Irrilevanza della estensione e dell’uso generalizzato della rete stradale ai fini della esclusione della a responsabilità dell’ente
28 Luglio 2014
In tema di danni da cose in custodia, il danneggiato da caduta su platea stradale ascrivibile al demanio pubblico, è gravato dall'onere di aver adottato opportune misure preventive idonee a diminuire i rischi di incidenti? Cosa si intende per “comparative negligence”?
Il danneggiato è sempre gravato dell'onere di provare di aver avuto la giusta attenzione nell'uso della strada. L'adozione di opportune misure idonee a diminuire i rischi di infortuni grava tuttavia sia sui custodi della cosa che sui soggetti che si relazionano con la cosa. E questo in base al principio della cosiddetta “comparative negligence” secondo la quale i danni da caduta sono originati da incidenti a prevenzione bilaterale in cui sia i danneggiati che le vittime devono adottare misura preventive idonee a diminuire i rischi di incidenti. Premesso quanto sopra, l'estensione della rete stradale non esclude la responsabilità dell'ente per l'infortunio dovuto a cattiva manutenzione. Ed infatti “la responsabilità dell' ente proprietario della strada prescinde dalla maggiore o minore estensione della rete e deve invece esser accertata o esclusa in concreto in relazione alle caratteristiche della stessa, alle condizioni in cui solitamente si trova, alle segnalazioni di attenzione, e all'affidamento che su di esse fanno gli utenti, tra cui gli interventi di manutenzione, secondo criteri di normalità” (In tal senso recente Cass. civ., sez. III, 5 novembre 2013, n. 24793). E' pertanto onere dell'ente proprietario della strada provare di aver assolto, con efficace diligenza, gli oneri di organizzazione dell'attività di sorveglianza per garantire la sicurezza dell'uso della strada, comprese le opportune indicazioni di attenzione nel caso di dislivelli accentuati della pavimentazione, e dell'attività di manutenzione della stessa onde eliminare le anomalie più pericolose e prevedibili in ragione del materiale di rivestimento, potenziando di conseguenza, diligentemente anche l'illuminazione notturna e la pulizia della strada onde consentirne la visibilità. Si confermano dunque sul punto i più recenti orientamenti della Corte di Cassazione per la quale sussiste l'obbligo di custodia di cui all'art. 2051 c.c. e la conseguente responsabilità dell' Ente proprietario della strada per i danni provocati da cose in custodia anche in relazione ai beni demaniali, a prescindere dalla maggiore o minore estensione della rete che non può costituire esimente e/o esclusione d addebitabilità dell'evento. L'ente proprietario è dunque gravato dell'onere di provare di avere adoperato la diligenza necessaria permettere l'uso in sicurezza della strada da parte degli utenti, avendo adottato a tale scopo una organizzazione adeguata ad una corretta attività di sorveglianza atta a eliminare anomalie presumibili, prevedibili, e pericolose. Da rimarcare tuttavia che l'ente pubblico custode della strada ove si è verificato il fatto dannoso va viceversa assolto da responsabilità laddove provi di non avere potuto far nulla per evitare il danno. Più precisamente è stato affermato che “l'ente proprietario (o concessionario) non può far nulla quando la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza e nella manutenzione della strada ma in maniera improvvisa, atteso che solo siffatta evenienza (ai pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto) integra il caso fortuito” e che “ai fini del giudizio sulla qualificazione della prevedibilità o meno della repentina alterazione dello stato della cosa, occorre avere riguardo al tipo di pericolosità che ha provocato l'evento di danno, pericolosità che può atteggiarsi diversamente, ove si tratti di una strada, in relazione ai caratteri specifici di ciascun tratto e alle circostanze che ne connotano l'uso da parte degli utenti (Cass. civ., sez. III, 29 gennaio 2013, n. 2094 conformi. Cass. civ. 11 novembre 2011, n. 23562; Cass. civ. 3 aprile 2009, n. 8157; nei medesimi sensi Cass. civ. 29 marzo 2007, n. 7763; Cass. civ. 2 febbraio 2007, n. 2308; vedi anche Cass. civ., 25 luglio 2008, n. 20427).
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