Condannata a 30.000 euro di risarcimento la madre che scredita il padre davanti al figlio

Redazione Scientifica
27 Ottobre 2016

Il Tribunale di Roma ha condannato d'ufficio ex art. 709-ter c.p.c. una donna al pagamento di € 30.000 a titolo di risarcimento danni, per aver ostacolato il funzionamento dell'affidamento condiviso, assumendo davanti al figlio minore, atteggiamenti sminuenti e denigratori della figura paterna.

Il Tribunale di Roma, chiamato a pronunciarsi sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio tra due coniugi, ha confermato, in particolare, il regime di affidamento condiviso del figlio minore della coppia.

Il Collegio, pur avendo riconosciuto l'idoneità genitoriale di entrambi i coniugi, ha però accertato che il minore rifiutava da tempo di vedere il padre, ritenendo responsabile la madre per non aver assunto un comportamento propositivovolto al riavvicinamento tra i due e per aver screditato la figura paterna agli occhi del minore.

Secondo il Tribunale, la tutela della bigenitorialità, cui è improntato lo stesso affido condiviso «postula il necessario superamento delle mutilazioni affettive del minore da parte del genitore per costui maggiormente referenziale nei confronti dell'altro», genitore su cui grava l' onere di «attivarsi al fine di consentire il giusto recupero del ruolo paterno da parte del figlio», spingendolo verso il padre e recuperandone la positività della figura e del ruolo.

Il Tribunale, pertanto, stabilita l'applicabilità d'ufficio del meccanismo sanzionatorio previsto dall'art. 709-ter c.p.c., ha ammonito la ricorrente - invitandola ad adottare una condotta rispettosa del ruolo genitoriale dell'ex coniuge e ad astenersi da ogni condotta negativa e denigratoria del medesimo - e l'ha condannata al pagamento della somma, liquidata in via equitativa, di € 30.000 a titolo di risarcimento del danno, così da dissuaderla dal proseguire nelle sue condotte, avvertendola altresì che la persistenza dei suoi comportamenti potrebbe, in futuro, portare a una totale revisione delle condizioni dell'affido.

Nella liquidazione della somma il Tribunale ha tenuto conto sia della gravità dei fatti addotti sia delle capacità economiche della donna, ritenendo che una somma inferiore rispetto a quella oggetto della condanna probabilmente non avrebbe avuto l'effetto deterrente che il Giudice romano ha voluto imprimere alla sanzione comminata.

(Fonte: www.ilfamiliarista.it)

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