L’accertamento del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica
30 Aprile 2014
Il riconoscimento dell'invalidità permanente comporta altresì il riconoscimento del danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa specifica?
La giurisprudenza di legittimità è ferma nell'affermare che “il grado di invalidità di una persona, determinato dai postumi permanenti di una lesione all'integrità psico-fisica dalla medesima subita, non si riflette automaticamente ne' tanto meno nella stessa misura sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e quindi di guadagno della stessa” (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. III, sent. 1 novembre 2013 n. 25634). L'elevata percentuale di invalidità permanente, al più, può costituire un elemento indiziario della riduzione della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno, valorizzabile in via presuntiva al fine di ritenere ragionevolmente probabile che, in futuro, la vittima del fatto illecito percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe conseguito in assenza dell'infortunio. “Trattasi, però, pur sempre di una prova presuntiva e non di automatismo” (come avverte Cass. civ. sent. n. 3961/1999), di tal ché, se, nonostante la riduzione della capacità lavorativa specifica, non risulta in alcun modo ridotta la capacità di guadagno (per essere, per esempio, inalterati o addirittura aumentati i redditi percepiti dall'attore nel periodo successivo al verificarsi del sinistro), il danno patrimoniale de quo non è in alcun modo configurabile. Nel caso esaminato con la sentenza n. 25634/2013, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica, sul rilievo degli incrementi reddituali goduti dal ricorrente negli anni successivi al sinistro e della conseguente ritenuta inidoneità dell'invalidità permanente in concreto riscontrata (pari al 20%) ad incidere sulla capacità di guadagno.
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