Assolto da omicidio…ma con formula dubitativa, negato il risarcimento richiesto ai consulenti del PM per danno alla reputazione

Redazione Scientifica
26 Settembre 2014

Assolto dall'accusa di omicidio colposo perché il fatto non sussiste il medico fa causa ai consulenti tecnici del PM che l'avevano ritenuto responsabile della morte della paziente. Chiede il risarcimento danni per lesione della reputazione e immagine, ma il giudice non accoglie la sua richiesta per intervenuta prescrizione, che fa decorrere dal rinvio a giudizio e non dalla sentenza di assoluzione.

Assolto dall'accusa di omicidio colposo perché il fatto non sussiste il medico fa causa ai consulenti tecnici del PM che l'avevano ritenuto responsabile della morte della paziente. Chiede il risarcimento danni per lesione della reputazione e immagine, ma il giudice non accoglie la sua richiesta per intervenuta prescrizione, che fa decorrere dal rinvio a giudizio e non dalla sentenza di assoluzione.

Trib. Vallo Lucania, 1 agosto 2014, n. 326

I fatti. In seguito al decesso di Vittoria B. viene citato in giudizio il medico ginecologo Gennaro B. in ordine al reato di omicidio colposo per errata valutazione del quadro clinico e conseguente decisione di adottare una terapia d'attesa che ha provocato la morte della paziente.

Disposta dal PM la perizia, i medici Mariano I., Antonio P. e Augusto D. concludono per la responsabilità del convenuto. Quest'ultimo assolto in sede penale “perché il fatto non sussiste”, chiede il risarcimento danni; tra questi quelli da lesione della reputazione. I convenuti eccepiscono oltre alla incompetenza per territorio del tribunale adito anche l'intervenuta prescrizione del diritto fatto valere dall'attore e respingono nel merito alla domanda del medico. Il giudice rigetta la domanda attorea.

Fondata l'eccezione di prescrizione. Mentre ritiene infondata l'eccezione d'incompetenza territoriale del tribunale adito, il giudice respinge la domanda attorea per intervenuta prescrizione in quanto spirato il termine quinquennale previsto per far valere il diritto al risarcimento, infatti il dottor. Gennaro B. ha percepito, per sua stessa ammissione, il pregiudizio dapprima con la richiesta di rinvio a giudizio e con il suo accoglimento da parte del GUP. È da tale momento che l'attore ha consapevolezza del fatto lesivo e sempre da quel momento, pertanto, decorre la prescrizione del diritto al risarcimento da sofferenza morale soggettiva conseguita alla lesione della reputazione e non dall'emissione della sentenza di assoluzione di primo grado (cfr. Cass. 7 ottobre 2011 n. 20609). Il giudice inoltre specifica che contrariamente a quanto sostenuto dall'attore, i fatti che si verificano successivamente sono irrilevanti ai fini della prescrizione in quanto vanno inquadrato nei cd. effetti permanenti dell'illecito (istantaneo). Infatti bisogna fare una distinzione: mentre nel caso di illecito permanente, poiché la verificazione dell'evento si protrae in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta (e quindi il diritto al risarcimento sorge in modo continuo via via che il danno si produce, ed in modo continuo si prescrive se non esercitato entro 5 anni dal momento in cui si verifica), nel caso di illecito istantaneo, caratterizzato da un'azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione come in questo caso specifico incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno (Cass. S.U. 14 novembre 2011, n. 23763).

Assoluzione con formula dubitativa.Il giudice entra nello specifico della responsabilità dei CTU. È vero certo che l'imputato è stato ritenuto non colpevole e che la sentenza di assoluzione è passata in giudicato, ma il Tribunale lo ha assolto con formula dubitativa, in quanto non vi erano la certezza processuale (richiesta per una corretta valutazione del nesso di causalità e il configurarsi degli estremi ella responsabilità penale) che provasse un collegamento tra la condotta dell'imputato (che non ha voluto operare subito la paziente) e il decesso (avvenuto per attacco a livello polmonare e all'insorgere delle complicanze respiratorie). Infatti la tesi sostenuta dai convenuti CTU, non era stata ritenuta del tutto priva di fondamento, in quanto se la sig.ra Vittoria B. fosse stata operata con tempestività non si può escludere che avrebbe avuto molto più probabilità di sopravvivenza nonostante l'alto rischio dell'intervento.

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