Le Supreme Corti hanno validato le tabelle milanesi e ora ispirano l'osservatorio di Milano nelle proposte di nuove tabelle
27 Giugno 2016
La costruzione della curva della tabella del danno da lesione del bene salute
Nell'anno 1995, dopo numerosi incontri tra giudici, avvocati e medici legali, nacque la prima tabella milanese, con la finalità di rendere omogenei, nell'ambito degli Uffici giudiziari di Milano, i criteri di liquidazione del danno biologico e del danno morale conseguenti alla lesione del bene salute. Ponemmo subito le solide fondamenta sulle modalità di costruzione della curva dei risarcimenti:
Questa modalità di costruzione della curva, a partire dalla l. n. 57/2001, fu approvata dal legislatore nei criteri di liquidazione del danno biologico da incidente stradale ed è ora recepita negli artt. 138 e 139 Cod. Ass.e, con l'art. 3, d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito in l. 8 novembre 2012, n. 189, c.d. legge Balduzzi), è stata estesa fino a ricomprendere la liquidazione del danno biologico conseguente all'attività dell'esercente la professione sanitaria. I fari che illuminano le tabelle milanesi
La fortuna delle tabelle milanesi sul “danno non patrimoniale da lesione del bene salute” e “da perdita e grave lesione del rapporto parentale” trova le sue ragioni nella circostanza che queste tabelle sono state sempre pronte a recepire i nuovi arresti della Corte Costituzionale e di quelli maggiormente condivisi della Corte di Cassazione.
Ebbene, questi dicta sono stati i fari che hanno illuminato i perigliosi, tormentati ed intelligenti sentieri delle tabelle milanesi.
a) La sentenza della Corte Cost. n. 184/1986affermò il principio secondo cui il criterio di liquidazione del danno biologico deve «risultare rispondente da un lato ad un'uniformità pecuniaria di base (lo stesso tipo di lesione non può essere valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto …) e dall'altro ad elasticità e flessibilità, per adeguare la liquidazione del caso di specie all'effettiva incidenza dell'accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana, attraverso le quali, in concreto, si manifesta l'efficienza psico - fisica del soggetto danneggiato». Direi che questo principio costituisca la pietra miliare da cui ha preso le mosse il sistema tabellare milanese già nella prima Edizione 1995: si supera il criterio dell'equità pura per indicare valori monetari “standard” per la generalità di soggetti aventi una determinata menomazione psicofisica ed età; si individuano criteri per addivenire alla personalizzazione del danno (all'epoca con la “aggiunta” del c.d. danno morale soggettivo, ora con la percentuale di personalizzazione del danno non patrimoniale, unitariamente inteso negli aspetti anatomo-funzionali, di sofferenza fisica e psichica e relazionali-esistenziali).
b) La sentenza della Corte Cost. n. 356/1991 evidenziò la necessità che il giudice liquidasse il danno biologico tenendo presente le conseguenze della menomazione su tutte le sfere e «ambiti in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè su tutte le attività realizzatrici della persona umana». E' per questo che nei Criteri orientativi della Tabella milanese è sempre stata valutata la necessità, per le parti e per il giudice, di indagare sui riverberi della lesione salute su tutte le possibili compromissioni delle sfere di vita della vittima primaria e secondaria.
c) La sentenza della Corte Cost. n. 372/1994, c.d. sentenza Mengoni, che già ripudiava il danno tanatologico ed il danno biologico in re ipsa, affermò che «è sempre necessaria la prova ulteriore dell'entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall'art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale), alla quale il risarcimento deve essere (equitativamente) commisurato». La Tabella milanese ha sempre evidenziato che sull'avvocato grava l'onere di allegare e provare (spesso anche mediante presunzioni) le circostanze di fatto sulle quali si fonda la domanda di risarcimento del danno (biologico prima e non patrimoniale dopo).
d) La sentenza della Corte Cost. n.233/2003, recepì gli arresti delle sentenze della Cass. n. 8827 e n. 8828 del 31 maggio 2003 (c.d. “sentenze gemelle”),ritenendo «ormai superata la tradizionale affermazione secondo la quale il danno non patrimoniale riguardato dall'art. 2059 c.c. si identificherebbe con il c.d. danno morale soggettivo.(…) nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale – un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., tesa a ricomprendere nell'astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto inteso come lesione dell'interesse costituzionalmente garantito all'integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina e in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona».
La Tabella milanese fu appositamente modificata nel 2004 per recepire i dicta della citata sentenza della Corte Costituzionale e delle c.d. “sentenze gemelle” della Cassazione e per ricomporre, quindi, nella categoria del “danno non patrimoniale” le voci di danno biologico, morale e perdita e grave lesione del rapporto parentale. Fu tuttavia (aggiungerei “coraggiosamente”) confermato il “ripudio” del danno c.d. esistenziale (in quell'epoca molto in voga e propugnato tenacemente dalla dottrina triestina), inteso come mero danno non patrimoniale conseguenza di qualsivoglia fatto illecito. L'Osservatorio milanese ritenne correttamente che l'ammissione di quel risarcimento avrebbe comportato l'abrogazione, in via interpretativa, dell'art. 2059 c.c.; ribadì, quindi, la funzione tipizzante di questa norma, che ammette il risarcimento del danno non patrimoniale (inteso anche nei suoi aspetti “esistenziali”) «solo nei casi determinati dalla legge».
e) Le sentenze della Corte di Cassazione Sezioni Unite dell'11 novembre 2008 n. 26972 (3-4-5) del 2008, c.d. “sentenze di San Martino”, hanno stigmatizzato (tra l'altro) che:
Conseguentemente, nell'anno 2009, si impose all'Osservatorio milanese un'ulteriore modifica delle proprie Tabelle, ricomprendendo in un unico criterio di liquidazione del danno non patrimoniale le precedenti voci di danno biologico, morale-sofferenziale, relazionale-esistenziale. L'Osservatorio di Milano, infatti, sulla vexata quaestio del c.d. “danno morale soggettivo”, ha interpretato le sentenze di San Martino nel senso che quando c'è lesione biologica, i pregiudizi conseguenti alla menomazione psicofisica - «il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare» e quello ravvisato nella pena e nel dolore conseguenti e cioè «nella sofferenza morale determinata dal non poter fare» - sono, in definitiva, due facce della stessa medaglia, essendo la sofferenza morale «componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale». E le opzioni sui nuovi valori monetari così vengono motivate nei “Criteri orientativi – Edizione 2009: «Per individuare i valori monetari di tale liquidazione congiunta, si è poi fatto riferimento all'andamento dei precedenti degli Uffici giudiziari di Milano, e si è quindi pensato:
Quindi, ancora una volta, si richiede sempre all'avvocato - ai fini di un'adeguata personalizzazione del danno e per conseguire una liquidazione oltre i valori monetari medi correlati ai pregiudizi in termini “standardizzabili”, cioè quelli regolarmente conseguenti alla lesione biologica - di allegare e provare fatti specifici, da cui desumere la prova (anche presuntiva) delle menzionate componenti di danno e delle condizioni personali soggettive (si ricordi l'esempio della «lesione al dito del pianista dilettante») affinché il giudice possa così accertare e liquidare, con un unico valore monetario, l'integrale risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla vittima. E' sempre prevista, ovviamente, «la possibilità che il giudice moduli la liquidazione oltre i valori minimi e massimi, in relazione a fattispecie eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti» (ad esempio allorché il fatto illecito integri gli elementi oggettivi e soggettivi del reato doloso). Le Tabelle milanesi dell'anno 2009 sono state successivamente aggiornate nei valori monetari con gli indici ISTAT costo vita e sono, dunque, tuttora “vigenti”.
f) La sentenza della Corte Cost. n. 235/2014, ai fini del vaglio di costituzionalità dell'art. 139 Cod. Ass., prende le mosse dalle citate sentenze di San Martino, le quali«hanno ben chiarito (nel quadro, per altro, proprio della definizione del danno biologico recata dal comma 2 del medesimo art. 139 Cod. Ass.) come il cosiddetto “danno morale” − e cioè la sofferenza personale suscettibile di costituire ulteriore posta risarcibile (comunque unitariamente) del danno non patrimoniale, nell'ipotesi in cui l'illecito configuri reato − «rientra nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente». La norma denunciata non è, quindi, chiusa, come paventano i rimettenti, alla risarcibilità anche del danno morale: ricorrendo in concreto i presupposti del quale, il giudice può avvalersi della possibilità di incremento dell'ammontare del danno biologico, secondo la previsione, e nei limiti, di cui alla disposizione del citato comma 3». Inoltre «la Corte di cassazione, con la già ricordata sentenza n. 26972 del 2008, ha puntualizzato come il bilanciamento tra i diritti inviolabili della persona ed il dovere di solidarietà (di cui, rispettivamente, al primo e secondo comma dell'art. 2 Cost.) comporti che non sia risarcibile il danno per lesione di quei diritti che non superi il «livello di tollerabilità» che «ogni persona inserita nel complesso contesto sociale […] deve accettare in virtù del dovere di tolleranza che la convivenza impone». Pertanto, «Il controllo di costituzionalità del meccanismo tabellare di risarcimento del danno biologico introdotto dal censurato art. 139 Cod. Ass. – per il profilo del prospettato vulnus al diritto all'integralità del risarcimento del danno alla persona – va, quindi, condotto non già assumendo quel diritto come valore assoluto e intangibile, bensì verificando la ragionevolezza del suo bilanciamento con altri valori, che sia eventualmente alla base della disciplina censurata. Orbene, in un sistema, come quello vigente, di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli obbligatoriamente assicurata – in cui le compagnie assicuratrici, concorrendo ex lege al Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini solidaristici, e nel quale l'interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi – la disciplina in esame, che si propone il contemperamento di tali contrapposti interessi, supera certamente il vaglio di ragionevolezza».
E' questa la ragione per cui la Tabella milanese - anche al fine di evitare una inammissibile commistione di ambiti e criteri risarcitori - prevede i valori monetari del danno non patrimoniale cagionato da lesioni micropermamenti del bene salute (dall'1% al 9% di invalidità), da applicarsi laddove non vi sia cogente applicazione della corrispondente tabella normativa (e ciò anche in conformità ai principi di diritto già espressi in proposito dalla Cass. sent. n. 12408/2011, c.d. “sentenza Amatucci”).
g) La recente sentenza della Corte di Cassazione Sezioni Unite n. 15350/2015 ha ribadito (tra l'altro) l'irragionevolezza della liquidazione del danno tanatologico, ripudiando in via definitiva il danno in re ipsa e la funzione punitiva della responsabilità civile. Le Sezioni Unite hanno invece confermato:
L'Osservatorio di Milano, dopo la pubblicazione della sentenza Cass. n. 1361/2014 (c.d. “sentenza Scarano”), ha deciso all'unanimità di non provvedere all'allestimento di una (controvertibile e divisiva) tabella di liquidazione del danno tanatologico, ma di attendere più ponderate e scientificamente valide riflessioni delle Sezioni Unite (poi brillantemente illustrate nella sintetica, ma efficace, sentenza Cass. n. 15350/2015). Inoltre, come già accennato, nei Criteri orientativi di tutte le tabelle milanesi si è sempre ripudiato il danno punitivo ed il danno esistenziale, allorché quest'ultimo non sia riconducile ad una delle tipizzate ipotesi di cui all'art. 2059 c.c..
h) La sentenza della Corte di Cassazione n. 12408/2011, c.d. “sentenza Amatucci”, ha preso atto dell'elaborazione svolta dall'Osservatorio di Milano:
La Cassazione così conclude: «Nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari. Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale - e al quale la S.C., in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. -, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono. L'applicazione di diverse tabelle, ancorché comportante liquidazione di entità inferiore a quella che sarebbe risultata sulla base dell'applicazione delle tabelle di Milano, può essere fatta valere, in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, solo in quanto la questione sia stata già posta nel giudizio di merito».
Credo che sia l'unico caso in Europa in cui il lavoro tabellare eseguito da un gruppo di giuristi e medici legali, poi richiamato in successive sentenze, acquisti per via giurisprudenziale un'efficacia paranormativa. Questo arresto giurisprudenziale comporta, tuttavia, una rilevante responsabilità per il “Gruppo danno alla persona” dell'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano, che si spinge alla ricerca di sempre più ampie condivisioni sulla selezione delle prassi processuali virtuose e dei criteri di liquidazione di altre voci di danno non patrimoniale. Le nuove sfide
Dunque per oltre un ventennio l'Osservatorio di Milano ha esercitato un ruolo di supplenza, nella carenza di un intervento legislativo (non settoriale ma) inserito nel codice civile (artt. 2059 bis e ss.), avente ad oggetto i criteri di liquidazione ed i valori monetari per il risarcimento del danno alla salute ed, in generale, del danno non patrimoniale. In questo quadro si colloca la sfida lanciata dal “Gruppo danno alla persona” dell'Osservatorio milanese nello scorso luglio 2015. Pur avendo ravvisato lacune e criticità nelle tabelle milanesi (Edizione 2014), tuttavia, consapevoli delle responsabilità derivanti dalla “sentenza Amatucci”, abbiamo ritenuto non percorribile la strada della modifica delle tabelle “vigenti”. Questa ipotesi di lavoro, infatti, ci avrebbe esposto al seguente rischio: cosa sarebbe successo se le nostre opzioni di modifiche tabellari non fossero state poi condivise dalla maggioranza degli Uffici giudiziari d'Italia? Un disastro incalcolabile: il caos totale sul criterio di liquidazione del danno non patrimoniale, il pilastro fondamentale della responsabilità civile! Consapevoli di questo rischio abbiamo dunque deciso di riempire le predette lacune e risolvere le criticità mediante aggiustamenti integrativi e non sostitutivi delle tabelle milanesi. Il “Gruppo danno alla persona di Milano”, nel settembre 2015, ha deciso, all'unanimità, di procedere all'esame delle questioni più rilevanti, che sono state così assegnate all'analisi critica e propositiva di 8 sottogruppi, per ognuno dei quali è stato designato un Coordinatore. Ai Gruppi hanno partecipato, complessivamente oltre 100 persone: magistrati, avvocati, giudici onorari, medici legali, professori universitari e tirocinanti presso gli uffici giudiziari. Tutti i Gruppi hanno tenuto, dal mese di ottobre 2015 al maggio 2016, complessivamente oltre quaranta riunioni. Io ho partecipato a tutte le riunioni con il compito di garantire la compatibilità delle opzioni esaminate con le Tabelle milanesi attualmente in vigore e di assicurare l'armonia e la coerenza logica tra le proposte che, via via, venivano accolte in ciascun Gruppo. Ciascun Coordinatore oggi illustrerà le proposte maggiormente condivise nel rispettivo gruppo di lavoro. Il cronoprogramma
Il “Gruppo danno alla persona” dell'Osservatorio di Milano non intende però procedere alla approvazione “unilaterale” dei risultati raggiunti dagli otto gruppi di lavoro. Non vogliamo ripetere la strada tortuosa del passato: ogni ufficio giudiziario promuove proprie tabelle e poi “vince” quella che abbia avuto maggiore seguito ed appeal in Italia. Questa formula contrasta con un buon “servizio giustizia”:
L'Osservatorio di Milano propone quindi un diverso percorso, scandito dal seguente cronoprogramma:
Conclusioni
Oggi saranno dunque illustrate delle mere proposte. Il “Gruppo danno alla persona” dell'Osservatorio di Milano si dichiara pronto a “cestinare” quelle proposte che, alla fine del descritto percorso, non saranno condivise dalla maggioranza degli Osservatori d'Italia. Vorrei concludere evidenziando che noi tutti, componenti del “Gruppo danno alla persona” di Milano, abbiamo fatto un avvincente e faticoso “lavoro di squadra”, con dedizione, rigore scientifico e intelligenza, ma anche con la consapevolezza di maneggiare uno strumento giuridico delicato, che richiede massima cautela, prudenza e ponderazione:
Ecco dunque le ragioni per cui, oggi, per l'Osservatorio di Milano, è davvero un giorno di festa! |