Prova indiziaria? Cognizione sommaria per la concessione della provvisoria esecuzione? Le prime “crepe” della Riforma della responsabilità dei magistrati: rimessi gli atti alla Corte Costituzionale
28 Maggio 2015
Prima Treviso, poi Verona. Il Tribunale di Treviso, sezione penale, in data 8 maggio2015, e il Tribunale di Verona, sezione civile, in data 12 maggio 2015, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della nuova disciplina della responsabilità civile dei magistrati ex legge Buemi (L. n. 18/2015), di modifica della previgente disciplina ai sensi della L. n. 117/1988, cd. Legge Vassalli. (v. in Ri.Da.Re: Cambia la responsabilità civile dei magistrato e C. Castelli, Responsabilità civile dei giudici: una legge con molte ombre).
Profili di incostituzionalità della nuova ipotesi di responsabilità «travisamento del fatto o della prova». «La nuova disciplina della responsabilità civile va ad incidere, in generale, sulla libertà del giudice di valutare i fatti e le prove secondo la legge, e quindi, anche sulla valutazione che il Giudice è chiamato ad operare nel (…) processo». Queste le parole del Giudice di Treviso, che occupandosi della prova indiziaria o indiretta, è giunto alla conclusione che «nei procedimenti nei quali i “risultati probatori” sono meramente indiziari – e quindi più difficile e rischioso è il giudizio probatorio – si manifestano i riflessi negativi - e costituzionalmente illegittimi – della nuova disciplina della responsabilità civile dei magistrati introdotta con la legge 27 febbraio 2015, n. 18». In sostanza, la nuova disciplina potrebbe incidere negativamente sul principio del libero convincimento del giudice, che per essere indipendente deve anche essere libero di valutare le prove, in base alla discrezionalità che il Legislatore gli riconosce e attribuisce, senza aver il timore dell'esito del suo giudizio. La novella normativa sulla responsabilità delle toghe parrebbe quindi in contrasto con gli artt. 3, 101e 104 Cost., dal momento che essa incide sulla libertà del giudice di valutare i fatti e le prove secondo la legge.
L'estrema conseguenza. La nuova disciplina avrebbe una conseguenza estrema: il Giudice potrebbe essere indotto ad appiattirsi sul precedente giudiziario, onde evitare interpretazioni “rischiose”, «in questo modo» – spiega il Giudice trevigiano - «verrebbe meno la linfa vitale dei sistemi di democrazia avanzata (…) rappresentata dalla capacità della giurisprudenza di cogliere le nuove esigenze e di aderire ai nuovi valori che la vita, nella sua evoluzione, di continuo propone». A simili conclusioni è giunto il Tribunale di Verona, che si è trovato a dover valutare la sussistenza dei presupposti per concedere la provvisoria esecuzione del decreto opposto, ovvero a dover valutare, ai sensi dell'art. 648 c.p.c., se l'opposizione proposta dalla parte attrice fosse o meno fondata su prova scritta o di pronta soluzione. In particolare, si è trovato a dover stabilire se gli assunti contrapposti dalle parti trovino o meno conforto nella documentazione versata in causa dalle stesse. Il Giudice veronese ha dichiarato che la nuova disciplina «spingerebbe il giudice a scelte interpretative accomodanti e a decisioni meno rischiose in relazione agli interessi in causa, così influendo negativamente sulla sua imparzialità».
Senza il filtro di ammissibilità, è compromessa l'autonomia del giudice. Il Tribunale di Treviso ha ravvisato nell'eliminazione del controllo preliminare un altro profilo di incostituzionalità. Infatti, l'assenza di qualsivoglia maccanismo di filtro, che tra le varie funzioni aveva quella di evitare azioni temerarie e intimidatorie, mina valori quali quelli dell'indipendenza e dell'autonomia della funzione giurisdizionale sanciti dagli artt. 101 e 113 Cost.. Similmente, il Giudice veronese ha ravvisato l'incostituzionalità dell'eliminazione del filtro, che quindi oggi «offre ad una parte, priva di remore o anche solo particolarmente determinata, la duplice alternativa di condizionare la valutazione del giudice (…) o di provocare la sua astensione, e con essa la dilatazione dei tempi di definizione del giudizio a quo anche attraverso l'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del giudice stesso, che è rimesso, quanto all'an, al quando q al quomodo».
Concludendo. Questi e ulteriori profili di incostituzionalità della L. n. 18/2015 sono stati rilevati dai Giudici di merito di Treviso e Verona, spetterà ora al Giudice delle Leggi esprimersi. |