Danno differenziale del macroleso deceduto a causa delle lesioni da esposizione all’amianto: criteri di liquidazione

Redazione Scientifica
29 Novembre 2016

Al fine di risarcire agli eredi il danno non patrimoniale differenziale patito dal de cuius quale macroleso per esposizione all'amianto durante l'attività lavorativa in rapporto di dipendenza, deceduto dopo un apprezzabile lasso di tempo a causa delle medesime lesioni, è necessario procedere ad una liquidazione in via equitativa con dei necessari aggiustamenti rispetto alla mera applicazione delle tabelle milanesi, in considerazione della morte intervenuta in un apprezzabile lasso temporale.

IL CASO Gli eredi di un dipendente presso l'Arsenale della Marina Militare di Taranto, esposto al rischio amianto dal 1942 al 1982 nello svolgimento della sua attività lavorativa di elettricista specializzato a bordo delle navi militari e deceduto in soli 180 giorni dall'infausta diagnosi di mesotelioma pleurico, si rivolgono al Tribunale di Taranto, sez. lavoro, chiedendo il risarcimento del danno - iure proprio e iure hereditatis - da perdita della vita del loro congiunto.

RESPONSABILITÀ INEQUIVOCABILE DEL DATORE DI LAVORO .. All'esito di una approfondita istruttoria, riconosciuto dal consulente nominato dal giudice il nesso causale tra l'esposizione all'amianto e il tumore che ha causato la morte del lavoratore dipendente, è stata accertata e dichiarata la responsabilità del Ministero della Difesa per violazione degli obblighi di protezione del lavoratore e delle misure di sicurezza, ex art. 2087 c.c. e d.P.R. n. 547/1955. Posto che i rischi da esposizione all'amianto erano noti al datore di lavoro anche negli anni in cui il dante causa aveva prestato lavoro presso l'Arsenale della Marina Militare, emerge infatti come non fossero state osservate le più basilari norme di sicurezza, quali l'utilizzo di idonea mascherina respiratoria e/o adeguati sistemi di aspirazione e captazione delle sostanze volatili, resi disponibili solo dopo il 1995.

.. ANCHE NEL CASO DI CONCAUSA Il Tribunale chiarisce che, a fini risarcitori, non incide l'esclusività o meno della causa lavorativa nell'insorgenza della patologia; importa solo che vi si sia stato effettivamente un nesso eziologico, non che la causa lavorativa sia stata una delle concause oppure l'unica eziologicamente rilevante. Ricordando poi quanto espresso da Cass. civ., sez. III, 12 giugno 2012 n. 9528, il Tribunale sottolinea come la responsabilità ex art. 2087 c.c. permaga anche nel caso in cui il nesso eziologico sia configurabile a livello di “concausa” (nel senso di aggravamento); salvo che sia dimostrato che il danno si sarebbe comunque manifestato nella medesima misura, l'agente deve rispondere per l'intero danno.

PROFILO RISARCITORIO: DANNO PER LA PERDITA DELLA VITA? In ragione dell'orientamento restrittivo espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 15350/2015, il Giudice del Lavoro di Taranto disattende la richiesta, iure successionis dei ricorrenti di risarcimento del danno tanatologico per la perdita della vita del de cuius, escludendo la risarcibilità, in capo alla vittima primaria, di un danno trasmissibile agli eredi di perdita del bene vita. Citando infatti le Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 2015 n. 15350), il Giudice del Lavoro chiarisce che «In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicchè, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità “iure hereditatis” di tale pregiudizio, in ragione -nel primo caso- dell'assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero -nel secondo- della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo».

INVALIDO PERMANENTE DECEDUTO A CAUSA DELLE LESIONI Il Tribunale di Taranto afferma che, in vista della particolare complessità del caso, non sia appropriato fermarsi ad una mera applicazione dei criteri di liquidazione del danno biologico determinati dalla Tabella Milanese in tema di invalidità permanente, ma sottolinea la necessità di effettuare invece una valutazione equitativa, in considerazione del fatto che il de cuius, “pur affetto da una patologia gravissima, è comunque deceduto in breve tempo, sicchè non ha dovuto patire le conseguenze dannose della patologia nel corso degli ulteriori anni di vita”.

Considerando dunque che la sopravvenienza in vita dalla data della diagnosi a quella del decesso è durata circa sei mesi e che pertanto, la sopportazione della lesione a livello psicofisico ha avuto durata ridotta rispetto alla vita media, il Tribunale applica alla quantificazione del danno una decurtazione del 50% rispetto all'importo “teorico”, ossia quello che sarebbe stato riconosciuto ad un soggetto in vita con invalidità permanente accertata pari al 100%.

DANNO BIOLOGICO DIFFERENZIALE L'importo del risarcimento stabilito in base alla valutazione equitativa, pari a €474.442,50, viene infine decurtato del valore dell'indennizzo del danno biologico ex d.lg. n. 38/2000, quantificato in via presuntiva in misura di €50.000,00, calcolato sulla base di un'invalidità pari al 100%.

Il Tribunale condanna, dunque, il Ministero della Difesa a liquidare a favore degli eredi – nei limiti delle rispettive quote – l'importo di euro 424.422,50 quale risarcimento dei danni non patrimoniali cagionati al de cuius

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