e figli, tra coniugi non separati, tra conviventi e tra fratelli. Sono rapporti connotati da una comunione materiale e spirituale di tipo familiare, protetta a livello costituzionale dagli artt. 2, 29 e 30 Cost.

L'unico rapporto a tutela asimmetrica è quello tra nonni e nipoti, perché solo ai primi viene riconosciuta la legittimazione.

Sembra dunque opportuno estendere la legittimazione al nipote per la perdita o grave lesione del rapporto col nonno. Infatti la dinamica affettiva è tipicamente reciproca e speculare, sicché dovrebbe coerentemente tutelarsi la relazione simmetrica (così, condivisibilmente, M. Bona, Manuale per il risarcimento dei danni ai congiunti, 2014, 107 ss.).

In tema di vincolo affettivo nipote-nonno, non si può prescindere dalle parole di Marco Rossetti, che nella demolizione culturale e giuridica della sentenza Cass. civ., n. 4253/2012 ha illustrato con straordinaria efficacia l'insostituibile valenza del vincolo, espressione di un'affettività che prescinde radicalmente dalla convivenza. Nel ricordare che la convivenza può basarsi su motivi affatto estranei all'affettività autentica, ha osservato che la sofferenza da perdita è slegata dalla convivenza anche alla luce di tutti gli studi di psicologia e psichiatria sul tema. Ha correttamente ricordato che sono “sterminati” gli “esempi” dimostrativi della rilevanza giuridica del rapporto tra nonno e nipote, elencando molte delle norme che lo disciplinano «sotto un'infinità di aspetti: adozione, successioni, alimenti, contratto in genere, assicurazione, affitto di fondo rustico, diritto penale, separazione dei coniugi, previdenza, conflitto di interessi». E ha giustamente evocato gli «imponenti studi italiani e stranieri» che danno conto del mutamento del ruolo del nonno rispetto al passato (Senectus ipsa est morbus, ovvero che male c'è se ti ammazzano un nonno? in Danno e resp., 2013, 1, 35).

Basti pensare alle attuali dinamiche lavorative, che spesso costringono entrambi i genitori a stare fuori casa per molto tempo. La madre non riesce più ad assicurare quella dedizione esclusiva alla famiglia e all'educazione dei figli che ne connotava il ruolo nel passato. Nel nuovo quadro delle carenze familiari, spesso correlate alle nuove esigenze professionali ed economiche, la figura del nonno diventa sempre più forte e centrale.

La frequente dissoluzione della famiglia, documentata dal vertiginoso aumento del contenzioso su separazioni e divorzi, ha inciso molto sulla dinamica affettiva nipoti-nonni. Non di rado i nonni sono chiamati a un ruolo quasi surrogatorio rispetto ai genitori, la cui concreta capacità educativa viene incisa dalle frequenti crisi matrimoniali, esiziali anche quando non sfociano nella separazione. Pertanto la familiarità dei contatti tra nonno e nipote genera in quest'ultimo una percezione di affetto sempre più marcata. L'esperienza professionale dei giudizi di separazione e divorzio mostra che nel conflitto familiare talora l'interazione coi nonni agevola e stabilizza il rapporto dei genitori coi figli. E questi ultimi portano in sé quella dose di affetto aggiuntivo riversata dai nonni nel quadro del conflitto.

A livello tabellare potrebbe forse ipotizzarsi una specularità imperfetta, sul presupposto che di regola la perdita di un nipote è più grave perché sopprime anche la spinta a proiettarsi idealmente nel futuro. Ma allora la forbice risarcitoria potrebbe venir differenziata, con la previsione di un quantum tabellare inferiore rispetto a quello riconosciuto a favore del nonno.

Per contro, va anche ricordato, con Giovanna Lo Sapio (autorevole docente di psicologia dello sviluppo e dell'educazione), che il nonno mantiene un insostituibile ruolo di conservazione e trasmissione della memoria (Lei c'era. Il rapporto insostituibile tra nonni e nipoti, Roma, 2007). E dunque in quest'ottica la sua perdita non dovrebbe apparire meno grave.

La previsione tabellare esplicita dei legittimati attivi richiama la comunione materiale e spirituale di tipo familiare protetta a livello costituzionale ex artt. 2, 29 e 30 Cost. Ad essa è connaturale un'affettività radicata e indiscutibile, espressione di un valore intangibile come la scambievole solidarietà familiare. Pertanto – ferma la proposta di integrazione a tutela dei nipoti – è conveniente mantenere la delimitazione, perché i criteri di individuazione rilevanti non darebbero un grado di affidabilità statistica tale da giustificare la tipizzazione tabellare.

Altri rapporti parentali e di affinità giustificano l'esistenza di un legame affettivo meritevole di tutela, ma in tal caso i parametri probatori sono diversi. Per essi lo sforzo probatorio è maggiore, perché l'inferenza presuntiva tipo di rapporto > grado di affettività > sofferenza da perdita o lesione è palesemente meno intensa. E non sembra idonea a giustificare l'allargamento in sede tabellare della sfera dei legittimati.

Ulteriori tipizzazioni dei parametri risarcitori

La tabella contiene la tipizzazione di alcune circostanze del caso concreto da valutare all'interno della forbice risarcitoria. Si tratta, giustamente, della qualità ed intensità della relazione affettiva con la vittima primaria, della sopravvivenza o meno di altri congiunti, della convivenza o meno di questi ultimi e della qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua.

Può forse giovare un allargamento della tipizzazione di altre circostanze: anzitutto le conseguenze economiche per i congiunti superstiti, quando siano tali da incidere sulla loro progettualità esistenziale, per l'essenzialità dell'apporto patrimoniale precedentemente assicurato dalla vittima primaria.

Inoltre la convivenza del danneggiato con la vittima primaria potrebbe venir segnalata come specifico indice presuntivo di affetto intenso.

E le modalità del fatto illecito, sia con riguardo alla condotta in sé, sia con riguardo all'elemento soggettivo, potrebbero venir ricordate come elementi idonei ad accentuare la sofferenza da perdita.

Su questo piano di valutazione, merita di essere tipizzata la circostanza della presenza o meno al momento del fatto, essendo evidente il maggior dolore provato da chi abbia avuto percezione diretta del fatto illecito mortale o lesivo.

Infine, al rilievo dato alla consistenza della famiglia della vittima secondaria, che tollera meglio la perdita in una famiglia numerosa, sembra speculare il rilievo da darsi esplicitamente alla perdita contestuale di più congiunti.

Vittime residenti all'estero

Anche in tempi recenti, una parte (minoritaria) della giurisprudenza di merito continua a includere tra i criteri di quantificazione del danno parentale la realtà socio-economica del luogo di residenza del danneggiato (vittima secondaria). Ritiene che il risarcimento vada modulato anche sul potere d'acquisto della moneta in quel luogo, sicché il costo della vita sarebbe uno dei parametri risarcitori del danno non patrimoniale. Dunque il risarcimento andrebbe proporzionato al diverso livello di vita del paese di volta in volta rilevante.

Anche certa dottrina talora avalla autorevolmente tale scelta. Censura infatti l'argomento logico-giuridico della Cassazione (v. infra) circa l'individuazione degli elementi da considerarsi o meno estranei all'ambito di valutazione giudiziale dell'illecito e osserva che ogni liquidazione del danno si colloca già di per sé su un piano estrinseco rispetto a quello del fatto illecito generatore. Rileva inoltre che è illogico riferirsi al principio dell'integralità del risarcimento «senza voler attingere, nell'espressione del giudizio di congruità, alla funzione di spendibilità della moneta conferita» (F. MARTINI, L'incidenza delle condizioni socio-economiche del luogo di residenza del danneggiato nella determinazione equitativa del danno non patrimoniale, in Ri.Da.Re.).

Non esiste però un vero contrasto interpretativo, perché la suprema Corte è addirittura tranchant sul punto. Con l'eccezione di un isolato precedente (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2000, n. 1637), ha ripetutamente escluso che la realtà socio-economica del paese di residenza della vittima e il correlativo potere di acquisto della moneta possano rilevare nella quantificazione del danno non patrimoniale (Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2016, n. 12146; Cass. civ., sez. III, 12 giugno 2015, n. 12221; Cass. civ., sez. III, 13 novembre 2014, n. 24201; Cass. civ., sez. III, 28 agosto 2013, n. 19788; Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2012, n. 7932; i relatori sono sempre differenti). La Cassazione osserva correttamente che l'ordinamento non autorizza il giudice a considerare anche il luogo dove il danneggiato abitualmente vive e presumibilmente spenderà o investirà il risarcimento. Nel giudizio su un illecito il magistrato deve valutare la condotta e il suo elemento soggettivo (dolo o colpa), l'evento dannoso e la sua portata, e il nesso causale. La considerazione del contesto socio-economico e del livello di vita del paese della vittima si colloca logicamente dopo la quantificazione del risarcimento. Si tratta, giustamente, di «un elemento esterno e successivo alla fattispecie dell'illecito, un posterius, come tale ininfluente sulla misura del risarcimento del danno» (per tutte, in ragione del rigore dogmatico, Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2012, n. 7932).

L'impossibilità di modulare il risarcimento sul tenore di vita ha pertanto una solida base dogmatica, perché in base ai principi di diritto civile il magistrato deve limitare l'analisi agli elementi costitutivi dell'illecito. Ha anche un fondamento valoriale, perché la sofferenza e il vuoto esistenziale causati dalla perdita di un parente non mutano a seconda del tenore di vita del luogo di residenza. Si tratta di aspetti dell'uomo, inerenti all'interiorità e alla sensibilità personale, che ragionevolmente non possono avere valenze diverse a seconda della capacità di spesa della somma da risarcire. Si soffre allo stesso modo per la perdita di un congiunto, in qualsiasi luogo, povero o ricco. Conseguentemente deve restare uguale quel valore convenzionale che esprime la reazione economica dell'ordinamento alla lesione di un inestimabile valore personale.

Inoltre la logica sottesa al risarcimento differenziato dovrebbe coerentemente applicarsi anche alle diverse situazioni economiche all'interno dello stesso paese. Si è icasticamente osservato che allora l'accertamento istruttorio dovrebbe riguardare anche il costo della vita della città di volta in volta rilevante. È fatto notorio, ad esempio, che in questa prospettiva vivere a Milano è ben diverso che vivere a Modica di Ragusa, sicché la questione dell'adattamento risarcitorio dovrebbe essere affrontata anche per la tutela dei connazionali (Bona, cit., 540 ss.)

Non pare dunque plausibile la previsione tabellare di una decurtazione in via forfetaria per le vittime secondarie residenti all'estero, in ragione del diverso potere di acquisto del denaro nello Stato di volta in volta rilevante.

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