La Cassazione sul danno morale soggettivo: come liquidarlo?

Redazione Scientifica
29 Febbraio 2016

Ai fini della quantificazione equitativa del danno morale, l'utilizzo del metodo del rapporto percentuale, rispetto alla quantificazione del danno biologico individuato nelle tabelle in uso in epoca anteriore alle sentenze di San Martino, non comporta che, accertato il primo, il secondo non abbia bisogno di alcuna verifica, perché se così fosse si duplicherebbe il risarcimento degli stessi pregiudizi.

Il caso. In seguito ad un incidente stradale, il giudice di primo grado, ritenendo sussistente l'esclusiva responsabilità del conducente del furgone, liquidava un risarcimento pari a 600.000 € in favore del motociclista, che nel sinistro era rimasto gravemente infortunato. Successivamente, la Corte d'appello riduceva il risarcimento, ritenendo sussistente un concorso di colpa tra i due veicoli coinvolti.

Il danno morale soggettivo. La vicenda giungeva in Cassazione: ricorreva in via principale l'assicurazione e in via incidentale il danneggiato. Il motociclista, in particolare, deduceva la violazione dell'art. 112 c.p.c., 2059 c.c. e 185 c.p., in riferimento alla parte della sentenza di seconde cure che aveva rigettato l'appello incidentale volto ad ottenere un incremento della quantificazione del danno non patrimoniale, nel dettaglio del danno morale soggettivo. Secondo il danneggiato la corte territoriale era incorsa in errore ritenendo che il danno morale fosse stato quantificato dal giudice di primo grado in rapporto al danno biologico secondo una certa proporzione aritmetica, quindi secondo un meccanismo escluso dalla giurisprudenza di legittimità menzionata (Cass., n. 26972/2008) e che in assenza di appello (da ritenersi quello principale) la corte d'appello non poteva che confermare l'importo liquidato, escludendo qualsiasi elevazione richiesta, mancandone i presupposti.

Come avrebbe dovuto procedere la Corte d'appello? La Cassazione nel decidere la questione ha chiarito che «la corte di merito ha sostanzialmente omesso di decidere in ordine all'appello incidentale promosso»; inoltre, «ha omesso ogni verifica sulla esistenza delle condizioni per valutare la congruità del danno “morale” liquidato e delle condizioni per riconoscerne o negarne l'aumento».

Il giudice territoriale ha errato nel ritenere che «dalla circostanza che nella sentenza impugnata era stato utilizzato un metodo di quantificazione equitativa del danno “morale” come frazione del danno biologico» derivasse «l'esistenza di un automatismo (vietato sulla base della giurisprudenza richiamata) tra l'accertamento del danno per lesione del bene salute, costituzionalmente tutelato, (danno biologico) e il riconoscimento automatico della lesione di interessi inerenti la persona non presidiati dal suddetto diritto costituzionale alla salute».

Specifica la Suprema Corte che la corte d'appello avrebbe dovuto verificare:

  • quali pregiudizi non patrimoniali fossero stati risarciti dal giudice di primo grado con la formula “danno morale”;
  • se era stata presa in considerazione solo la sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé;
  • infine, se era stata presa in considerazione la sofferenza morale patita dal danneggiato nel prendere atto delle proprie condizioni fisiche di grave inabilità (pregiudizi dei quali il motociclista lamentava la mancata presa in considerazione da parte del giudice di prime cure);

Sulla base di tali argomenti la Cassazione ha accolto il ricorso del danneggiato e ha rimesso la causa al giudice di merito che dovrà decidere l'appello incidentale proposto dal danneggiato in ordine alla quantificazione del “danno morale”, facendo applicazione del seguente principio di diritto nel valutare la decisione di prime cure: «Ai fini della quantificazione equitativa del danno morale, l'utilizzo del metodo del rapporto percentuale rispetto alla quantificazione del danno biologico individuato nelle tabelle in uso, prima della sentenza delle Sez. Un. n. 26972 del 2008, non comporta che, accertato il primo, il secondo non abbia bisogno di alcun accertamento, perché se così fosse si duplicherebbe il risarcimento degli stessi pregiudizi; invece, il metodo suddetto va utilizzato solo come parametro equitativo, fermo restando l'accertamento con metodo presuntivo, attenendo la sofferenza morale ad un bene immateriale, dell'esistenza del pregiudizio subito, attraverso l'individuazione delle ripercussioni negative sul valore uomo sulla base della necessaria allegazione del tipo di pregiudizio e dei fatti dai quali lo stesso emerge da parte di chi ne chiede il ristoro».

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